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Lavoro minorile in Italia: 260.000 i minori sotto i 16 anni coinvolti, più di 1 su 20

30.000 i 14-15enni a  rischio sfruttamento con conseguenze per salute, sicurezza o integrità morale.

Presentati a Roma, alla presenza del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali Enrico Giovannini, del Sottosegretario all’Istruzione Marco Rossi Doria, del Segretario Generale della CGIL Susanna Camusso, i primi dati dell’indagine realizzata da Associazione Bruno Trentin e Save the Children, unici sul fenomeno e assenti da 11 anni.

Vive a Napoli, ha 9 anni e lavora in un cantiere a spostare sacchi di cemento che pesano quasi quanto lui, per 10 euro alla settimana. Questa una delle storie emerse nell’indagine sul lavoro minorile in Italia(1) realizzata dall’Associazione Bruno Trentin(2) e da Save the Children, e presentata oggi a Roma alla vigilia della Giornata Mondiale Contro il Lavoro Minorile 2013, nel corso di un convegno alla presenza del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali Enrico Giovannini, del Sottosegretario all’Istruzione Marco Rossi Doria e del Segretario Generale della CGIL Susanna Camusso.

Sono più di 1 su 20 nel nostro paese i minori sotto i 16 anni (il 5,2% del totale nella fascia di età 7-15 anni) coinvolti nel lavoro minorile(3) Tra i 260.000 (4) pre-adolescenti “costretti” a lavorare già giovanissimi a causa delle condizioni familiari, di un rapporto con la scuola che non funziona  o per far fronte da soli ai loro bisogni, e sono 30.000 i 14-15enni a rischio di sfruttamento che fanno un lavoro pericoloso per la loro salute, sicurezza o integrità morale, lavorando di notte o in modo continuativo, con il rischio reale di compromettere gli studi, non avere neanche un piccolo spazio per il divertimento o mancare del riposo necessario.

Si inizia anche molto presto, prima degli 11 anni (0,3%),  ma  è col crescere dell’età che aumenta l’incidenza del fenomeno (3% dei minori 11-13enni), per raggiungere il picco di quasi 2 su 10 (18,4%) tra i 14 e 15 anni, età di passaggio dalla scuola media a quella superiore, nella quale si materializza in Italia uno dei tassi di abbandono scolastico più elevati d’Europa (18,2% contro una media EU27 del 15%) (5)

Il lavoro minorile non fa differenze di genere (il 46% dei minori 14-15enni che lavorano sono femmine). Le esperienze di lavoro dei minori tra i 14 e 15 anni sono in buona parte occasionali (40%), ma 1 su 4 lavora per periodi fino ad un anno e c’è chi supera le 5 ore di lavoro quotidiano (24%). La cerchia familiare è l’ambito nel quale si svolgono la maggior parte delle attività. Per il 41% dei minori si tratta infatti  di un lavoro nelle mini o micro imprese di famiglia, 1 su 3  si dedica ai lavori domestici continuativi (6) per più ore al giorno, anche in conflitto con l’orario scolastico, più di 1 su 10 lavora presso attività condotte da parenti o amici, ma esiste un 14% di minori che presta la propria opera a persone estranee all’ambito familiare.

Tra i principali lavori svolti dai minori fuori dalle mura domestiche prevalgono quelli nel settore della  ristorazione (18,7%), come il barista o il cameriere, l’aiuto in cucina, in pasticceria o nei panifici, seguito dalla vendita stanziale o ambulante (14,7%), dove si fa il commesso o toccano le pulizie, insieme al lavoro agricolo o di allevamento e maneggio degli animali (13,6%), ma non manca il lavoro in cantiere (1,5%), spesso gravoso e pieno di rischi, o quello di babysitter (4%). In ogni caso, ciò che emerge dalla ricerca partecipata qualitativa che ha coinvolto 163 minori a Napoli e Palermo, è lo scarso valore delle attività  svolte da ragazze e ragazzi anche giovanissimi, che di fatto non insegnano nulla e non possono quindi essere messe a capitale per una futura professione.

Meno della metà dei minori che lavorano tra i 14 e 15 anni dichiara di ricevere un compenso (45%), di questi solo 1 su 4 lavora all’esterno della cerchia familiare.

 “Al di là dei numeri che descrivono un fenomeno non marginale e in continuità da un punto di vista quantitativo con gli ultimi dati che risalgono ormai al 2002, l’indagine mette in evidenza come la crisi economica in atto rende ancora meno negoziabili le condizioni di lavoro dei minori, esponendoli ad ulteriori rischi,” ha dichiarato Raffaela Milano, Direttore Programmi Italia-Europa di Save the Children. “Dalle voci dei ragazzi raccolte con la ricerca partecipata (7),  emerge il forte legame tra lavoro minorile, disaffezione scolastica e reti familiari e sociali, che si trasforma in una  vera trappola  quando l’opportunità di soldi facili arriva a coinvolgere i minori in attività criminali.”

La ricerca partecipata tra pari, realizzate con il supporto della Cooperativa il Tappeto di Iqbal a Napoli e il Centro Studi Don Calabria e il Centro Tau (Ass. Inventare Insieme) a Palermo, ha coinvolto 6 ragazze e 14 ragazzi tra i 15 e i 21 anni in qualità di ricercatori, che hanno raggiunto e intervistato 163 ragazze e ragazzi tra i 12 e i 23 anni.

“Nonostante orari in alcuni casi pesantissimi, paghe risibili e rischi per la salute, come nel caso di chi lavora dalle 4 e mezzo di mattina alle 3 di pomeriggio con le mani nel ghiaccio per un pescivendolo ricavandone a mala pena 60 euro a settimana, ” continua Raffaela Milano,  “la maggioranza dei minori raggiunti con la ricerca partecipata non ha la consapevolezza di essere sfruttata, e non sa nemmeno che cos’è un contratto di lavoro.”

“Nell’indagine è stata ricostruita una mappatura delle aree a maggior rischio di lavoro minorile in Italia: il rischio più elevato è concentrato nel Mezzogiorno, ma non sono escluse zone del Centro-nord,” ha dichiarato Raffaele Minelli, Responsabile Divisione Ricerca dell’Associazione Bruno Trentin. “Il lavoro minorile è una misura del crescente disagio sociale che le politiche restrittive del welfare hanno prodotto, in concomitanza con l’ampliamento dell’area della povertà, delle attività irregolari e in nero e della scomparsa di migliaia di piccole aziende.”

 “Abbiamo accolto con soddisfazione l’iniziativa di questa indagine che ha raccolto intorno ad un tavolo, insieme all’ILO, diversi attori istituzionali e non, e ci auguriamo che rappresenti l'inizio di un dialogo sociale sul tema specifico del contrasto allo sfruttamento del lavoro minorile in Italia,” ha dichiarato Lorenzo Guarcello, Senior Statistical Analyst dell’ILO, a nome del Comitato Scientifico (7) che ha supervisionato l’attività di ricerca. “Incoraggiamo governo e parti sociali, ad utilizzare e a perfezionare questa buona pratica metodologica in vista di un monitoraggio statistico del lavoro minorile regolare e continuativo a livello nazionale, anche per facilitare l’adozione di un piano per monitorare e combattere il fenomeno, come previsto dalla Convenzione n. 182, che l’Italia ha sottoscritto impegnandosi ad adottare un piano d'azione “con procedure d’urgenza.”

Le prime proposte per il contrasto e la prevenzione del lavoro minorile

Anche in relazione ai possibili effetti negativi della crisi, è necessario procedere tempestivamente all’adozione di un Piano Nazionale sul Lavoro Minorile che preveda da un lato la creazione di un sistema di monitoraggio regolare del fenomeno e dall’altro le azioni da svolgere per intervenire efficacemente sulla prevenzione e sul contrasto del lavoro illegale, e in particolare delle peggiori forme di lavoro minorile.

“Quasi 1 bambino su 3 sotto i 6 anni vive ai limiti della povertà e il 23,7% è in uno stato di deprivazione materiale, per questo riteniamo che tra le misure preventive del Piano si debba ad esempio includere l’estensione a tutte le famiglie di questi minori dei benefici della Carta Acquisti appena varata in via sperimentale, facendo sì che i percorsi di inclusione sociale abbinati alla Carta prevedano la frequenza scolastica e la prevenzione del lavoro minorile,” ha dichiarato Valerio Neri, Direttore Generale di Save the Children Italia. “Chiediamo anche che venga favorito il raccordo scuola-lavoro e si promuovano le esperienze più professionalizzanti. Per i ragazzi che vivono in aree ad alta densità criminale proponiamo di promuovere “aree ad alta densità educativa”, basate sull’offerta attiva di opportunità e spazi qualificati per i più giovani, a scuola e sul territorio.”

“La prima straordinaria riforma di cui ha bisogno il nostro Paese è quella dell’istruzione. In questi anni abbiamo avuto tagli e i risultati sono dinnanzi a tutti, ad esempio l’aumento della dispersione scolastica. Fino a generare in tanti giovanissimi l’dea che studiare è inutile, lasciando che entrino così in un circuito di marginalità,” ha dichiarato Susanna Camusso, Segretario Generale CGIL. “Come indicato nel Piano del lavoro della Cgil, sviluppo della scuola dell’infanzia, obbligo a 18 anni e diritto allo studio sono l’asse portante di una riforma che ha per fondamento l’istruzione come risorsa collettiva e dei singoli, tanta formazione, formazione permanente e di qualità, con trasparenza dell’accesso al lavoro e lotta all’evasione e al sommerso, cui appartiene il lavoro minorile. La legalità non è solo riscatto etico del Paese, mobilitazione sociale e civile, è una grande risorsa economica.” 

La versione completa del dossier è scaricabile sul nostro sito

Sono disponibili foto-storie e video contributi con le testimonianze dei ragazzi della ricerca partecipata realizzata a Napoli e Palermo.

Per informazioni:

Ufficio Stampa Save the Children                  Ufficio Stampa Associazione Bruno Trentin
Tel 06 48070081-23-63-71                                Tel. 06 85797203

345-5508132,3387518129

press@savethechildren.it                                          a.marraffa@ires.it
www.savethechildren.it                                             www.ires.it

 
1 Nell’indagine campionaria sono state realizzate 2.005 interviste a minori iscritti al biennio della scuola secondaria superiore in 15 province italiane campione (Treviso, Vicenza, Torino, Genova, Monza e della Brianza, Lecco, Pisa, Roma, Frosinone, Caserta, Avellino, Napoli, Bari, Palermo, Trapani) e in 75 scuole campione. E’ stato somministrato un questionario strutturato con modalità di autocompilazione assistita.

2 Il 3 giugno 2013 nasce l'Associazione Bruno Trentin-Isf-Ires, frutto della fusione dei due Istituti della Cgil: Ires - Istituto di Ricerche Economiche e Sociali e ISF - Istituto Superiore di Formazione insieme all'Associazione Bruno Trentin.

 3 Secondo la legge n. 977del 1967, in Italia possono lavorare i minori al di sotto dei 16 anni solo se si tratta di attività lavorative di carattere culturale, artistico o pubblicitario o comunque nel settore dello spettacolo e condotte a determinate condizioni. La legge n.29 del 2006 ha innalzato a 16 anni l’obbligo di istruzione e l’età di accesso al lavoro, anche per il contratto di apprendistato e si è conseguentemente spostata l’età minima di accesso al lavoro dai 15 ai 16 anni. Per lavoro precoce si intende il lavoro compiuto da un minore al di sotto dei 16 anni. Tale lavoro non è ammissibile perché viola le norme menzionate. Sono vietati i lavori pregiudizievoli per il minore (per es: mansioni che espongono ad agenti fisici - come i rumori, biologici, chimici nocivi; oppure che espongono a processi e lavori che comportano determinati rischi (per es. rischi elettrici, lavorazione zolfo, lavorazioni in gallerie, cave, etc..). Le forme peggiori di lavoro minorile sono quelle previste dalla Convenzione ILO n. 182 del 1999, Articolo 3, tra cui, forme di schiavitù o pratiche analoghe alla schiavitù, l’asservimento, il lavoro forzato o obbligatorio, prostituzione, produzione di materiale pornografico o di spettacoli pornografici, l’ingaggio o l’offerta del minore ai fini di attività illecite, qualsiasi altro tipo di lavoro che, per sua natura o per le circostanze in cui viene svolto, rischi di compromettere la salute, la sicurezza o la moralità del minore.

4 La stima si riferisce alla popolazione compresa tra i 7 e i 15 anni. In dettaglio, il numero di ragazzi che lavorano a 11, 12 e 13 anni è stato ricavato facendo riferimento alla generazione virtuale ottenuta sommando i risultati relativi ai 14 e 15enni e dividendoli per due. Per quanto riguarda la stima dei bambini che lavorano tra i 7 e i 10 anni, poiché disponevamo del dato relativo alle esperienze prima degli 11 anni, abbiamo fatto le seguenti ipotesi: a) che il numero di quanti lavorano prima dei 7 anni sia prossimo a zero; b) che i ragazzi che riferiscono di avere lavorato prima di 11 anni lo abbiano fatto in media per due anni. L’indagine ha interessato gli iscritti al biennio della scuola secondaria di II grado, sia frequentanti che non: il numero di interviste rivolte ai non frequentanti è risultato tuttavia inferiore rispetto alle attese (come da statistiche sulladispersione scolastica), per le difficoltà di contattarli.

5 Eurostat 2011, riferito agli Early School Leavers, cioè ai giovani tra i 18 ed i 24 anni che hanno conseguito al massimo il titolo di scuola media e non hanno concluso un corso di formazione professionale riconosciuto dalla regione di durata superiore ai 2 anni, né frequentano corsi scolastici o svolgono attività formative

6  Sono state escluse dall’indagine tutte quelle attività riconducibili alla categoria dei ‘piccoli aiuti in casa’ e incluse viceversa quelle collaborazioni che per tipo di attività, quantità dell’impegno (molte ore al giorno, continuatività), interferenza con la scuola sono ascrivibili al lavoro domestico e/o di cura.

7 Il Comitato Scientifico è composto da: Carlotta Bellini, Katia Scannavini e Margherita Lodoli (Save the Children), Anna Teselli, Giuseppe De Sario e Giuliano Ferrucci (Associazione Bruno Trentin), Adriana Ciampa (Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali), Giulia Tosoni (Ministero dell’Istruzione), Nadia Garuglieri (IX Commissione "Istruzione Lavoro Ricerca e Innovazione – Conferenza delle Regioni), Margherita Brunetti (Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza), Giuliana Coccia e Alessandra Righi (ISTAT), Andrea Brandolini (Banca d’Italia), Francesca Ferrari, Furio Rosati e Lorenzo Guarcello (ILO), Ugo Melchionda (IOM), Marcello Tocco (CNEL).