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Festa della mamma: Save the Children, l’Italia al 17esimo posto per benessere materno-infantile ma 1 milione di madri con figlio piccolo vive in povertà

Per milioni di donne diventare ed essere madri è una sfida quotidiana, a rischio della vita, così come per milioni di bambini sopravvivere alla nascita e ai primi anni è una lotteria, una scommessa. Donne e bambini dell’Afghanistan, del Niger, dello Yemen o del Sudan, dove gli standard di “benessere materno-infantile” sono i più bassi e desolanti del mondo. Al polo opposto, anche geografico, le madri e i bambini della Norvegia, dell’Islanda o della Svezia, stanno molto meglio e godono di elevati livelli di salute, istruzione, cure.

L’Italia si posiziona nella zona alta ma non altissima di questa graduatoria. Perché tutto va relativamente bene al momento della nascita ma poi iniziano i problemi. A leggere i numeri sulla povertà nel nostro paese, si scopre che l’impoverimento è più frequente fra le donne, tanto più se madri con almeno 1 figlio piccolo: il 15,4% delle coppie con 1 bambino sotto i 18 anni, vive in povertà. Il che significa, per esempio, che il 16,3% delle mamme in coppia con figlio piccolo paga in ritardo almeno una delle bollette di casa mentre il 10,3% non riesce a sostenere regolarmente le spese scolastiche dei figli. E maternità significa anche – dicono i numeri – inferiori tassi di occupazione femminile, con una differenza nel tasso di disoccupazione che sfiora i 22 punti percentuali in più rispetto a donne senza figli.

A documentare e spiegare tutto questo, con molti dati e confronti fra paesi, due report: l’11esimo Rapporto su Lo Stato delle Madri nel Mondo di Save the Children e il nuovo Rapporto Fondazione Cittalia – ANCI Ricerche per Save the Children su Le condizioni di povertà tra le madri in Italia. Entrambi diffusi oggi, alla vigilia della Festa della Mamma (il 9 maggio p.v.).

“La divulgazione dei due dossier è un’ulteriore tappa della Campagna globale di Save the Children EVERY ONE, partita nell’ottobre del 2009 con l’obiettivo di della dire basta alla mortalità infantile, salvando ogni anno direttamente 500.000 bambini”, spiega Valerio Neri, Direttore Generale per l’Italia di Save the Children.

Ancora oggi 50 milioni1 di donne ogni anno partoriscono senza alcuna assistenza professionale e magari senza aver ricevuto alcun controllo durante il puerperio: logico che moltissime di esse – quasi 350.0002 perdano la vita in conseguenza della gravidanza o per complicazioni legate al parto. E se muoiono le mamme facile e drammaticamente coerente che muoiano anche i bambini: 8.8 milioni ogni anno prima di compiere 5 anni3. Di essi, il 41% non sopravvive al primo mese.

Il 99% di queste precocissime morti avviene in paesi in via di sviluppo dove le donne e i bambini non possono contare su cure minime, essenziali, durante la gravidanza e il parto, e subito dopo.

E infatti si stima che circa 250.000 donne e 5.5 milioni di bambini che oggi muoiono potrebbero salvarsi4. Grazie a poche misure semplici e a basso costo: dall’assistenza specializzata al momento del parto, a vaccini e trattamenti per polmonite, diarrea e malaria, all’allattamento esclusivo al seno.

“La formazione e impiego su ampia scala degli operatori sanitari di comunità, soprattutto di sesso femminile porterebbe di sicuro a una sensibile riduzione di tante morti”, spiega Francesco Aureli, Responsabile Policy e Advocacy per l’Italia di Save the Children. “Si tratta di paramedici con una formazione di base, spesso reclutati all’interno delle comunità dove poi presteranno servizio, in grado di raggiungere a casa madri e bambini che spesso vivono in sperdute zone rurali e di indicare loro corrette pratiche igieniche e sanitarie, di istruire le donne rispetto al parto e alle cure per i neonati, compreso l’allattamento esclusivo per i primi sei mesi, di diagnosticare e riconoscere i sintomi delle più diffuse e letali malattie infantili, come polmonite, malaria, diarrea, fornendo medicinali per le cure e vaccini. I paesi che hanno formato e utilizzato su ampia scala queste figure, hanno visto ridurre drasticamente i tassi di mortalità materna e infantile ma per perseguire il 4° e 5° Obiettivo del Millennio5 occorre formarne e impiegarne almeno altri 4.3 milioni”.

E il contenimento o auspicabilmente l’azzeramento del rischio morte per madri e figli avrebbe un immediato riflesso anche sugli altri principali indicatori del benessere materno-infantile6 che l’11esimo Rapporto di Save the Children prende in esame per stilare l’Indice delle Madri, cioè una graduatoria – frutto del confronto di 160 paesi7- delle nazioni in cui donne e bambini stanno meglio o peggio.

Norvegia, Australia, Islanda, Svezia, Danimarca, Nuova Zelanda, Finlandia, Paesi Bassi, Belgio, Germania, i 10 paesi dove madri e figli godono delle migliori condizioni di vita. All’estremo opposto (partendo dal basso): Afghanistan, Niger, Chad, Guinea Bissau, Yemen, Repubblica Democratica del Congo, Mali, Sudan, Eritrea, Guinea Equatoriale, dove donne e bambini sfidano quotidianamente la morte, molte volte soccombendo.

Ecco in numeri l’abissale distanza fra i due “mondi”. In quelli ai piedi della classifica: il 60% delle nascite avviene senza l’assistenza di personale specializzato; 1 mamma ogni 23 muore per cause collegate alla gravidanza e al parto; 1 bambino su 6 perde la vita prima di aver compiuto 5 anni; più di 1 minore su 3 soffre di malnutrizione; 1 bambino su 5 non va a scuola; in media una donna ha 5 anni di studio; 9 madri su 10 con molta probabilità vedranno morire un loro figlio.

Il confronto è ancora più duro: in Norvegia ogni bambino nasce assistito da un’ostetrica o un dottore. In Afghanistan solo il 14%.

Una donna norvegese in media studia per 18 anni e vive fino ad 83, l’82% fa uso di contraccettivi e 1 su 132 perderà un bambino prima che compia 5 anni. In Afghanistan una donna in media studia per 4 anni, vive fino a 44, solo nel 16% dei casi ricorre alla moderna contraccezione, ogni madre afghana ha un’alta probabilità di vedere morire un proprio figlio.
In Niger 1 donna su 7 perde la vita mentre è incinta o durante il parto. In Italia il rischio di morire di parto riguarda 1 donna su 26.000.

In Italia oltre 1 milione di donne in povertà con figli piccoli
“Il nostro paese presenta numeri in generale buoni, tanto che si posiziona al 17esimo posto dell’Indice delle Madri, e molto buoni rispetto ad alcuni singoli parametri, come per l’appunto il rischio di mortalità materna, il tasso di mortalità infantile (4 su 1000 nati vivi), o i tassi di iscrizione alla scuola secondaria (100%)”, prosegue Francesco Aureli.
“Se però spostiamo lo sguardo sulle condizioni sociali delle donne e dei bambini, scopriamo che un numero non insignificante di questi non vive per niente bene e che è in ripresa la povertà fra le madri, soprattutto con bambini”.

Secondo il nuovo Rapporto Fondazione Cittalia – ANCI Ricerche per Save the Children su Le condizioni di povertà tra le madri in Italia, sono 4.2 milioni le donne povere8 nel nostro paese. 1.678.000 sono madri. Circa 1 milione di esse ha almeno un figlio minorenne: l’86,3% vive in coppia, il 7,5% è sola, il 6,2% in famiglie allargate.

Prendendo in esame il totale delle famiglie in povertà - che è pari all’11,3% delle famiglie italiane - l’incidenza della povertà in un nucleo costituito da una donna in coppia con un figlio piccolo è superiore alla media di 4 punti percentuali, attestandosi al 15,4%. Percentuale che sale al 16,5% in presenza di 2 figli, di cui almeno uno minorenne, e al 26,1% se i figli sono almeno 3, di cui almeno uno minore.

Segno che la maternità può diventare causa di povertà per molte donne oltre a incidere anche sui livelli occupazionali femminili, che diminuiscono sensibilmente.

Già di per sé inferiore al dato medio europeo, documenta il rapporto Fondazione Cittalia – ANCI Ricerche per Save the Children - il divario occupazionale cresce all’aumentare del numero dei figli: il tasso di occupazione femminile è pari al 65% in assenza di figli ma decresce al 60,6% e al 54,8% nel caso, rispettivamente, di uno e due figli, per crollare al 42,6% quando i figli sono almeno 39.

E le difficoltà economiche per molte donne emergono drammaticamente considerando le tante voci del bilancio e del menage familiare10 : fra le mamme in coppia con un bambino piccolo, per esempio, il 18,6% non ha i soldi sufficienti per fare fronte a tutte le spese del mese; il 16,3% ha pagato in ritardo almeno una bolletta; il 10,3% non è stato in grado di sostenere con regolarità le spese scolastiche dei figli; il 5% non ha potuto acquistare sempre generi alimentari. E nel caso di madre sola con almeno un figlio minore la situazione è ancora più grave, con gli indicatori di deprivazione che salgono ulteriormente: il 44% arriva a fine mese “con molta difficoltà”, quasi il 31% è in arretrato con le bollette, il 25% non h avuto soldi per spese mediche, il 21% per le spese scolastiche.

“Tanto più in questo periodo di grave crisi economica, il sostegno alle madri diventa cruciale e urgente se vogliamo contrastare la povertà”, commenta Valerio Neri, Direttore Generale per l’Italia di Save the Children. “E’ necessario procedere su un doppio binario combinando misure che agevolano l’accesso al lavoro e ai servizi – come per esempio gli asili nido che sono tutt’ora insufficienti11 – con il sostegno al reddito”

Per quanto riguarda invece la condizione di madri e bambini nei paesi a più basso reddito “i governi nazionali, insieme alle istituzioni e organizzazioni internazionali, debbono mettere in cima alle priorità il reclutamento, l’incremento e il rafforzamento del personale sanitario, a cominciare da quello femminile che dovrebbe costituire il primo riferimento per donne e bambini, o all’interno delle loro comunità o in cliniche e strutture di cura prossime alle comunità e al villaggio”.

Save the Children e la Campagna EVERY ONE
Save the Children opera da anni a sostegno della salute materno-infantile in numerosi paesi del mondo. In particolare l’organizzazione lavora per il rafforzamento dei servizi sanitari pubblici relativi alla salute di mamme e bambini, attraverso formazione del personale, fornitura di medicine di base, di alimenti nutrizionali ad uso terapeutico; provvede alla somministrazione di vaccini, antibiotici e micronutrienti, alla distribuzione di zanzariere; sostiene le comunità attraverso la formazione di operatori sanitari di comunità, promuovendo campagne di informazione e sensibilizzazione e programmi di educazione alla salute. Nell’ottobre del 2009 ha lanciato in oltre 40 paesi del mondo la Campagna EVERY ONE per dire basta alla mortalità infantile, impegnandosi a salvare - attraverso propri interventi diretti - 500.000 bambini ogni anno e a raggiungere 50 milioni di minori e donne in età riproduttiva entro il 2015.

La Campagna ha ottenuto il sostegno di importanti testimonial, quali Giobbe Covatta, Barbara D’Urso, Christiane Filangieri, Flavio Insinna, Fabrizio Frizzi, Alessia Marcuzzi, Nicolas Vaporidis.

Tra le prime aziende che hanno sostenuto EVERY ONE ci sono: De Cecco, Gruppo Benetton, Poste Italiane, Studio Bonelli Erede Pappalardo; e gli operatori telefonici che ci hanno concesso la numerazione unica di SMS: Tim, Vodafone, Wind, 3 e Telecom.

Per contribuire alle attività di Save the Children e ai progetti nell’ambito della salute materno-infantile: www.savethechildren.it/5x1000

Sono disponibili foto di donne e bambini
I due rapporti sono scaricabili all’indirizzo: www.savethechildren.it/pubblicazioni

Per ulteriori informazioni:
Ufficio Stampa Save the Children
tel. 06 48070023-71,
press@savethechildren.it,
www.savethechildren.it

NOTE:
1 UNICEF. Progress for Children: A Report Card on Maternal Mortality (No.7). September 2008, p.9
2www.thelancet.com, 12 aprile 2010. Le stime di Lancet si riferiscono a 181 paesi e riguardano gli anni a partire dal 1980 al 2008. Al 2008 si riferisce la cifra riportata in questo comunicato.
3 UNICEF. State of the World’s Children Special Edition, New York 2009, p.18
4 AA.VV.Applying an Equity Lens to Child Health and Mortality: More of the Same is not Enough”, The Lancet. Volume 362. Issue 9379. July 19, 2003. Pp.233-241.
5 Cioè la riduzione dei 2/3 della mortalità infantile e dei 3/4 di quella materna entro il 2015, rispetto ai dati del 1990.
6 Sono 12 in tutto gli indicatori e riguardano le donne e i bambini, sia nei paesi industrializzati che in quelli in via di sviluppo. Gli indicatori "materni" vanno a determinare il sotto Indice delle Donne. Essi sono: rischio di morte materna; percentuale di donne che utilizzano la moderna contraccezione; aspettativa di vita della donna; anni di studio; stima del rapporto tra reddito femminile e maschile; tutela della maternità; presenza di donne nei governi nazionali, percentuale di parti assistiti da personale specializzato (quest’ ultimo parametro viene preso in esame solo per i paesi in via di sviluppo). Gli indicatori che attengono invece alla salute infantile e determinano il sotto Indice dei Bambini sono: tasso di mortalità al di sotto dei 5 anni; tasso di iscrizione alla scuola dell’infanzia; tasso di iscrizione alla scuola primaria; tasso di bambine iscritte alla scuola primaria in rapporto ai bambini; tasso di iscrizione alla scuola secondaria; percentuale di bambini sotto i 5 anni moderatamente o severamente sottopeso (in particolare il tasso di iscrizione alla scuola primaria, il tasso di iscrizione delle bambine in rapporto ai bambini e la percentuale dei bambini sottopeso sono parametri presi in esame solo per i paesi in via di sviluppo).
7 Il Mothers’ Index contiene anche informazioni su altri 13 paesi, 6 dei quali offrono dati sufficienti a formulare delle conclusioni sulla salute e stato generale dei bambini. Quando dunque tali nazioni vengono incluse, il numero totale dei paesi inclusi nell’indice delle Madri sale a 173.
8 Fonte: Istat, 2008. La gran parte dei dati utilizzati nel rapporto Fondazione Cittalia – ANCI provengono dall’Istat. Per povertà relativa si intende la condizione di una famiglia di due persone la cui spesa media mensile è inferiore a 999,67 euro.
9 Elaborazione Cittalia su dati Eurostat 2008.
10 Fonte: Istat. Il dato si riferisce al 2008.
11 Benché i bambini fino a 3 anni che vanno all’asilo nido siano passati nel decennio 1998-2008 dal 9,6% al 15,3% del totale dei bambini di questa età, l'Italia, in media, è ancora lontana dall’obiettivo europeo che prevede, entro il 2010, una copertura minima per almeno il 33% dei bambini di età inferiore ai 3 anni.