Salta al contenuto della pagina

Infanzia: il Niger è il Paese peggiore al mondo dove essere bambini, la Norvegia il migliore. L’Italia tra i primi dieci, meglio di Germania e Belgio. Nel mondo infanzia negata a 700 milioni di bambini, 1 su 4.

Il Niger è il Paese dove i bambini sono maggiormente minacciati ed esposti a rischi per la loro vita e il loro sviluppo, seguito da Angola, Mali, Repubblica Centrafricana e Somalia. Norvegia, Slovenia e Finlandia si rivelano invece i Paesi dove l’infanzia incontra le condizioni più favorevoli, con l’Italia che si posiziona al nono posto in classifica, meglio di Germania e Belgio (al decimo posto a pari merito con Cipro e Corea del Sud), ma dietro anche a Olanda, Svezia, Portogallo, Irlanda e Islanda. Sono i risultati del primo Indice globale sui fattori che mettono a rischio l’infanzia in 172 Paesi al mondo, contenuto nel rapporto “Infanzia rubata” presentato oggi da Save the Children in occasione della Giornata Internazionale dei bambini[1].

Nel mondo, secondo il rapporto, l’infanzia viene oggi negata a 1 bambino su 4: circa 700 milioni di minori sono privati della possibilità di vivere la loro condizione di bambini. Sono 263 milioni, 1 su 6, i minori che non vanno a scuola, mentre 168 milioni, più di tutti i bambini che vivono in Europa, sono coinvolti in varie forme di lavoro minorile, tra le quali anche lavori pericolosi o pesanti che mettono gravemente a rischio la loro incolumità fisica e psicologica. Sei milioni di bambini muoiono ogni anno per cause facilmente prevenibili, come polmonite, diarrea e malaria, prima di aver compiuto i 5 anni, mentre sono 156 milioni i bambini con meno di 5 anni colpiti da forme di malnutrizione acuta che ne compromettono seriamente la crescita. Circa 28 milioni di bambini, 1 su 80, sottolinea ancora il rapporto, sono stati costretti ad abbandonare le proprie abitazioni per fuggire da guerre e persecuzioni.

Nel solo 2015 sono stati assassinati nel mondo più di 75.000 bambini e ragazzi di meno di 20 anni di età, più di 200 al giorno. Sono 15 milioni, inoltre, le ragazze che ogni anno si sposano prima dei 18 anni, spesso con uomini molto più grandi di loro. Quattro milioni di loro si sposano prima di aver compiuto 15 anni, una ogni 7 secondi, con impatti devastanti sulla loro salute e sulle loro opportunità future. Ogni 2 secondi una ragazza con meno di 19 anni partorisce nel mondo, per un totale annuo di 17 milioni.

“È inaccettabile che nel 2017 milioni di bambini in tutto il mondo continuino ad essere privati della propria infanzia e del loro diritto di essere al sicuro, di crescere, imparare e giocare. Dobbiamo e possiamo fare di più per garantire un futuro migliore, fino all’ultimo bambino”, dichiara Valerio Neri, Direttore Generale di Save the Children, l’Organizzazione internazionale dedicata dal 1919 a salvare i bambini in pericolo e a promuovere i loro diritti.

“Anche se la maggior parte dei Paesi in cui è molto complicato essere bambini si trovano in Africa centrale e occidentale non possiamo non tener conto dei progressi e dei segnali di speranza che si sono registrati negli ultimi anni. Dal 1990, per esempio, in questa regione del continente africano le morti dei bambini sotto i cinque anni si sono dimezzate: un risultato che dimostra l’importanza di continuare a investire sulla salute e sul benessere dei minori. Nel 2015, i leader mondiali si sono impegnati a garantire a tutti i bambini, entro il 2030, il diritto alla salute, alla protezione e all’educazione, a prescindere da chi sono e dove vivono. Si tratta indubbiamente di un obiettivo molto ambizioso, ma che deve essere raggiunto e i governi dovranno impegnarsi per assicurare a tutti i bambini l’infanzia che meritano”, prosegue Valerio Neri.

“Quanto al nostro Paese – conclude Valerio Neri – la classifica ci dice che l’Italia ottiene un piazzamento generale migliore di Paesi come Germania e Belgio. In Italia, tuttavia, c’è ancora molta strada da fare per dare a tutti i bambini la possibilità di costruirsi un futuro, considerando che oltre un milione di minori vive in povertà assoluta e che quasi 1 su 3 è a rischio povertà ed esclusione sociale, una delle percentuali più alte in Europa[2]. Deprivazioni materiali che hanno ripercussioni gravissime anche sulle opportunità educative dei nostri bambini e dei nostri ragazzi, negando loro la possibilità di apprendere e coltivare le proprie passioni e le proprie aspirazioni”.

Bambini in fuga a causa di guerre e persecuzioni

Nel 2016, 1 bambino su 80, nel mondo, è stato costretto ad abbandonare la propria casa per fuggire da guerre e persecuzioni: circa 28 milioni di minori, di cui 10 milioni sono bambini rifugiati, 1 milione richiedenti asilo e 17 milioni sono sfollati interni[3]. Bambini ai quali, molto spesso, viene negato il diritto alla salute, all’educazione e alla protezione e che nella loro giovane vita non hanno conosciuto che conflitti e deprivazioni. La Siria, come emerge dalla classifica elaborata da Save the Children, è il Paese con il più alto numero di persone sfollate (più di 12 milioni di persone, che rappresentano il 65% del totale della popolazione). Tra le percentuali più alte, dopo la Siria troviamo Sud Sudan, Somalia e Repubblica Centrafricana, dove risulta sfollato circa il 20% della popolazione, mentre in Colombia, al quinto posto di questa graduatoria, si contano 7,5 milioni di persone sfollate[4].

Tagliati fuori dall’educazione

Oggi nel mondo 1 bambino su 6 è tagliato fuori dal diritto all’educazione, pari a 263 milioni di bambini in età scolare[5]. Ad essere svantaggiate sono soprattutto le bambine: circa 15 milioni di bambine non avranno infatti mai l’opportunità di imparare a leggere e scrivere nella scuola primaria, a fronte di 10 milioni di bambini[6]. Sud Sudan (67%), Eritrea (63%), Gibuti (60%) e Niger (55%) sono i Paesi con la più alta percentuale di minori in età scolare fuori dalla scuola, mentre è la Francia a conquistare il primo posto in classifica con lo 0,3%, seguita da Spagna e Regno Unito a pari merito con lo 0,7%. Più distante l’Italia dove quasi 3 bambini su 100 (2,8%) non vanno a scuola[7]. Secondo il rapporto di Save the Children, i bambini rifugiati hanno probabilità 5 volte maggiori di abbandonare la scuola rispetto ai loro coetanei non rifugiati[8]. In Libano, che ospita più di 1 milione di rifugiati siriani, di cui il 60% sono minori, oltre 225.000 bambini in età scolare non risultavano iscritti a scuola nell’anno scolastico 2015-2016[9]. Anche gli attacchi che prendono di mira le scuole hanno gravissime ripercussioni sul diritto all’educazione dei minori: in Siria si sono registrati più di 4.000 attacchi alle scuole nel corso del conflitto[10] e 1 scuola su 3 non è più utilizzabile perché gravemente danneggiata dalle bombe[11].

La piaga del lavoro minorile

Nonostante il numero di minori coinvolti nel lavoro minorile si sia ridotto di un terzo rispetto al 2000, oggi nel mondo circa 168 milioni di bambini sono ancora costretti a lavorare per sostenere se stessi e le proprie famiglie, un numero superiore al totale dei bambini che vivono in Europa. Di questi, 85 milioni fanno lavori molto pesanti e pericolosi che ne compromettono lo sviluppo fisico, psicologico e sociale, come lavorare nelle miniere, nei campi di cotone, nelle cave o nelle industrie tessili, frugare nelle discariche alla ricerca di cibo o arruolarsi nell’esercito[12]. I tassi più alti di bambini coinvolti nel lavoro minorile si trovano ancora una volta in Africa subsahariana, con il Mali (56%), il Benin (52%), la Guinea Bissau (51%) e la Somalia (49%) ai primi posti della classifica[13]. I bambini poveri, ovviamente, hanno maggiori probabilità di finire nelle maglie dello sfruttamento lavorativo rispetto ai loro coetanei benestanti: in Nepal, dove il 37% dei bambini tra i 5 e i 17 anni è impiegato soprattutto in agricoltura, la percentuale di bambini provenienti da famiglie povere che lavorano supera il 60% e di questi 9 su 10 vengono utilizzati in lavori molto pericolosi e in molti vengono anche sfruttati sessualmente[14].

L’infanzia negata alle ragazze: i matrimoni precoci…

Nel mondo, ogni 7 secondi una ragazza di età inferiore a 15 anni si sposa, spesso costretta dai propri genitori a unirsi a uomini anche molto più grandi di lei. Ogni anno sono circa 15 milioni le ragazze che si sposano prima di aver compiuto i 18 anni[15] e di queste 4 milioni non hanno ancora 15 anni[16].  Il Niger detiene il primato dei matrimoni precoci tra le ragazze, con il 60% delle giovani nigerine tra i 15 e i 19 anni sposate. Nel Paese subsahariano sono soprattutto le giovani che vivono nelle aree rurali ad essere coinvolte nel fenomeno: sono infatti già sposate 9 ragazze su 10 con meno di 18 anni che vivono nelle zone più povere del Paese rispetto a 1 su 3 nella capitale Niamey[17]. Dopo il Niger, la classifica mondiale dei matrimoni precoci vede nei primi posti Repubblica Centrafricana (55%), Bangladesh (44%) e Sud Sudan (40%)[18], ma anche l’Europa non risulta esente da questo fenomeno, con più di 1 ragazza su 10 (11%) che si sposa prima di aver compiuto i 18 anni[19]. La Norvegia presenta invece la percentuale più bassa al mondo (0,1%) di ragazze che si sposano tra i 15 e i 19 anni, mentre in Italia il valore ammonta a 1,5%[20].

…e le gravidanze precoci

Ogni 2 secondi, poi, una ragazza tra i 15 e i 19 anni mette al mondo un bambino, pari a circa 17 milioni di giovani ogni anno[21]. Nel mondo, la quasi totalità delle gravidanze precoci avviene nei Paesi in via di sviluppo (95%)[22]. I matrimoni precoci hanno impatti devastanti sulla vita delle ragazze, costrette di fatto a rinunciare alla propria infanzia e, spesso, alla possibilità di andare a scuola e di costruirsi un futuro. Le spose bambine, inoltre, rischiano fortemente di contrarre malattie sessualmente trasmissibili, di essere vittime di violenza domestica o di andare a incontro a complicazioni durante il parto.

Queste ultime costituiscono la seconda causa di morte al mondo tra le ragazze tra i 15 e i 19 anni[23]. Anche in questo caso è il Niger, dove 1 ragazza su 5 ha un bambino prima di compiere 19 anni, (20%) ad occupare il primo posto della classifica. Seguono Mali (17,4%), Angola (16,2%) e Guinea (14%). Sull’altro versante della graduatoria, il tasso più basso si registra in Corea del Nord (0,05%), con l’Italia che arriva a sfiorare quota 0,6%, un valore decisamente inferiore rispetto a Paesi come Regno Unito (1,4%) e Stati Uniti (2,1%)[24].

Morire prima dei 5 anni per cause facilmente prevenibili

Ogni giorno oltre 16.000 bambini muoiono prima di aver compiuto i cinque anni, nella maggior parte dei casi per malattie facilmente curabili e prevenibili, tra cui polmonite (15%), diarrea (9%) e malaria (5%), mentre la prima causa di morte (18%) sono i parti prematuri (o pre-termine)[25]. Dei 5,9 milioni di bambini che hanno perso la vita nel 2015, 1,5 milioni sono deceduti il giorno stesso della nascita e quasi 2 milioni durante la prima settimana[26]. I tassi più elevati di mortalità infantile tra i bambini con meno di 5 anni di età si registrano in Africa subsahariana, con l’Angola a detenere il triste primato in classifica (157 su 1.000), seguita da Ciad (139), Somalia (137) e Repubblica Centrafricana (130). Lussemburgo (1,9), Islanda (2), Finlandia (2,3) e Norvegia (2,6) presentano invece i tassi più bassi, mentre l’Italia si attesta sulla soglia di 3,5[27]. Povertà e bassi livelli di istruzione delle madri incidono fortemente sul tasso di mortalità infantile. In Indonesia, Filippine e Senegal, per esempio, i bambini più poveri hanno probabilità 3 volte maggiori di morire prima di aver compiuto il quinto anno rispetto ai bambini più abbienti[28]. In Nigeria, i bambini nati da mamme non istruite hanno probabilità 3 volte maggiori rispetto ai figli di donne che hanno livelli di istruzione oltre la scuola secondaria[29].  


Nonostante la percentuale di bambini sotto i 5 anni con gravi problemi di crescita si sia drasticamente ridotta dal 1990 (passando dal 40% al 23% nel 2015), oggi, nel mondo, 1 bambino su 4 (156 milioni) è ancora affetto da forme acute di malnutrizione che ne compromettono lo sviluppo fisico e mentale[30]. Burundi (57%), Eritrea (50%) e Timor Est (50%) si trovano ai primi posti della classifica di Save the Children dei Paesi che registrano le più alte percentuali di bambini con meno di 5 anni in questa condizione, mentre è l’India a registrare il valore assoluto più alto (oltre 48 milioni di bambini, che rappresentano il 39% dell’universo di riferimento)[31].

Esposti alla violenza: più di 200 ragazzi assassinati ogni giorno

In Sudamerica e nei Caraibi si trovano infine i 10 Paesi con il più alto tasso al mondo di omicidi tra i bambini e i ragazzi, in conseguenza dell’escalation delle attività delle bande criminali. Dal rapporto emerge che più di 75.000 minori di 19 anni sono stati assassinati in tutto il mondo nel solo 2015, pari a più di 200 ogni giorno[32], con Honduras, Venezuela e El Salvador in cima a questa triste graduatoria (con tassi rispettivamente del 33, 27 e 22 su una popolazione di riferimento di 100 mila ragazze e ragazzi)[33]. All’interno delle comunità dove le bande criminali sono particolarmente attive, si registra inoltre il fenomeno dei bambini e dei ragazzi che non vanno più a scuola per timore delle bande. Nel 2015, a El Salvador circa 40.000 bambini hanno abbandonato gli studi perché preoccupati della propria sicurezza[34].

Qui è possibile scaricare il rapporto “Infanzia rubata”

Per ulteriori informazioni:
Tel 06-48070023/63/81/82
ufficiostampa@savethechildren.org
 

[1] L’indice “The End of Childhood” analizza le cause che portano alla negazione dell’infanzia in 172 Paesi al mondo. Si basa su 8 indicatori: mortalità infantile sotto i 5 anni; malnutrizione che provoca gravi problemi nella crescita; bambini tagliati fuori dall’educazione; lavoro minorile; matrimoni precoci; gravidanze in adolescenza; fuga da guerre e persecuzioni; omicidi di minori.

[2] Anno 2014. Fonte: Eurostat

[3] UNICEF. Uprooted: The Growing Crisis for Refugees and Migrant Children (2016)

[4] UNHCR. Mid-Year Trends 2016

[5] UNESCO. Leaving No One Behind: How Far on the Way to Universal Primary and Secondary Education? Policy paper 27 (July 2016)

[6] Ibidem

[7] Bambini in età scolare non iscritti a scuola primaria, secondaria o a livelli più alti di istruzione. Fonte UNESCO’s UIS.Stat. Anni di riferimento 2011-2016. I dati si riferiscono all’anno più recente disponibile durante il periodo di riferimento.

[8] UNHCR. Missing Out Refugee Education in Crisis (2016)

[9] Inter-Agency Coordination Lebanon. Education Jan-May 2016

[10] UNICEF. Children in war-torn Syria risk their lives to go to school, news note 21 October 2016

[11] OCHA. 2017 Humanitarian Needs Overview – Syrian Arab Republic (2016)

[12] International Labour Organization, International Programme on the Elimination of Child Labour. Making Progress Against Child Labour – Global Estimates and Trends 2000-2012 (2013)

[13] Bambini 5-14 anni. Fonte: UNICEF. Anni di riferimento 2011-2016. I dati si riferiscono all’anno più recente disponibile durante il periodo di riferimento.

[14] Central Bureau of Statistics and UNICEF Nepal. Nepal Multiple Indicator Cluster Survey 2014, Final Report (2015)

[15] UNICEF. Ending Child Marriage: Progress and Prospects (2014)

[16] Ibidem e SDG Indicators Global Database

[17] Save the Children, Groups-based Inequality Database

[18] Fonte: UNDESA. World Marriage Data 2015. Anni di riferimento 2011-2016. I dati si riferiscono all’anno più recente disponibile durante il periodo di riferimento.

[19] Dati UNICEF e basati su DHS, MICS e altre indagini rappresentative a livello nazionale, 2008-2014. Per Europa si intendo i Paesi dell’Europa centrale e orientale e i Commonwealth degli Stati indipoendenti

[20] Fonte: UNDESA. World Marriage Data 2015. Anni di riferimento 2011-2016. I dati si riferiscono all’anno più recente disponibile durante il periodo di riferimento.

[21] WHO. Adolescent Pregnancy Fact Sheet (September 2014)

[22] UNFPA. State of World Population 2013: Motherhood in Childhood: Facing the Challenge of Adolescent Pregnancy

[23] WHO. Health for the World’s Adolescent: A Second Chance in the Second Decade (2014)

[24] World Development Indicators, World Bank. Anno di riferimento 2015

[25] Stime WHO-WCEE sulle cause di morte dei bambini (2015)

[26] United Nations Inter-agency for Child Mortality Estimation. Levels and Trends in Child Mortality Report 2015

[27] Ibidem

[28] ICF International 2015. The DHS Program Stat compiler. Funded by USAID (March 25, 2017)

[29] National Population Commission (Nigeria) and ICF International 2014. Nigeria Demographic and Health Survey 2013.

[30] UNICEF/WHO/World Bank Joint Child Malnutrition Estimates, 2016

[31] Fonte: UNICEF, WHO, World Bank. Anni di riferimento 2011-2016. I dati si riferiscono all’anno più recente disponibile durante il periodo di riferimento.

[32] WHO, Global Health Estimates 2015: Death by Cause, Age, Sex, by Country and Region, 2000-2015

[33] Fonte: WHO, UNDESA. Anno di riferimento 2015

[34] Madaleine Schwartz, NYR Daily, January 27, 2017