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World Humanitarian Summit: almeno 3 milioni e mezzo di bambini esclusi dall’istruzione perché rifugiati

Diffuso alla vigilia del primo World Humanitarian Summit della storia il rapporto “Un Nuovo Accordo per ogni bambino costretto alla fuga” che chiede maggiori tutele per i bambini profughi, particolarmente esposti al rischio di abusi, sfruttamento, lavoro minorile o matrimonio precoce.

Sono almeno 3,5 milioni oggi i bambini rifugiati nel mondo tagliati completamente fuori dalla scuola, resi per questo ancora più vulnerabili alle discriminazioni e agli abusi, allo sfruttamento da parte dei trafficanti o costretti a matrimoni precoci e lavoro minorile. 

I bambini rifugiati, in particolare, hanno una possibilità di frequentare la scuola 5 volte inferiore rispetto a tutti gli altri bambini: la metà di quelli in età da scuola primaria e 3 su 4 di quelli in età da scuola secondaria, sono tagliati completamente fuori dal sistema educativo e dalle forme di protezione implicite che ne derivano. L’istruzione rischia di essere completamente assente dalla vita di milioni di bambini rifugiati. Se passano più di 6 mesi dal momento in cui è sfollato, infatti, un rifugiato è condannato con ogni probabilità a rimanere in questa condizione per almeno 3 anni, ma la media a livello globale ha ormai raggiunto i 17 anni. In tal modo, i bambini vengono di fatto privati di buona parte o dell’intero percorso di istruzione, con gravi conseguenze per il loro futuro e quello delle loro famiglie e comunità.

Questi i dati che emergono dal rapporto “Un nuovo Accordo per ogni bambino costretto alla fuga”, diffuso da Save the Children, l’organizzazione internazionale dedicata dal 1919 a salvare i bambini in pericolo e tutelarne i diritti, alla vigilia del primo World Humanitarian Summit, che si terrà ad Istanbul il 23 e 24 maggio.

“È scandaloso che ai bambini venga negato un futuro dignitoso perché sono esclusi dalla scuola. Senza istruzione questi bambini non avranno un futuro, saranno spinti a rischiare la vita in viaggi pericolosi verso luoghi più sicuri, saranno più esposti ai matrimoni o al lavoro precoce, alla tratta e allo sfruttamento,” ha dichiarato Helle Thorning-Schmidt, CEO di Save the Children International. “Per questo chiediamo al primo World Humanitarian Summit della storia che nessun bambino rifugiato al mondo resti senza scuola per più di 30 giorni.”

Un appello richiamato dalle parole di E., 14 anni, del Burundi “Cari Leader, vi vogliamo chiedere la possibilità di avere abbastanza ospedali, abbastanza scuole decenti, un posto dove vivere. Mi trovo al campo rifugiati di Mahama (Rwanda) e vi chiedo di aiutarmi a ritrovare i miei genitori, la mia famiglia, i miei amici. Mi mancano mia madre e mio padre, i miei parenti, la scuola e i compagni di classe, e la mia insegnate di inglese che mi piaceva tantissimo.”

La scuola è al centro dei pensieri anche per Z., che ha 5 anni, è originario dell’Afghanistan e ora vive in Germania: “Ho appena fatto un giorno di prova a scuola, è stato bellissimo. Chiedo ogni giorno a Dio di tornare finalmente a scuola. Il mio desiderio più grande per il 2016 è che la nostra richiesta d’asilo venga accolta, così potrò andare a scuola.”

Queste sono alcune delle richieste di tanti bambini rifugiati in tutto il mondo, che sono state raccolte da Save the Children e inviate ai rappresentanti dei Paesi che parteciperanno al Summit di Istanbul.

 “L’istruzione è una possibilità di successo per il futuro e può dare speranza anche, e soprattutto, ai bambini rifugiati, restituendo loro quel senso di normalità e stabilità che hanno smarrito attraversando esperienze terribili e traumatiche. È anche l’unica possibilità di ricostruzione e sviluppo per i loro Paesi d’origine, se e quando avranno la possibilità di farvi ritorno in futuro,” continua Thorning-Schmidt.    

Le barriere che escludono i bambini rifugiati dalla scuola sono i problemi economici e di lingua, la necessità di lavorare per aiutare le proprie famiglie in difficoltà, la lentezza e la complessità delle procedure burocratiche, l’assenza di strutture scolastiche e, infine, il fatto che l’86% dei rifugiati a livello globale sono ospitati in Paesi in via di sviluppo[1], che faticano a far fronte alle loro necessità di breve o lungo termine.

L’inaugurazione del World Humanitarian Summit è una grande opportunità per cambiare il volto alla condizione dei rifugiati e occuparsi di alcuni dei bambini più deprivati e vulnerabili.     

“L’accesso all’istruzione nei contesti di emergenza o di crisi prolungata è cronicamente sotto-finanziata dalla comunità internazionale: il totale dei fondi stanziati ammonta oggi a 4,8 miliardi di dollari. Senza un impegno comune per abbattere le barriere che impediscono a milioni di bambini rifugiati di avere un’istruzione di base di qualità, sarà impossibile raggiungere gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibili 2030 (SDG), che promettono di ‘non lasciare indietro nessuno’,” aggiunge Thorning-Schmidt.       

 “Al Summit e in seguito, chiediamo ai grandi donatori e agli Stati membri delle Nazioni Unite di fornire un maggiore supporto economico, legale e politico ai governi dei Paesi ospitanti per far sì che ai bambini rifugiati siano garantiti istruzione e apprendimento. Questo significa assicurare a ogni bambino rifugiato escluso dalla scuola l’opportunità di ricevere un’istruzione di base di qualità e migliorare il sostegno all’infanzia e l’accesso all’istruzione per i rifugiati. D’altro canto, anche i Paesi ospitanti devono impegnarsi a favorire l’accesso all’istruzione e all’apprendimento dei bambini rifugiati, rendendo disponibili le strutture necessarie e rimuovendo le limitazioni legali ed economiche poste nei loro confronti.”         

Nell’ambito del Summit di Istanbul, i Governi avranno un’occasione concreta per colmare il gap nei finanziamenti e potenziare la pianificazione e il coordinamento degli interventi di educazione in contesti di emergenza, attraverso il nuovo Fondo per l’educazione nelle emergenze ‘Education Cannot Wait’. Chiediamo con forza al Governo Italiano di impegnarsi a sostenere il nuovo Fondo al Summit,” ha dichiarato Valerio Neri, Direttore Generale di Save the Children Italia.     

Oltre al necessario impegno per l’istruzione, l’Organizzazione chiede che venga promossa la protezione dei bambini nei loro Paesi di origine e, quando sono costretti alla fuga, in quelli di transito o di destinazione. Inoltre, Save the Children incoraggia l’attuazione delle norme e degli standard internazionali stabiliti dalla Convenzione ONU per i Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza e le Risoluzioni del Consiglio di Sicurezza ONU relative a bambini e conflitti armati.  

Il rapporto “Un Nuovo Accordo per ogni bambino costretto alla fuga” è disponibile alla pagina: http://www.savethechildren.it/informati/pubblicazioni

  

Per ulteriori informazioni:
Ufficio stampa Save the Children Italia
06-48070023/81/63/82
ufficiostampa@savethechildren.org
www.savethechildren.it

 

[1] I principali Paesi ospitanti sono Turchia (11%), Pakistan (10,5%), Libano (8%), Iran (6,8%), Etiopia (4,6%) e Giordania (4,5%).