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Yemen: Quasi due terzi dei programmi dell’Organizzazione rimangono sospesi nel Paese a seguito della morte di un membro dello staff dopo 45 giorni di detenzione

Quasi due terzi dei programmi di Save the Children nello Yemen rimarranno sospesi questa settimana dopo che l’Organizzazione ha chiesto un’indagine indipendente immediata sulla morte di un membro del suo staff dopo 45 giorni di detenzione.

L’Organizzazione internazionale che da oltre 100 anni lotta per salvare i bambini e le bambine a rischio e garantire loro un futuro, infatti, la settimana scorsa ha sospeso i suoi programmi nella parte settentrionale del paese in seguito alla morte del direttore della sicurezza Hisham Al-Hakimi, 44 anni, padre di quattro figli, che era in carcere dal 9 settembre. Non è stata fornita alcuna ragione chiara per la sua detenzione. La sua morte è stata segnalata il 24 ottobre e il suo funerale si è svolto domenica 29 ottobre.

“Questo è un evento drammatico che avrà ripercussioni sulla famiglia del nostro collega, sui suoi colleghi e sul nostro lavoro nello Yemen. È fondamentale che venga condotta il prima possibile un’indagine sulla sua morte” ha dichiarato Inger Ashing, Direttrice di Save the Children International.

“La sicurezza e l’incolumità del nostro personale sono la nostra prima priorità. In risposta a questo incidente, abbiamo preso la difficile decisione di sospendere temporaneamente le nostre operazioni nella parte settentrionale del Paese. Allo stesso tempo, stiamo conducendo una valutazione approfondita della situazione e delle implicazioni sulla sicurezza per il nostro personale e i nostri partner” ha concluso Inger Ashing.

L’anno scorso Save the Children ha raggiunto 1,8 milioni di persone nello Yemen, tra cui 1,1 milioni di bambini. I programmi sospesi rappresentano oltre il 65% delle operazioni dell’Organizzazione nel Paese.

Hisham è stato arrestato il 9 settembre mentre non era in servizio. Nonostante i ripetuti tentativi della sua famiglia, dei legali e dello staff di Save the Children, nessuno è riuscito a vederlo o a parlare con lui per l’intero periodo della sua detenzione. Le autorità non hanno presentato accuse, avviato procedimenti legali, né hanno fornito motivazioni per la sua detenzione.

Hisham, che aveva due gemelli di otto anni e due figlie adolescenti, era un membro dedicato alla famiglia di Save the Children dal 2006. L’impegno di Hisham nella missione dell’Organizzazione nello Yemen sarà ricordato per sempre. Save the Children esprime le sue più sentite condoglianze alla famiglia, agli amici e ai colleghi in lutto.

Il coordinatore umanitario delle Nazioni Unite in Yemen, David Gressly, ha invitato “le autorità di Sana’a a fornire informazioni complete e tempestive” sulle circostanze che hanno portato alla tragica morte di Hisham.

La sua morte è avvenuta tre mesi dopo che Moayad Hameidi, funzionario di WFP, è stato ucciso da uomini armati sconosciuti ad Al-Turba, una vicenda descritta dalle Nazioni Unite come una “tragedia inaccettabile”.

Oltre a chiedere un'indagine indipendente sulla morte di Hisham, Save the Children, nell'ambito di una revisione interna, ha incaricato uno studio legale esterno di supportare nella revisione delle circostanze relative alla detenzione di Hisham e alle attività che l’Organizzazione ha messo in campo nella fase precedente e seguente alla detenzione. Un membro del personale è stato licenziato e si stanno adottando misure per garantire che vengano seguiti tutti i processi relativi alla sicurezza del personale.

Save the Children opera nello Yemen dal 1963, con programmi di istruzione, protezione dell’infanzia, salute e nutrizione, fornitura di acqua e servizi igienico-sanitari e risposta alle emergenze, in gran parte del Paese.

Per informazioni:
Ufficio Stampa Save the Children

Tel.  3455508132 - 3409367952 - 3385791870- 3389625274
ufficiostampa@savethechildren.org
www.savethechildren.it
 

*Nota: 25 Organizzazioni non Governative Internazionali (INGO) hanno firmato un documento esprimendo solidarietà a Save the Children per la morte del collega Hisham Al-Hakimi, nel quale chiedono alle parti in conflitto di garantire la sicurezza degli operatori umanitari e il rispetto dei loro diritti, in linea con il diritto umanitario internazionale e il diritto internazionale sui diritti umani.