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Il senso di comunità per un superamento dell’emergenza in Emilia-Romagna

Operatore Save the Children durante un sopralluogo in Emilia-Romagna post alluvione

Quando una comunità è esposta ad una situazione critica come è successo più recentemente con l’alluvione in Emilia Romagna – ma in generale in tutte le emergenze - si tende a considerare solo le conseguenze negative che questa comunità potrà esperimentare. L’immaginario collettivo è quello di una cittadinanza inerte, incapace di ripartire, soprattutto nel caso di bambini e bambine che vengono considerate vittime e mai potenziali promotori di resilienza

La comunità come motore di cambiamento


Le situazioni più critiche possono invece essere rivalutate come catalizzatori di cambiamento poiché le risorse a disposizione della comunità e gli elementi di vulnerabilità determinano la direzione che questa sarà in grado di prendere per prepararsi ad affrontare un evento successivo. Per questo motivo è necessario un cambio di prospettiva che focalizzi l’attenzione sui fattori di resilienza che promuovano cambiamenti in positivo e sul ruolo che le azioni di ciascuno possono avere come esempio e ispirazione per le azioni degli altri. 

È nei momenti di difficoltà, infatti, che bisogna fare maggiormente leva sul concetto di resilienza e sulla capacità di reazione perché la riprogettazione parte dal basso, dal ripristino degli spazi comuni, dall’inclusione dei soggetti più vulnerabili e dallo spirito di comunità. Il ritorno alla normalità è difficile, ma non impossibile e rappresenta un cruciale momento di costruzione di legami significativi tra tutti gli agenti educativi dei territori che possono operare in modo sinergico con tutti i soggetti parte della comunità e con tutti i soggetti in campo. 

In diverse occasioni, dal terremoto del Friuli nel 1976, alla più recente alluvione di Senigallia nel 2014 prima e nel 2022 poi, le comunità colpite da un evento avverso hanno dimostrato come fondare la ricostruzione sullo spirito di comunità e di legame alle proprie origini sia non solo possibile, ma anche importante per rafforzare la coesione tra i cittadini e tra questi e gli enti istituzionali e non che operano nel territorio. La recente alluvione in Emilia-Romagna è solo l’ultimo esempio di come una comunità fortemente legata al proprio territorio e saldamente proiettata verso un futuro nel quale valorizzare l’aiuto di tutti, grandi e piccoli, sia in grado di fare leva proprio sulla volontà di reagire per risollevarsi e ricostruire una comunità più consapevole non solo della propria fragilità, ma anche e soprattutto della propria forza e del proprio senso di unità. 
Ricostruire, dal latino reconstùere, significa rimettere insieme e rimanere uniti, comprendere che non si rimane mai soli e che chiedere un supporto non è una sconfitta, ma la consapevolezza di far parte di una comunità che mette in campo tutte le sue risorse umane per creare le basi di un futuro nel quale bambini, bambine e adolescenti hanno il ruolo cruciale di essere l’elemento cardine per promuovere la tutela e lo sviluppo dell’intera collettività. 

In questo senso, la ricostruzione non si limita al semplice edificare nuove abitazioni, a pulire strade e scantinati e a ripristinare i servizi, ma assume un significato più ampio e importante di costruzione di un senso civico, della volontà di cooperare per migliorare la società in cui si vive nel rispetto di sé stessi, degli altri e dell’ambiente, come un tutt’uno. La ricostruzione di una comunità resiliente deve necessariamente partire dai più vulnerabili, tra i quali bambini, bambine e adolescenti, per fare in modo che la società del domani sia fondata su cittadini in grado fin da oggi di esprimere coesione, volontà, forza e capacità di risollevarsi. Bambini, bambine e adolescenti devono però essere guidati in questo compito. Qui emerge il ruolo della collettività come insieme di cittadini diversi nelle potenzialità, nelle competenze e, quindi, nel contributo che possono fornire, ma con lo stesso obiettivo finale di ripartire e ricostruire. La comunità non è più vittima passiva di un’emergenza, ma diventa Comunità Educante, in grado di mostrare ai più piccoli come contribuire al benessere degli altri significa crescere e realizzarsi come singolo e come parte di una società più grande. 

Emilia-Romagna tra collettività e resilienza

Questo senso di appartenenza ad una collettività e di comunità educante è distintamente emerso anche in occasione degli ultimi eventi alluvionali che hanno investito l’Emilia-Romagna. Moltissimi sono, infatti, gli esempi di aiuto fornito da comuni alluvionati ai comuni limitrofi, alluvionati a loro volta, per risollevarsi e ripartire insieme, come anche sono stati migliaia gli specialisti, i volontari e le associazioni che da ogni parte d’Italia sono stati e sono vicini alla Popolazione della Romagna e i cittadini che sostengono le famiglie colpite attraverso donazioni. Cittadini e adulti che diventano modello e ispirazione per i più giovani. Tra i volontari, tanti sono, infatti, i giovani e giovanissimi, i quali, ciascuno secondo le proprie possibilità, stanno contribuendo alla rinascita dell’Emilia-Romagna. Sono un esempio i bambini e le bambine che hanno donato i propri oggetti scolastici ai loro coetanei alluvionati, accompagnando il gesto con un messaggio di incoraggiamento e vicinanza. 

Dopo un’emergenza si riparte sempre, ma bisogna valorizzare il motore che aziona tutti i meccanismi, ricordarsi che si è tutti parte di una comunità, valorizzare la sinergia tra tutte le risorse in campo che possono avere ricadute positive su tutto il sistema. Non si è mai soli, vi è una rete sociale che è pronta a supportare le piccole e grandi difficoltà che possono scaturire nel post emergenza. 

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