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Gaza: il blackout totale delle comunicazioni per 4 giorni ha reso quasi impossibile la distribuzione degli aiuti nella Striscia

Il quinto e più lungo blackout delle comunicazioni nella Striscia di Gaza dagli attacchi del 7 ottobre, si traduce nell’impossibilità di distribuire gli aiuti a più di un milione di persone oltre la zona di Rafah al confine tra Gaza e l’Egitto. È l’allarme lanciato oggi da Save the Children, l’Organizzazione internazionale che da oltre 100 anni lotta per salvare le bambine e i bambini e garantire loro un futuro.

Secondo le società di telecomunicazioni, il blackout è dovuto ai danni importanti alle infrastrutture. Dopo gli interventi di riparazione, le comunicazioni stanno lentamente riprendendo nel centro di Gaza e nel sud. Tuttavia, quattro giorni senza reti telefoniche funzionanti e la rete internet hanno lasciato le organizzazioni umanitarie come Save the Children incapaci di coordinare la consegna degli aiuti oltre il valico di Rafah verso Gaza o di garantire, da parte delle forze israeliane, la sicurezza necessarie per far arrivare gli aiuti e far spostare lo staff lungo la Striscia. I blackout rendono quasi impossibile coordinarsi con i partner e contattare gli operatori per aiutarli a sentirsi al sicuro, trovare assistenza immediata e servizi.

Anche l'ONU ha riferito di una ridotta capacità di far fronte alla situazione umanitaria a causa del blackout. Rafah attualmente ospita fino a 600.000 persone sfollate a causa degli attacchi aerei, delle operazioni di terra e delle direttive militari israeliane diramate dal 5 dicembre. La strada da Rafah a Khan Younis – un’area vicina che attualmente ospita quasi 100.000 persone precedentemente indirizzate lì da ordini israeliani – rimane una zona attiva per le operazioni militari israeliane.

Senza garanzie di sicurezza, i tentativi di distribuzione degli aiuti metterebbero a rischio la vita del personale umanitario. Dal 7 ottobre, infatti, più di 135 operatori umanitari sono già stati uccisi a Gaza, tra questi c’era anche Sameh Ewaida, membro dello staff di Save the Children, ucciso in un attacco aereo israeliano all'inizio di questo mese. L’ONU ha dichiarato che il primo mese di operazioni nella Striscia è stato il periodo più pericoloso di sempre per il suo staff.

“Dall’assedio del 10 ottobre, ci sono state pesanti restrizioni sulle quantità e sul tipo di aiuti a cui è stato consentito l’accesso a Gaza. Ciò non ha consentito alle organizzazioni umanitarie di garantire le condizioni necessarie per una risposta umanitaria efficace alle oltre due milioni di persone hanno disperato bisogno di aiuto nella Striscia di Gaza”, dice Jason Lee, direttore di Save the Children nei Territori palestinesi occupati.

“Il blackout delle comunicazioni limita ulteriormente queste opzioni, lasciando oltre un milione di persone completamente prive di aiuti salvavita. La nostra capacità di svolgere il nostro lavoro e di salvare vite umane viene bloccata continuamente. Abbiamo un disperato bisogno di un cessate il fuoco e di un accesso sicuro e illimitato a tutto il territorio della Striscia di Gaza per intervenire con aiuti salvavita, oltre a comunicazioni coerenti e affidabili. Senza questo, la vita di oltre un milione di bambini è in serio pericolo” conclude Lee.

Save the Children chiede alla comunità internazionale di garantire un cessate il fuoco immediato e definitivo e al governo di Israele di rimuovere gli ostacoli che hanno reso quasi impossibile una risposta umanitaria adeguata, e di consentire l’accesso umanitario illimitato a tutto il territorio e il ripristino dell’ingresso dei commerci a Gaza. La fame e la negazione dell’assistenza umanitaria non devono mai essere usate come arma di guerra.

Per informazioni:
Ufficio Stampa Save the Children

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