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Le nazioni ricche non stanno facendo abbastanza per assicurare istruzione a 37 milioni di bambini in paesi guerra

Per 1 anno di scuola elementare di un bambino, un paese industrializzato – Italia compresa - spende 500 volte di più rispetto a quanto si spende per l’istruzione di un bambino in un paese afflitto o reduce da guerre.

Il Lussemburgo per esempio sborsa 12.000 dollari per garantire 1 anno di istruzione a ogni bambino lussemburghese. La Svezia quasi 10.000. L’Italia 6.796. Per contro ammonta a 17 dollari annui la spesa pro-capite per istruzione primaria in Burundi: il costo di uno zainetto e di qualche quaderno, o di un tamagotchi, per i nostri bambini.

Se permarranno queste disparità e i governi avanzati non faranno ulteriori sforzi, incrementando sensibilmente gli aiuti in educazione verso i paesi che ne hanno maggior bisogno – cioè nazioni in conflitto o reduci da guerre - 37 milioni di bambini rimarranno esclusi dall’istruzione. L’Italia, in particolare, è tra i paesi meno generosi e si colloca al terzultimo posto nella graduatoria degli aiuti governativi all’educazione primaria.

E’ quanto emerge dal Rapporto 2008 “Scuola, ultima della lista”, diffuso oggi da Save the Children nell’ambito della Campagna internazionale “Riscriviamo il Futuro” che ha per obiettivo assicurare educazione di qualità a 8 milioni di minori in 20 nazioni in guerra o post conflitto (si veda nota in calce).

“L’istruzione è uno degli investimenti principali che un paese può fare perché la possibilità per un bambino di andare a scuola e ricevere un’educazione di buon livello, oltre ad essere un diritto fondamentale, è la garanzia di un futuro migliore”, commenta Valerio Neri, Direttore Generale di Save the Children Italia. “Tuttavia mentre nelle nazioni cosiddette ricche l’istruzione è adeguatamente finanziata, lo stesso non può dirsi per molti paesi in via di sviluppo, in particolare per quelle nazioni reduci o affllitte da guerre (Conflict Affected Fragile States-CAFS) in cui la scuola può rappresentare l’unico luogo protetto e l’unica prospettiva positiva per migliaia di bambini”.

Si stima che nel mondo siano 72 milioni i minori che non hanno accesso all’istruzione di base . Di essi 37 milioni vivono in paesi in conflitto o reduci da guerre .
“Benché in queste nazioni si concentri il più alto numero di bambini esclusi dall’istruzione”, prosegue Valerio Neri, “i paesi CAFS sono quelli a cui va la quota minore degli aiuti dei donatori internazionali per l’istruzione. Se vogliamo che entro il 2015 si persegua l’obiettivo del millennio dell’istruzione primaria universale per tutti i bambini ”, continua il Direttore Generale di Save the Children Italia, “le nazioni avanzate e più ricche, compresa l’Italia, debbono aumentare sensibilmente i finanziamenti per l’educazione, destinandone una quota rilevante alle nazioni in conflitto”.

Nonostante infatti le dichiarazioni di impegno, il Rapporto 2008 “Scuola, ultima della lista” rileva come 19 su 22 governi donatori non hanno destinato all’educazione nei paesi in via di sviluppo la porzione di finanziamenti necessari, ovvero la “quota equa” , per raggiungere l’obiettivo dell’educazione universale entro il 2015: al terzultimo posto della classifica è l’Italia, seguita solo da Austria e Grecia.

Nel 2006 i paesi donatori hanno assunto impegni in aiuti all’educazione primaria per quasi 5 miliardi di dollari, per poi erogarne circa 2.700. Uno stanziamento ben al di sotto dei 9 miliardi di dollari, la cifra stimata come necessaria, ogni anno, per raggiungere l’obiettivo dell’educazione per tutti i bambini entro il 2015. Di tale cifra, in vista dell’obiettivo dell’istruzione primaria universale, almeno la metà - pari a 5,2 miliardi di dollari e cioè a 44,62 dollari per ogni bambino - dovrebbe essere indirizzata ai paesi in conflitto.

Nella realtà invece, documenta il rapporto di Save the Children, la quota finora destinata agli stati fragili a causa delle guerre è stata troppo bassa rispetto al numero di bambini che non va a scuola: sul totale degli stanziamenti per l’educazione, meno di 1/4 – pari al 23% - è andato alle nazioni e ai bambini vittime di conflitti.

“E’ paradossale che un paese come il Lussemburgo che destina in assoluto la cifra più alta – 12.000 dollari - per 1 anno di scuola di un bambino lussemburghese”, commenta ancora Valerio Neri, “poi dà 0,01 dollari per l’istruzione di un bambino di un paese in guerra. Sono disparità troppo eclatanti che vanno colmate”.

Per quanto riguarda l’Italia, il nostro paese risulta al terzultimo posto della lista dei paesi donatori di aiuti all’istruzione primaria : data infatti la cifra di 9 miliardi di dollari necessaria a garantire educazione per tutti i bambini entro il 2015, l’Italia risulta tra le nazioni che hanno contribuito meno, per appena il 7% di quota “equa”. All’interno dei fondi per l’educazione primaria, una parte significativa – circa il 34% - è stata allocata ai paesi in guerra, il 30% ai paesi a medio reddito, il 12% a quelli a basso reddito.

“Sicuramente è un dato positivo il fatto che, a differenza di altre nazioni, l’Italia abbia riservato una quota parte più consistente ai paesi in conflitto”, commenta ancora Valerio Neri.”. Tuttavia restano insufficienti le risorse che l’Italia destina all’aiuto allo sviluppo e finché non verranno incrementate, il nostro contributo all’educazione nei paesi in guerra resterà minimo, cioè dell’ordine di 0,03 dollari per un anno di scuola di un bambino”.

Il rapporto di Save the Children analizza quindi altri flussi di aiuto verso i paesi in conflitto sottolineando come, all’interno di essi, l’educazione resti una bassa priorità per i donatori istituzionali. Considerando infatti gli stanziamenti dell’Aiuto Pubblico allo Sviluppo (APS) dei governi nazionali, solo il 5% della quota inviata ai paesi in guerra viene destinata all’educazione.

Il rapporto 2008 “Scuola, ultima della lista”, esamina infine la distribuzione dei flussi di aiuto dei paesi donatori verso i paesi in guerra, in situazioni di emergenza e rileva, ancora una volta, come l’educazione sia il settore meno considerato e finanziato. Fra il 2004 e il 2006, il 13% dell’ aiuto pubblico allo sviluppo dei paesi donatori è stato devoluto ai paesi in guerra. Tuttavia solo una minima porzione di tali aiuti – pari all’1,7% - è andata al settore dell’educazione in contesti di emergenza.

“L’istruzione, e in particolare il sostegno all’educazione nelle nazioni in conflitto ancora non rappresenta una alta priorità per i paesi donatori”, commenta ancora Valerio Neri. “La strada tuttavia è stata imboccata e bisogna riconoscere che alcuni sforzi sono stati compiuti, seppure ancora insufficienti a garantire il raggiungimento dell’obiettivo dell’istruzione primaria universale per tutti i bambini entro il 2015. In questa prospettiva, il 2008 si profila come l’anno chiave, in cui tutte le promesse e gli impegni debbono tradursi in realtà: i governi donatori dovranno cioè destinare adeguati finanziamenti a sostegno dell’istruzione primaria universale e il 50% di questi fondi dovrà andare ai bambini nei paesi in guerra”.


Save the Children raccomanda al Governo italiano di:

• incrementare l’aiuto pubblico allo sviluppo fino allo 0,7% del Pil entro il 2015
• rendere disponibili i dati sull’aiuto pubblico allo sviluppo all’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico-Comitato per l’aiuto allo Sviluppo
• incrementare significativamente gli aiuti all’educazione primaria al fine di raggiungere la quota equa necessaria a raggiungere l’obiettivo dell’istruzione primaria universale
• includere l’istruzione negli interventi umanitari di emergenza
• garantire che l’ EFA-FTI (Education for All-Fast Track Initiative) – che l’Italia presiederà nel 2009 insieme al G8 - istituisca e finanzi un fondo per sostenere in particolare i CAFS.

Ai paesi donatori raccomanda di:

1) Aumentare gli aiuti previsti nel lungo termine per l’istruzione nei Paesi fragili colpiti da conflitti
• garantire finanziamenti equi per l’istruzione di base, dei quali almeno il 50% sia destinato ai CAFS
• stabilire la priorità dell’istruzione nei CAFS, e assicurare che almeno il 13% dell’aiuto pubblico allo sviluppo ai CAFS sia destinato all’educazione in questi Paesi (in linea con i livelli di sostegno dati all’educazione nei paesi a basso reddito)
• adottare un approccio flessibile e duplice nel sostegno dell’istruzione nei CAFS, promuovendo sia la costruzione e riabilitazione sul lungo periodo del un sistema scolastico, sia dando la possibilità ai bambini di andare subito a scuola
• Aumentare le risorse destinate all’educazione nelle crisi umanitarie fino ad un minimo del 4,2% dell’assistenza umanitaria, in linea con le esigenze dell’istruzione
• Impegnarsi a sostenere il Global Education Cluster e garantire che esso sia adeguatamente finanziato

La versione integrale del Rapporto 2008 “Scuola, ultima della lista” è scaricabile all’indirizzo: www.savethechildren.it/pubblicazioni

Per interviste, immagini, foto e case-study di bambini in paesi in guerra:
Ufficio Stampa – Save the Children Italia
06.48070023-71 press@savethechildren.it


Nota: “Riscriviamo il Futuro”
E’ la Campagna Internazionale di Save the Children lanciata dall’organizzazione internazionale il 12 settembre 2006 in contemporanea in 40 paesi del mondo, con l’obiettivo di fornire educazione di qualità a 8 milioni di bambini in oltre 20 paesi in guerra o post-conflitto entro il 2010. Finora sono circa 4 milioni i bambini e le bambine che hanno ricevuto un’istruzione di qualità grazie a Save the Children.