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La salute delle mamme Rom: Save the Children, inadeguato accesso alle cure per il 70% delle donne intervistate

Sono almeno 7.850 i Rom presenti a Roma secondo le più recenti stime: per la gran parte si tratta di donne e bambini . Le donne diventano mamme giovanissime e, con i loro bambini, sfuggono alle statistiche ufficiali.
Dallo “Studio sulla salute materno infantile nelle comunità Rom. Il caso di Roma”, una ricerca qualitativa di Save the Children, frutto di interviste a donne Rom che vivono in alcuni insediamenti, attrezzati e non, della capitale , emerge un inadeguato e insufficiente accesso alle cure sanitarie. Il 70% delle donne intervistate dichiara infatti di non accedere alle prestazioni sanitarie garantite dal Servizio Sanitario Nazionale. Le motivazioni sono le più varie e vanno dallo status legale alla mancanza d’informazione del diritto ove esistente, o ancora alla cattiva percezione delle modalità di accesso.
“Una recente circolare del ministero della Salute recepita anche dalla regione Lazio, insieme a Piemonte, Marche e Campania, ha sanato una assurda situazione legislativa in base alla quale fino al febbraio scorso – data a cui risale anche la nostra rilevazione a Roma - le donne neocomunitarie, e quindi anche molte donne Rom che appartengono a questo gruppo, non avevano più diritto alle prestazioni sanitarie indifferibili e d’urgenza come invece riconosciuto agli stranieri presenti in Italia senza permesso di soggiorno o senza lavoro - afferma Laura Lagi, Operatrice dell’area diritto alla sviluppo di Save the Children Italia -. Adesso, grazie al recepimento da parte della regione Lazio della circolare ministeriale, la situazione è cambiata. Tuttavia, non bastano dei correttivi legislativi per rendere effettivo il diritto alla salute. E’ necessario infatti che le donne Rom siano rese consapevoli di tale diritto anche attraverso una corretta, ampia e chiara informazione sulle opportunità che il servizio sanitario offre loro e ai rispettivi figli, sia a livello di cura, che di prevenzione, come già si sta tentando di fare con alcune campagne”.
Il basso livello di prevenzione, è un ulteriore aspetto critico rilevato dallo studio di Save the Children, secondo il quale 2 donne su 3, fra le intervistate, non si sottopongono annualmente a visite ginecologiche, il 18% non ha eseguito nessun controllo in gravidanza, solo il 27% ricorre al consultorio e appena il 20% utilizza metodi contraccettivi a fronte del 39% delle donne italiane.
Scarso risulta essere anche il ricorso al pediatra per visite e controlli dei bambini: Poco più del 50% del campione ha detto di aver portato il proprio figlio dal medico nei primi anni di vita anche se la quasi totalità delle madri intervistate dichiara di aver partorito in ospedale e di aver vaccinato l’ultimo figlio.
Il contesto socio-culturale nel quale vivono le donne Rom contattate da Save the Children, risulta generalmente molto disagiato, soprattutto per quanto riguarda la condizione abitativa: 3 donne su 4 dichiarano di aver vissuto per diversi anni in situazioni estremamente difficili all’interno di insediamenti abusivi mentre oggi vivono in campi attrezzati ai margini della città, in container, in bungalow o stanze in muratura; il 21% delle intervistate non ha l’acqua potabile in casa; il 34% condivide il proprio spazio abitativo con più di 7 persone.
Questa situazione incide negativamente sull’accesso all’istruzione e al lavoro. Al di sotto della media è infatti il livello di scolarizzazione di queste donne: il 14% delle intervistate risulta analfabeta e circa il 55% ha studiato al massimo per 5 anni.
Molto scarso poi è l’accesso al mercato del lavoro: solo 17 donne dichiarano di lavorare mentre la maggior parte ammette di essere dipendente economicamente dal marito.
“Pur non fornendo dati generalizzabili, lo studio offre uno spaccato sulle condizioni di vita delle donne che fanno parte delle comunità Rom presenti a Roma, – spiega Laura Lagi, Operatrice dell’area diritto alla sviluppo di Save the Children Italia – e offre spunti interessanti per accrescere le conoscenze sul tema, in linea con quanto promosso anche a livello europeo, grazie alla risoluzione del Parlamento Europeo che esorta gli Stati a concentrare gli sforzi affinché vi sia una maggiore tutela delle donne Rom nell’Unione Europea”.
Il problema della completa tutela del diritto alla salute materno infantile per le minoranze etniche, in particolare Rom, infatti, emerge in vari paesi europei, come ad esempio Romania, Repubblica Ceca, Ungheria, Slovacchia.
Sulla base di quanto emerso in questo studio e alla propria esperienza in ambito internazionale, Save the Children raccomanda:
- la promozione da parte del Governo di iniziative e politiche volte a:
garantire l’accesso di tutte le donne Rom alle cure sanitarie di base, di urgenza e preventive; incoraggiare l’istruzione delle donne rom e la formazione per favorire l’occupazione; assicurare una maggiore informazione sulla salute e sull’offerta sanitaria; garantire condizioni abitative adeguate alla tutela della salute loro e dei loro bambini;
- l’applicazione da parte di tutte le Regioni italiane della circolare del 19 febbraio 2008 con cui il Ministero della Salute richiama il diritto alle prestazioni indifferibili ed urgenti per i cittadini comunitari, rimandando alle Regioni la regolamentazione delle procedure che garantiscano tali tutele;
- la raccolta e pubblicazione dei dati statistici sulla popolazione Rom.

La versione integrale dello “Studio sulla salute materno infantile nelle comunità Rom. Il caso di Roma”, è disponibile sul sito http://www.savethechildren.it/pubblicazioni

Per ulteriori informazioni:
Ufficio Stampa Save the Children, tel. 06 48070071-23, press@savethechildren.it, www.savethechildren.it
Agenzia Moltiplica per Save the Children, tel. 06 86322366-86391527, v.darco@moltiplica.net