Anni 2000

I programmi di salute e nutrizione

Save the Children è presente in Myanmar, Pakistan, Bangladesh, Costa D’Avorio, Nepal, Montenegro e tanti altri Paesi per garantire l’accesso a un’educazione di qualità ai bambini e assistere le madri prima, durante e dopo il parto. La siccità che colpisce il Corno d’Africa ci vede presenti con le cliniche mobili per assistere i bambini malnutriti e le donne incinte, assicurandoci che le famiglie abbiano ricevuto abbastanza cibo, mentre operiamo sull'agricoltura a lungo termine e su attività generatrici di reddito.

Nell’ottobre 2009 lanciamo la nostra più grande campagna globale Every One per dire basta alla mortalità infantile, intervenendo con semplici soluzioni salvavita in Paesi come l’Etiopia, Mozambico, India e Malawi con l’ambizione di raggiungere, entro il 2015, 50 milioni di bambini.
In Italia la campagna è accompagnata da un palloncino rosso, simbolo della vita del bambino, da trattenere e non lasciare andare via, e che diventerà un segno distintivo e un messaggio forte per la mobilitazione e la sensibilizzazione dell’opinione pubblica.

Al termine della campagna nel 2015, raggiungiamo l'obiettivo che ci eravamo prefissatati: riusciamo a raggiungere 50 milioni di bambini sotto i 5 anni con i nostri interventi di nutrizione e attiviamo la formazione di quasi 500.000 operatori sanitari.

Nelle emergenze umanitarie, che siano conflitti o disastri naturali, la nostra Organizzazione interviene tempestivamente per portare i primi aiuti essenziali, come dopo lo tsunami del 2004 che ha colpito l’Indonesia, l’India e lo Sri Lanka dove forniamo riparo, acqua pulita, cibo e medicine ad oltre 100.000 famiglie.

In questi anni assistiamo al propagarsi delle guerre in Iraq e in Afghanistan in seguito agli attentati dell’11 settembre. Solo 2001 in quest’ultimo Paese forniamo cibo, riparo, carburante, coperte, vestiti e servizi medici di base attraverso le cliniche mobili ad oltre 1,2 milioni di persone.

Migliaia di bambini nel mondo, sono, ancora oggi costretti a combattere, impiegati nel trasporto di rifornimenti, o sfruttati sessualmente. Alcuni di loro sono stati rapiti o costretti con la forza ad arruolarsi. Altri ancora lo hanno fatto sotto la pressione di coetanei o familiari, con il desiderio di proteggere la comunità di appartenenza, di vendicare la propria famiglia o di trovare un modo per sopravvivere. Il reclutamento e l’utilizzo dei bambini viola i loro diritti e causa traumi fisici, emozionali, mentali e spirituali di lungo periodo. Per questa ragione, tra settembre 2005 e febbraio 2007, Save the Children, insieme a numerosi attori internazionali, rappresentanti dei governi, individui e organizzazioni della società civile e sotto la leadership di UNICEF, ha contribuito al processo di definizione di due documenti, adottati come linee operative per favorire una reintegrazione sostenibile dei bambini associati a gruppi armati o a forze armate.

In questi anni è forte anche il nostro impegno in aiuto dei bambini nelle zone di guerra. Ecco alcuni interventi:

• nel 2001 in Afghanistan operiamo anche nei campi rifugiati del Baluchistan per garantire l’accesso all’educazione dei bambini rifugiati. L’intervento, iniziato nel 1995, ha portato all’aumento del 400% del numero di bambini iscritti nelle scuole, di cui 8.000 bambine;

• nel 2006 lanciamo la campagna Rewrite the Future (Riscriviamo il futuro) per garantire ai bambini un’educazione anche in contesti di guerra;

• nel 2007 portiamo avanti la più grande risposta umanitaria nel Darfur Occidentale distribuendo mensilmente 5.000 tonnellate di cibo a circa 400.000 persone;

• nel 2008 in Costa D’Avorio, Haiti, Liberia, Nepal e Sri Lanka riapriamo un totale di 778 scuole danneggiate dai conflitti;

• nel 2009 nel Sud Sudan avviamo un progetto di educazione per 3.500 ex bambini soldato, garantendo loro un’educazione accelerata ma di qualità, per recuperare gli anni di scuola persi.

Credits: Mustafa Saeed, Mohammed Awadh, Jonathan Hyams per conto di Save the Children