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Stop alle armi, stop alla guerra in Yemen

Mercoledì 28 novembre 2018 alle ore 12.00 al Senato della Repubblica (sala “Caduti di Nassirya”) rappresentanti di organizzazioni della società civile italiana che lavorano sul tema della pace, del disarmo, dei diritti umani, dell’azione umanitaria e della cooperazione internazionale hanno lanciato un forte appello affinché venga fermato al più presto il conflitto in corso in Yemen, illustrando a Parlamentari e giornalisti le loro proposte.

“Stop alla guerra sui bambini” è la nuova campagna globale, lanciata a febbraio 2019, per dire basta alle sofferenze che milioni di bambini sono costretti a subire nei paesi in guerra.

Gli ultimi aggiornamenti sulla situazione dei bambini in Yemen.


Dopo oltre 3 anni dall’inizio del Conflitto in Yemen sono sempre di più i civili colpiti dagli effetti devastanti della guerra. Una guerra che ha portato la morte a quasi 85.000 bambini sotto i 5 anni e lasciato oltre l’80% della popolazione civile dipendente dagli aiuti umanitari. Una guerra condotta anche con ordigni di produzione italiana. In questa occasione di dialogo pubblico e incontro con la stampa e i parlamentari, Amnesty International Italia, Fondazione Finanza Etica, Movimento dei Focolari, Oxfam Italia, Rete della Pace, Rete Italiana per il Disarmo e Save the Children Italia hanno presentato una serie di punti che potrebbero essere oggetto di un’auspicata mozione parlamentare. Le organizzazioni firmatarie di questa nota, con il sostegno di Medici Senza Frontiere presente alla conferenza con una testimonianza diretta dal campo, fanno appello alle convinzioni profonde di ciascun eletto ed eletta in Parlamento affinché prenda rapidamente una posizione netta ed esplicita per sollecitare il Governo italiano, in linea con le Risoluzioni del Parlamento Europeo, a:

- attivare e promuovere iniziative concrete per la risoluzione diplomatica e multilaterale del conflitto in corso in Yemen. Occorre dunque che la comunità internazionale si impegni quanto prima, per un nuovo ciclo di negoziati di pace sotto l'egida delle Nazioni Unite. Auspichiamo azioni di rilievo e di vero protagonismo da parte del nostro Paese.

- aumentare il budget destinato a questa crisi rispetto agli anni scorsi e finanziare adeguatamente il Fondo di intervento per gli aiuti umanitari, in soccorso alla popolazione civile yemenita martoriata da una catastrofe umanitaria di vaste proporzioni;

- imporre (in linea con le risoluzioni del Parlamento europeo del 4 ottobre e 25 ottobre 2018 e nel rispetto della normativa nazionale (legge 185/90), del Trattato internazionale sul commercio di armamenti e della Posizione Comune dell’Unione europea sull’export di armamenti) un embargo immediato sulle armi e la sospensione delle attuali licenze di esportazione di armi a tutte le parti nel conflitto dello Yemen, in quanto è presente un chiaro rischio di gravi violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario (come testimoniano numerosi episodi di questi ultimi mesi). L’embargo dovrebbe riguardare anche tutti i tipi di armamento presenti nell’elenco comune delle attrezzature militari e delle tecnologie di uso duale dell'Unione europea al fine di garantire che nessun arma, munizione, equipaggiamento militare o tecnologia, o supporto logistico e finanziario per tali trasferimenti sia oggetto di forniture dirette o indirette alle parti in conflitto nello Yemen né possa essere di sostegno alle loro operazioni militari nello Yemen;

- attivare e finanziare il fondo per la riconversione dell’industria militare previsto nella stessa legge 185/90 anche sulla base di una discussione pubblica sull'impatto del complesso militare-industriale italiano sulla instabilità geopolitica (in particolare in Medio Oriente) e nella definizione della politica estera e di sicurezza dell'Italia;

- intraprendere iniziative verso le parti in conflitto (in particolare chi utilizza maggiormente lo strumento dei bombardamenti aerei cioè la Coalizione guidata dall’Arabia Saudita e di cui fanno parte anche altri Paesi destinatari dei sistemi d’arma italiani, come gli Emirati Arabi Uniti) affinché siano rigorosamente rispettati i divieti di bombardamento di ospedali, scuole, strutture di cura ricordando che gli ospedali e il personale medico sono esplicitamente tutelati da trattati e convenzioni dal diritto umanitario internazionale, che un attacco deliberato contro i civili e le infrastrutture civili costituisce un crimine di guerra e che gli attacchi alle scuole sono condannati dalla Safe Schools Declaration, di cui l’Italia è tra i primi firmatari. Tutte le parti in conflitto dovrebbero inoltre evitare l’utilizzo di ordigni esplosivi in aree popolate al fine di proteggere i civili nella massima misura possibile.

- condannare l’uso di munizioni a grappolo nel conflitto in Yemen e fare pressioni affinché anche l’Arabia Saudita ratifichi il Trattato internazionale sulle munizioni a grappolo e distrugga quelle che ancora possiede;

- sollecitare l’istituzione di una indagine internazionale indipendente per esaminare le possibili violazioni del diritto umanitario internazionale da parte di tutte le parti in conflitto, al fine di assicurare la giustizia, le responsabilità e il risarcimento per le vittime.

Negli oltre tre anni di conflitto armato numerose sono state le segnalazioni riguardanti violazioni di diritti umani e crimini di guerra, come confermato anche nel rapporto recentemente pubblicato dal Panel of Eminent Expert delle Nazioni Unite.

Tali specifiche proposte saranno il contenuto di una lettera che le suddette organizzazioni della società civile invieranno nei prossimi giorni a Deputati e Senatori componenti delle Commissioni Difesa ed Affari Esteri, oltre che ai Capigruppo di entrambi i rami del Parlamento.

Nella formulazione di questa proposta concreta le organizzazioni promotrici di questa iniziativa, confidando nel senso di umanità e di responsabilità di ciascun parlamentare, chiedono di dare piena attuazione all’articolo 11 della nostra Costituzione: “L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa della libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”.

Amnesty International Italia - Fondazione Finanza Etica – Movimento dei Focolari Italia – Oxfam Italia - Rete della Pace - Rete Italiana per il Disarmo - Save the Children Italia.

Dichiarazioni rilasciate durante la conferenza stampa dagli esponenti delle organizzazioni presenti:

“I governi dei Paesi che hanno recentemente deciso di sospendere l’invio di armamenti ad Arabia Saudita e alleati hanno esplicitamente citato la situazione umanitaria e di violazione dei diritti umani nel confitto in Yemen. L’Italia dovrebbe fare altrettanto ed inoltre il Governo dovrebbe farsi promotore a livello internazionale di una Commissione indipendente che possa valutare le violazioni dei diritti umani commesse da tutte le parti in conflitto” Riccardo Noury (Amnesty International Italia) “Il contesto umanitario è gravissimo in Yemen: su 29 milioni di persone 22 hanno bisogno di assistenza umanitaria. E’ come se in Italia 45 milioni di persone avessero bisogno di aiuto per sopravvivere. Quasi 17 milioni di individui non hanno accesso ad acqua o a sistemi igienici di base. Con questa iniziativa congiunta chiediamo sicuramente una soluzione politica del conflitto, ma serve pure una risposta finanziaria per gli aiuti umanitari: l’attuale piano di intervento raggiungerebbe solo 12 milioni di persone ed è pure sottofinanziato solo al 78%”.
Paolo Pezzati (Oxfam Italia)

“Come organizzazione siamo presenti dal1963 in Yemen e da 4 anni vediamo gli effetti devastanti di questa guerra sui bambini, che sono le vittime più vulnerabili e subiscono conseguenze fisiche e mentali così fortemente che serviranno decenni per superare questi traumi. Sono circa 85.000 i bambini sotto i cinque anni morti per fame o malattie gravi dall’inizio dell’escalation del conflitto in Yemen. 400.000 bambini soffrono di malnutrizione acuta, la forma più letale di fame estrema. Gli ospedali e le scuole in qualunque conflitto dovrebbero essere protetti come luogo sicuro per i bambini, ma in Yemen sono sempre più spesso obiettivi di attacchi diretti. Oltre 1.800 scuole sono state danneggiate o distrutte da attacchi aerei e combattimenti, oppure usate a scopo militare”.
Maria Egizia Petroccione (Save the Children Italia)

“Ancora una volta stiamo ripetendo i dati aggiornati della catastrofe yemenita, in una sorta di catalogo degli orrori che non ha fine. La società civile è mobilitata fin dall’inizio del problema e continua ad agire a livello nazionale ed internazionale, ma non vediamo risposte concrete dalla politica. E arrivato il momento della discontinuità: di parole se ne sono sentite molte ora vogliamo i fatti e agiremo con la giusta pressione dal basso sulle istituzioni per ottenere una risposta”.
Nicoletta Dentico (Fondazione Finanza Etica e Rete Disarmo)

“Oggi nel mondo un terzo di tutte le esportazioni militari va verso il Medio Oriente, con volumi in crescita vertiginosa negli ultimi anni. E’ significativo anche il ruolo dell’Italia che negli ultimi 6/7 anni ha venduto 1,5 miliardi in sistemi d’arma in quell’area (nell’ultimo biennio il 50% delle nostre esportazioni va verso il Medio Oriente e il Nord Africa). Eppure la nostra legge è chiara e l’adesione dell’Italia al Trattato ATT e alla Posizione Comune Europea dovrebbero impedire di alimentare con nostre armi i focolai di guerra più gravi nel mondo”.
Maurizio Simoncelli (Archivio Disarmo e Rete della Pace)

“Siamo oggi in Senato a ribadire quanto fattone 2017 alla Camera, che purtroppo ha poi portato a mozioni non approvate. Cambierà qualcosa con il nuovo Parlamento? Vogliamo ricordare che c’è una iniziativa di mobilitazione diffusa nei territori - come testimoniato anche dalla recente mozione al Comune di Assisi - che ci impegniamo a portare avanti: citiamo la Costituzione ma cerchiamo anche di metterla in pratica. Chiediamo risposte soprattutto per una economia che deve disarmarsi con un lavoro degno: la riconversione dell’industria militare porterebbe maggiore occupazione e maggiore innovazione tecnologica.”
Carlo Cefaloni (Movimento dei Focolari)

“In Yemen la guerra non è fatta solo da soldati che si sparano: il 50% delle strutture sanitarie sono chiuse o distrutte, in violazione di tutte le Convenzioni internazionali. Così aumentano i bisogni ma diminuiscono le possibili risposte e la popolazione civile non può ricevere l’aiuto di cui ha bisogno anche per un collasso economico devastante. C’è voluta l’immagine di una bambina poi morta per denutrizione e l’uccisione di un giornalista a ricordarci che non possiamo più essere complici di tali sofferenze di civili, famiglie, soggetti deboli”.
Roberto Scaini (Medici Senza Frontiere)

“Noi siamo parte della società civile in Sardegna, dove si producono le bombe usate nel conflitto in Yemen e sul cui territorio passano migliaia di tonnellate di esplosivo che si trasformano in ordigni (circa la metà finisce poi in Medio Oriente). Una situazione che contribuisce a determinare la situazione devastante in Yemen a causa anche di un ricatto occupazionale che si può realizzare grazie all’assenza di decisione politica a tutti i livelli. Vi sembra possibile che lo stesso funzionario che certifica una canna fumaria in una abitazione sia lasciato da solo a firmare il documento che permette la triplicazione della fabbrica che produce le armi usate in Yemen? Vogliamo risposte e non possiamo più essere indifferenti e silenziosi”.
Arnaldo Scarpa (Comitato Riconversione RWM)

Per ulteriori informazioni:

Ufficio Stampa Save the Children
Tel 06-48070023/63/81/82
ufficiostampa@savethechildren.org
www.savethechildren.it