Migranti: bambino di 5 mesi annegato prima di raggiungere Lampedusa. Queste tragedie non sono fatalità, ma richiamano l’urgenza di un’assunzione di responsabilità nazionale ed europea,che preveda l’attivazione di un sistema di ricerca e soccorso congiunto

È terribile apprendere la notizia della morte di un altro bambino di soli 5 mesi, l’ultima innocente vittima del Mediterraneo, annegato dopo essere caduto in acqua poco distante dal porto di Lampedusa. Questa ennesima tragedia non può essere considerata una fatalità, ma richiama ancora una volta l’urgenza di un’assunzione di responsabilità europea e nazionale, a partire dalla messa in campo di un sistema strutturato di ricerca e soccorso coordinato nel Mediterraneo.  L’UE e gli Stati Membri hanno l'obbligo di cooperare e coordinarsi per soccorrere le persone in difficoltà nel Mediterraneo, ai propri confini, agendo nel rispetto dei principi del diritto internazionale.

Lo afferma Save the Children, l’Organizzazione internazionale che da oltre 100 anni lotta per salvare i bambini e le bambine a rischio e garantire loro un futuro, che esprime il più sentito cordoglio alla mamma e la vicinanza alle persone sopravvissute e a tutti i soccorritori impegnati giorno e notte per salvare vite umane.

I team di Save the Children, presenti a Lampedusa con Unicef, stanno operando in queste giornate di grande difficoltà per l’incremento degli afflussi, a sostegno dei più vulnerabili, come i minori non accompagnati, le donne sole e le famiglie con i bambini. L’Organizzazione auspica che i trasferimenti avvengano al più presto, considerato che gli ultimi dati parziali riportano la presenza tra hotspot e molo Favaloro di un numero compreso tra le 6 e le 7mila persone.

“Nel 2023, secondo gli ultimi dati del Ministero dell’Interno, sono arrivati sulle nostre coste oltre 11.600 minori soli, poco più del 9 per cento del totale degli arrivi. Ad allarmare dunque non è tanto il loro numero, seppure in crescita, che necessiterebbe di un sistema di accoglienza strutturato e distribuito sull’intero territorio nazionale, quanto il fatto che vi siano tra i minori soli in arrivo, molti bambini e bambine, in qualche caso addirittura di 3-4 anni. Soprattutto dalla Tunisia si rileva che, nelle fasi concitate della partenza, alcuni minori sono separati dalle famiglie oppure affidati a conoscenti durante la traversata per farli arrivare dall'altra parte del Mediterraneo, dove c'è già un familiare, con tutti i rischi ulteriori che questo comporta” afferma Raffaela Milano, Direttrice dei Programmi Italia- Europa di Save the Children che prosegue, “È necessario, dunque, potenziare il sistema di protezione per fare in modo che tutti i minori che giungono da soli, a partire da quelli più vulnerabili, siano immediatamente presi in carico e accolti in centri dedicati, scongiurando ogni rischio di tratta e sfruttamento”.

“E’ necessario che tutti i Paesi europei cooperino nel soccorso e nell’accoglienza di tutti coloro che fuggono da guerre, violenza, povertà estrema e che il Parlamento e il Consiglio europeo mettano al centro delle negoziazioni sul Patto Asilo e Migrazione la protezione e rispetto dei diritti dei minori, a partire dalla velocizzazione e dalla semplificazione dei ricongiungimenti familiari, dal rafforzamento delle vie legali per ottenere protezione in Europa e dalla previsione di meccanismi obbligatori di relocation. Tutte queste sono strategie necessarie affinché i minori possano avere accesso a sistemi di accoglienza e di tutela adeguati senza dover mettere a rischio la propria vita o diventare esposti ai rischi di tratta e di sfruttamento nel tentativo di raggiungere l’Europa o nei movimenti secondari all’interno dello spazio europeo, che spesso vedono proprio i minorenni più esposti ai rischi di tratta e di sfruttamento. Per quanto riguarda l’Italia, Save the Children rinnova l’appello alle istituzioni affinché si ampli la rete di accoglienza per i minori stranieri, a partire dalla attivazione di centri di prima accoglienza in tutte le Regioni e l’ampliamento della accoglienza diffusa nella rete SAI dei comuni, in modo da assicurare, secondo quanto stabilito dalla legge 47/17 un percorso di accoglienza e di inclusione sociale adeguato alle effettive esigenze e vulnerabilità” conclude Raffaela Milano. 

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