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Giornata del rifugiato: a livello globale, tre persone su quattro sono preoccupate dalla discriminazione

In occasione della Giornata del Rifugiato, l’Organizzazione lancia un nuovo sondaggio che analizza il fenomeno della discriminazione nei confronti dei bambini rifugiati.

Un tema che preoccupa quasi tre quarti degli intervistati a livello globale quello dei rifugiati, e particolarmente sentito, rispetto ad altre problematiche, da italiani ed europei. Lo stesso numero di intervistati che si dice preoccupato dal problema della discriminazione che affligge i bambini rifugiati o sfollati, costretti ad abbandonare le proprie case a causa dei conflitti che colpiscono i loro Paesi. Il livello di preoccupazione riguardo alla discriminazione dei piccoli rifugiati in alcuni Paesi europei, come Svezia, Regno Unito, Danimarca e Germania, è al di sotto della media globale, mentre sono Spagna e Italia, tra i Paesi del vecchio continente, a essere maggiormente preoccupati da questo fenomeno (con un tasso rispettivamente dell’86% e del 78%).

Questi alcuni dei dati emersi dal sondaggio realizzato da Save the Children, l’Organizzazione dedicata dal 1919 a salvare la vita dei bambini in pericolo e a tutelare i loro diritti, sul tema della discriminazione infantile in 18 Paesi (1), tra cui l’Italia, coinvolgendo 18.000 persone: il sondaggio più ampio di questo genere mai realizzato da un’organizzazione non-profit.

Eppure, nonostante emerga chiaramente da parte degli intervistati una forte percezione del problema della discriminazione nei confronti dei bambini rifugiati, pochi di loro sarebbero disposti a compiere azioni concrete per combattere questo fenomeno:  quattro su 10, a livello globale,  sarebbero anche disposti ad accogliere un numero maggiore di bambini rifugiati nel proprio Paese. In Italia la percentuale degli intervistati favorevoli a questa misura si assesta al 33% (un altro terzo è neutrale), seconda solo alla Spagna tra i paesi europei esaminati (Spagna, Italia, Germania, Regno Unito e Danimarca). 

“Da un lato le aree di conflitto, i paesi sottoposti a dittature feroci o quelli attraversati da gravi crisi e instabilità che sfociano in violenze sui civili, e, dall’altro, le emergenze climatiche destinate a moltiplicarsi, stanno costringendo milioni di bambini con le loro famiglie, e a volte anche da soli, a fuggire dopo aver perso tutto, per salvarsi o cercare l’unica possibilità di futuro altrove,” ha dichiarato Valerio Neri, Direttore Generale di Save the Children Italia. “La comunità internazionale ha il dovere di accogliere e proteggere adeguatamente i bambini profughi. Una responsabilità verso la quale, purtroppo, l’Europa per prima non ha saputo dimostrare alcuna leadership positiva. I leader dell’Unione hanno pensato prima a proteggere le frontiere invece di proteggere le migliaia di bambini profughi giunti in Europa, esponendoli a rischi gravissimi per la loro salute e la loro sicurezza. A queste sofferenze, che si consumano in mare e poi lungo le frontiere interne in Europa e le rotte bloccate da muri e filo spinato, o nei campi di detenzione e in quelli comunque inadeguati ad un’accoglienza dignitosa, si aggiunge una scarsa o del tutto assente possibilità per questi bambini e adolescenti di accedere, per periodi anche lunghi, a una qualunque forma di educazione che è fondamentale per il loro futuro. Come Save the Children ha chiesto alla comunità internazionale al World Humanitarian Summit dello scorso maggio, e come chiederemo nuovamente a gran voce all’Assemblea Generale dell’ONU del prossimo settembre, nessun bambino rifugiato o sfollato al mondo deve restare senza scuola per più di 30 giorni.”

Invece, almeno 3,5 milioni di bambini rifugiati nel mondo non hanno accesso alla scuola, e sono per questo ancora più vulnerabili alle discriminazioni e agli abusi, allo sfruttamento da parte dei trafficanti o costretti a matrimoni precoci e lavoro minorile. Secondo il 77% degli intervistati nell’ambito del sondaggio di Save the Children, i bambini rifugiati e sfollati hanno diritto all’educazione come qualsiasi altro bambino, ma solo la metà di loro crede che la scuola debba essere una priorità per questi bambini. Emerge inoltre una scarsa consapevolezza delle difficoltà di accesso alla scuola e all’educazione che i bambini sfollati e rifugiati si trovano ad affrontare: globalmente, solo sei intervistati su 10 sono consapevoli del fatto che i bambini rifugiati in età da scuola secondaria hanno molte meno probabilità di frequentarla rispetto ai loro coetanei, dato che tende a scendere ulteriormente tra gli intervistati europei.

Sette intervistati su 10 ritengono che la responsabilità del fatto che i bambini siano costretti a fuggire dalle zone di conflitto e a crescere nei campi profughi ricada, pressoché in egual misura, sia sui governi che sulle famiglie e le comunità. Tra gli intervistati europei invece, la responsabilità viene percepita come maggiormente imputabile ai governi, con il dato italiano a conferma questa tendenza: per tre quarti dei nostri connazionali sono proprio i governi a essere responsabili di tale situazione, mentre sei su dieci individuano delle responsabilità anche per famiglie e comunità

Per sostenere gli interventi di Save the Children: www.savethechildren.it/bambiniinfuga

Per ulteriori informazioni:
Ufficio stampa Save the Children Italia
06-48070023/63/81/82
ufficiostampa@savethechildren.org
www.savethechildren.it

 

(1) Il sondaggio è stato realizzato dal 23 marzo al 14 aprile 2016 in Australia, Cina, Danimarca, Filippine, Germania, Giordania, India, Indonesia, Italia, Kenya, Messico, Nigeria, Norvegia, Regno Unito, Spagna, Stati Uniti, Sudafrica e Svezia.