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Save the Children: più istruzione e scuola e stop alle armi leggere ai minori in paesi in conflitto armato

Mai più un kalashnikov imbracciato da un bambino, o granate o mine che mietono giovani vittime ma più scuola e istruzione a tutti i minori che vivono in paesi in guerra: sia i governi del G8 – Italia inclusa – sia i governi di nazioni in conflitto armato debbono esercitare la massima attenzione e responsabilità nelle esportazioni o acquisto di armi leggere affinché questo commercio non leda i diritti e coinvolga in alcun modo i bambini, e accrescere i finanziamenti all’istruzione, l’unica “arma utile” ad assicurare un futuro di speranza e maggiore benessere a 37 milioni di minori che ancora non possono andare a scuola a causa delle guerre .
E’ con questo messaggio sostenuto dai dati del nuovo rapporto “Bambini e armi. L’istruzione per combattere la guerra”, che Save the Children rilancia la campagna internazionale “Riscriviamo il Futuro”, avviata 2 anni fa in tutto il mondo con l’obiettivo di portare a scuola e dare un’educazione di qualità a 8 milioni di bambini e bambine che vivono in nazioni colpite o reduci da conflitti armati.

“Siamo orgogliosi di poter dire che stiamo mantenendo gli impegni presi: quasi 6 di questi 8 milioni di bambini oggi hanno un’istruzione grazie a Riscriviamo il Futuro e a tutti coloro che credono nella nostra campagna, singoli cittadini, aziende, istituzioni, enti locali e anche un nutrito gruppo di personaggi del mondo dello spettacolo, cultura e dell’informazione”, dichiara Claudio Tesauro, Presidente di Save the Children Italia.

“Però non possiamo fermarci qui. Bisogna lavorare per rimuovere tutti quei fattori che compromettono gravemente il diritto dei bambini alla protezione e all’istruzione”, prosegue. “Uno di questi è l’ampia diffusione e disponibilità di armi leggere in paesi in conflitto armato o reduci da guerre. Armi che finiscono con il danneggiare soprattutto i bambini, contribuendo a creare eserciti di bambini soldato, a ferirne, ucciderne, traumatizzarne migliaia di altri e a fomentare e accrescere le violenze”.
L’impatto delle armi sui bambini
La gran parte delle guerre vede l’utilizzo di combattenti con meno di 18 anni. Si stima che siano almeno 250.000 i minori – di cui il 40% bambine – impiegati in 17 conflitti armati come soldati, spie, facchini, cuochi, “mogli” dei combattenti (nel caso delle ragazze) e arruolati in eserciti non governativi in almeno 24 nazioni e territori.
Bambini costretti a commettere violenza ma anche a subirla: negli anni scorsi, almeno 2 milioni sono morti uccisi dal fuoco delle armi leggere e 6 milioni sono stati feriti, resi disabili o hanno subito traumi psicologici, obbligati ad assistere a terribili atti ed episodi di abusi e violenze. Si stimano in 22 milioni i bambini profughi e sfollati a seguito di guerre. Le cui conseguenze vanno oltre la fine delle ostilità: si calcola che ogni anno siano tra 8.000 e 10.000 le giovani vittime di ordigni esplosivi, in particolare delle mine rimaste sul terreno.

L’istruzione combatte la guerra
E sotto il fuoco delle armi e la violenza delle guerre, collassa anche il sistema scolastico: insegnanti uccisi, scuole distrutte o trasformate in caserme, centinaia di migliaia di minori privati di un’istruzione. A titolo di esempio, in Afghanistan solo la metà dei bambini tra i 7 e i 13 anni frequenta la scuola; in Nepal i maoisti hanno chiuso 1.000 scuole private e tra gennaio e agosto 2005 circa 200 insegnanti e 11.800 studenti sono stati rapiti, per essere indottrinati o arruolati nell’esercito ribelle. In Sud Sudan ci sarebbe bisogno di almeno altre 6.000 classi per accogliere gli alunni e ben l’82% delle bambine in età scolare sono ancora escluse dall’istruzione.
“La scuola è l’unica arma in grado di offrire a un bambino protezione, un senso di normalità e la prospettiva di un futuro migliore”, spiega Valerio Neri Direttore Generale di Save the Children Italia. “E’ ormai dimostrato, per esempio, che ad un aumento dell’1% dell’istruzione femminile, corrisponde una crescita del Pil dello 0,37% e che una maggiore scolarizzazione femminile può contribuire a prevenire circa 700.000 contagi da Hiv all’anno. Purtroppo però solo un numero esiguo di bambini in nazioni in crisi ed emergenza ha accesso all’istruzione mentre ha ampio e facile accesso alle armi leggere”.
E più armi leggere ci sono, più saranno i bambini soldato. Per questo è importante ridimensionare l’attuale impiego di risorse finanziarie per l’acquisto di armi e incrementare sensibilmente gli stanziamenti in favore dell’istruzione dei bambini in nazioni in conflitto, sia da parte dei governi di questi paesi, sia da parte dei paesi del G8, Italia compresa.

Le scelte degli Stati: meno scuole, più armi
Nel 2007 le nazioni Cafs hanno speso 17,8 miliardi di dollari in armamenti, ovvero 3 volte quanto necessario per garantire a tutti i bambini che vivono in tali paesi di iscriversi e frequentare la scuola primaria . A titolo di esempio: tenendo conto del numero totale di bambini, l’Eritrea destina in media 412,7 dollari all’ anno a spese militari per ogni bambino in età scolare, contro i 72 dollari per istruzione; il Congo 140 dollari, a fronte di 45,7 per la scuola; la Costa D’Avorio 84,3 contro i 13,8 in scuola ed istruzione di ogni bambino. Si calcola che, globalmente, Africa, Asia, Medioriente, America Latina e Africa abbiano speso in armamenti 22,5 miliardi di dollari all’anno: tale cifra sarebbe sufficiente non solo a garantire l’iscrizione a scuola di tutti i minori ma anche a ridurre di due terzi la mortalità infantile entro il 2015, permettendo di conseguire 2 degli 8 Obiettivi del Millennio .
Le importazioni militari, comprese quelle di armi leggere, costituiscono fette consistenti del budget di molti paesi in conflitto o reduci da guerre. Ugualmente le armi leggere rappresentano una fonte notevole di guadagni per molte altre nazioni, primi fra tutti i paesi del G8.
Questi ultimi, inclusa l’Italia, sono i maggiori esportatori di armi convenzionali e leggere nel mondo, con l’84% dell’export mondiale di armamenti. Mancano dati esaustivi sui proventi di questo commercio e sulle nazioni destinatarie. “Quello che però rileviamo e che ci preoccupa molto”, spiega ancora il Direttore Generale di Save the Children Italia, “è che gli otto grandi continuano a fornire armi leggere anche a gruppi e governi che commettono violazioni dei diritti umani, compreso il reclutamento di minori. Nel 2007 risulta che abbiano esportato armi leggere verso almeno 8 paesi Cafs, contravvenendo ai principali impegni internazionali che vietano l’esportazione di armi verso nazioni che non rispettano i diritti umani ”.

L’Italia nel mirino
Per quanto riguarda il nostro paese, nel 2005 le sole esportazioni autorizzate di armi leggere verso Sati Uniti, Francia, Gran Bretagna, Spagna e Germania, hanno fruttato almeno 390 milioni di dollari. Tra il 2002 e il 2007 inoltre l’Italia ha trasferito armi di piccolo calibro e leggere a nazioni quali Afghanistan, Algeria, Burundi, Chad, Colombia, Repubblica Democratica del Congo, Eritrea, Nepal, Nigeria, Pakistan, Sierra Leone e Uganda. Nazioni che hanno vissuto o tuttora vivono conflitti o dove sono attestate violazioni dei diritti umani, compreso l’arruolamento dei bambini.
“E’ una questione di coerenza”, commenta con forza Valerio Neri. “I paesi del G8 non possono dare aiuti in educazione impegnandosi solennemente a garantire questo diritto a tutti i bambini che ne sono esclusi, in particolare a quelli nei paesi in conflitto armato, e allo stesso tempo esportare armi leggere verso quei paesi. Se veramente abbiamo a cuore il futuro dei minori afflitti da guerre, comprese le migliaia di bambini-soldato, bisogna incrementare gli investimenti in educazione e contemporaneamente affrontare il nodo rappresentato dal commercio indiscriminato di armi leggere, riducendo la disponibilità di queste armi e valutando con la massima attenzione e responsabilità l’impatto che esse hanno sullo sviluppo, benessere e sui diritti dei bambini”.

Save the Children raccomanda quindi all’Italia

• di aumentare sensibilmente gli aiuti all’istruzione primaria nelle nazioni in via di sviluppo, destinandone almeno la metà ai paesi Cafs. Attualmente l’Italia è al terzultimo posto nella lista dei grandi donatori in aiuti all’istruzione di base;
• di garantire che l’ EFA-FTI (Education for All-Fast Track Initiative) – che il nostro paese presiederà nel 2009 insieme al G8 - istituisca e finanzi un fondo per sostenere in particolare i Cafs;
• di rivedere la legge 185/90 sull’esportazione, importazione e transito di armi a uso bellico e la legge 110/1975 in modo tale da prevedere l’esplicito divieto di vendita di armi leggere a quei paesi in cui minori di 18 anni siano coinvolti nelle ostilità come bambini soldato;

alla comunità internazionale e ai Paesi donatori:

• di incrementare in modo cospicuo i finanziamenti in istruzione di base, in linea con le promesse assunte con gli Obiettivi del Millennio, per arrivare a destinarne la metà degli aiuti in istruzione, cioè 5,2 miliardi di dollari annui, ai paesi afflitti o reduci da guerre;
• di arrivare alla definizione di un Trattato internazionale sul commercio di armi, che vieti i trasferimenti di tutti i tipi di armi, laddove esse possano essere utilizzate per commettere violazioni dei diritti umani.




Sono disponibili foto e storie di bambini in paesi in guerra

Per ulteriori informazioni:
Ufficio Stampa Save the Children Italia
tel.06.48070023-71
press@savethechildren.it;
www.savethechildren.it