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Reddito d’inclusione: 700.000 i minori potenziali beneficiari. Indispensabile rafforzare il welfare per consentire alle famiglie con bambini in condizioni di povertà di raggiungere l’autonomia

“Sono 700.000 i possibili minori beneficiari del reddito d’inclusione, su un totale di 1.8 milioni di potenziali destinatari [1]. Si tratta di bambini spesso colpiti da deprivazioni che riguardano aspetti essenziali della loro vita come la salute, la nutrizione, l’educazione e il cui futuro, per questo, rischia di essere compromesso. Affinché la strategia di contrasto alla povertà minorile sia efficace, è necessario che al reddito d’inclusione, il quale rappresenta un positivo passo avanti, siano affiancate adeguate misure rivolte in modo mirato ai bambini e ai ragazzi in condizioni di svantaggio” ha dichiarato Raffaela Milano, Direttrice dei programmi Italia Europa di Save the Children, l’Organizzazione internazionale, dedicata dal 1919 a salvare i bambini in pericolo e a promuoverne i loro diritti, a proposito del reddito di inclusione (REI) che da oggi può essere richiesto dalle famiglie in condizione di disagio economico residenti in Italia.

La povertà minorile rappresenta in Italia una vera emergenza. In dieci anni le famiglie in condizione di povertà assoluta con minori sono quintuplicate, passando dal 2% del 2006 al 10% del 2016: attualmente sono 669.000 i nuclei in tale situazione di disagio, per un totale di 1.292.000 bambini (il 36% dei quali ha meno di 6 anni), che rappresentano il 12,5% della popolazione sotto i 18 anni nel paese; il numero di minori in povertà assoluta ha registrato, in un solo anno (dal 2015 al 2016), un incremento del 14% [2]. Il nuovo sussidio nazionale entrerà in vigore dal primo gennaio 2018, sostituendo il sostegno per l’inclusione attiva (SIA): nella fase di prima applicazione, fino al 30 giugno [3], ne beneficeranno potenzialmente circa 500.000 nuclei familiari, di cui 420.000 con minori; da luglio, quando il sussidio diventerà universale (vengono meno i requisiti familiari e sussistono soLo quelli economici), i nuclei saliranno a 700.000 [4].

"È importante che gradualmente la misura di sostegno arrivi a tutti i minori in povertà assoluta e che nella definizione del progetto personalizzato per il raggiungimento dell’autonomia non siano coinvolti i soli membri adulti del nucleo familiare, ma anche i bambini e gli adolescenti: è un passaggio indispensabile per individuare i loro bisogni e renderli protagonisti attivi, al pari del resto della famiglia, di questo percorso. Come rilevato dall’Alleanza contro la povertà, alla quale Save the Children aderisce, l’esperienza del SIA ha evidenziato una scarsa presenza di processi di ascolto e partecipazione dei minori [5]. Una possibilità che è prevista, oggi, dalla legge sul contrasto della povertà e che vorremmo fosse applicata in modo sistematico: solo quando l’ascolto e la partecipazione dei bambini rappresenteranno la prassi, e non l’eccezione, sarà data la necessaria centralità alle loro esigenze e aspettative” prosegue Raffaela Milano.

“Anche un rafforzamento del sistema di welfare è indispensabile. Attualmente è previsto che i servizi sociali territoriali siano ampliati con una quota non inferiore al 15% del Fondo povertà e che 600 operatori siano selezionati per dedicarsi in modo esclusivo ai beneficiari REI all’interno dei centri per l’impiego. Interventi di questo tipo sono imprescindibili e urgenti. Per fornire ai nuclei familiari con minori gli strumenti dei quali hanno bisogno per raggiungere una effettiva autonomia, occorre potenziare i servizi sociali territoriali [6] e i servizi dedicati, in particolare, alla prima infanzia, gravemente carenti proprio nelle regioni dove si concentra la povertà minorile”.

È fondamentale, dunque, che l’attivazione del REI rappresenti il primo passo per un piano organico di contrasto alla povertà minorile, fondato sul sostegno alle famiglie e sul rafforzamento delle reti territoriali sia sociali che educative.

Per ulteriori informazioni:

Ufficio Stampa Save the Children

Tel 06-48070023/63/81/82

ufficiostampa@savethechildren.org

www.savethechildren.it

[1] Platee potenziali di beneficiari calcolate sulla base di coloro che hanno presentato l’ISEE nel 2016. Fonte: ministero del Lavoro e delle Politiche sociali.

[2] Fonte: Istat, dati riferiti al 2016. I dati relativi alla povertà minorile in Italia sono raccolti nell'VIII Atlante dell'infanzia a rischio - Lettera alla scuola di Save the Children.

[3] Dal 1° gennaio 2018 al 30 giugno 2018, nella cosiddetta fase di prima applicazione, potranno beneficiare del REI: i nuclei con almeno un figlio minorenne o con un figlio con disabilità (anche se maggiorenne), con una donna in stato di gravidanza, con una persona di 55 anni o più in condizione di disoccupazione.

[4] Platee potenziali di beneficiari calcolate sulla base di coloro che hanno presentato l’ISEE nel 2016. Fonte: ministero del Lavoro e delle Politiche sociali.

[5] Dagli esiti della prima fase di attuazione del SIA sono emersi, inoltre: offerta debole di servizi di cura per i bambini 0-3 anni e per i giovani; scarsa integrazione con altre misure rivolte a giovani e debole offerta (FP, Garanzia Giovani, SCN ecc.); scarsa attenzione a rischio NEET (16-18 anni). Fonte: Alleanza contro la povertà, Rapporto di valutazione: dal SIA al REI.Fonte: Alleanza contro la povertà, Rapporto di valutazione: dal SIA al REI http://www.redditoinclusione.it/wp-content/uploads/2017/11/SlideValutazi...

[6] La carenza di risorse, anche umane, ha contribuito ad alimentare alcune criticità riscontrate nell’applicazione del sostegno per l’inclusione attiva. Sarebbe in parte imputabile a questa ragione, per esempio, la presa in carico dei beneficiari da parte dei centri per l’impiego e non dai servizi sociali e il conseguente mancato sviluppo di progetti realmente personalizzati e efficaci, soprattutto nel Sud. Al Sud il 47% degli ATS dichiara che ‘spesso o frequentemente’ i servizi non riescono a soddisfare l’esigenza di un progetto personalizzato a causa della carenza di risorse; al Centro Nord lo dichiara il 24%. Nel Sud il 20,6% degli ATS (contro il 5,1% nel Nord) afferma che la maggior parte dei nuclei beneficiari del SIA (da 51 a 100%) viene presa in carico dai servizi per l’impiego e non dai servizi sociali (tra le motivazioni: maggiori problemi di disoccupazione e/o sovraccarico dei servizi sociali con delega ai CPI). Fonte: Alleanza contro la povertà, Rapporto di valutazione: dal SIA al REI.