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Italia: facciamo il punto sulla dispersione scolastica e le sue conseguenze

aula studio con banchi e sedie bianchi con lavagna verde, vuota senza bambini e bambine

I dati sono importanti per comprendere il problema educativo in Italia, riconoscerne le ragioni ed agire. Negli ultimi giorni abbiamo letto e sentito diverse parole riguardo la dispersione scolastica implicita e le competenze che gli studenti e le studentesse in Italia dovrebbero raggiungere al termine dell’ultimo ciclo scolastico. Anche noi siamo stati parte del dibattito e vorremmo così condividere con tutte e tutti alcune considerazioni.

Un punto sui dati in Italia

Da più parti le rilevazioni INVALSI sono state confrontate con quelle OCSE PISA.

Come funzionano i test OCSE PISA

Vengono effettuati in 93 Paesi, si svolgono ogni 3 anni su un campione di studenti e studentesse di 15 anni e hanno standard valutativi uguali per tutti i Paesi. Gli studenti che non raggiungono il livello 2 (low performer) spesso hanno difficoltà a confrontarsi con materiale a loro non familiare o di una certa lunghezza e complessità. Di solito, hanno bisogno di essere sollecitati con spunti o istruzioni prima di potersi impegnare con un testo. Il 33% dei quindicenni in Italia nel 2018 (pre-pandemia) non ha raggiunto questo livello. La percentuale sale al 50% tra gli studenti degli Istituti professionali e della Formazione professionale.

I test OCSE PISA sono molto importanti perché ci offrono un’idea di come gli studenti in Italia siano posizionati rispetto ai loro coetanei degli altri Paesi.

Come funzionano le prove INVALSI

Si effettuano in tutte le scuole ogni anno e si basano su standard valutativi tarati sul curricolo italiano.

Nel 2021 le prove non sono state sostenute dai 15enni. Alla fine della scuola superiore nello stesso anno il 51% degli studenti/studentesse non mostra competenze adeguate in matematica, il 44% non le raggiunge in italiano. Questo significa che questi studenti e queste studentesse hanno una capacità di comprensione del testo paragonabile a quella richiesta per conseguire il diploma di terza media (raggiungo il livello 1 o 2 di INVALSI su una scala da 1 a 5). 

In occasione dell’apertura del nostro evento ImPossibile 2022 i due dati sono stati sintetizzati e associati a quello più alto, corrispondente alle competenze in matematica, ma questo non rende meno grave la situazione.

La situazione rimane grave in Italia ed è peggiorata dal pre pandemia

In ben 7 regione italiane il 50% degli/delle adolescenti alla fine della scuola superiore non raggiunge le competenze adeguate di italiano (Abruzzo 50,2%, Basilicata 51,4%, Sardegna 52,8%, Sicilia 57,2%, Puglia 59,3%, Calabria 63,5%, Campania 64,2%).

Rispetto al periodo pre pandemico il calo di apprendimento è di 9 punti percentuali. Un calo che è più evidente per i minori con background migratorio,residenti nel sud Italia, o con situazioni difficili dal punto di vista economico e sociale

Sono dati reali. Possiamo discutere a lungo sul valore dei diversi metodi di raccolta dati, ma è chiaro che abbiamo una questione educativa da affrontare, perché le disuguaglianze oggi condizionano il presente e il futuro dei giovani e delle giovani in Italia. Questo è il nodo fondamentale di tutta la questione.

Le prove INVALSI ovviamente non possono parlarci delle caratteristiche uniche di ciascuno studente, ma ci segnalano che le disuguaglianze sono in aumento, anche a causa della chiusura prolungata delle scuole in presenza per l’emergenza sanitaria. Questi dati più in generale ci dicono anche che con l’aumentare degli anni di scuola aumentano anche le disuguaglianze.

La forbice delle disuguaglianze

Abbiamo elaborato i risultati delle prove INVALSI in terza media. Mettiamo a confronto 5 province dove studenti e studentesse vivono in un contesto familiare caratterizzato da svantaggio socioeconomico, ora paragoniamole a 5 province dove vive il maggior numero di studenti con il più alto livello socioeconomico familiare. Ciò che rileviamo è un gap di 69,3 punti percentuali nella fruizione della mensa scolastica, di 19,5pp nell’accesso all’asilo nido e di 62,4pp nella fruizione del tempo pieno, sempre a favore delle province “più ricche”. Non ci meravigliamo dunque a leggere che il gap si registra anche dal punto di vista dell’acquisizione delle competenze: 16,4pp di differenza nel raggiungimento di competenze accettabili (sia in italiano che in matematica).  

Le radici del problema in Italia

Questi dibattiti, che hanno coinvolto anche noi, rischiano davvero di far perdere il punto focale della questione e di spostare l’attenzione da questo grave problema, anche mentre dibattiamo.

Lavoriamo ogni giorno con tantissimi docenti su molti progetti e, anche loro, ci restituiscono con la loro esperienza la stessa situazione che ci dicono i dati.

Il problema delle disuguaglianze e dei risultati scolastici dei nostri studenti è all’attenzione europea; la stessa Commissione Europea il 23 maggio ha sottolineato come rimanga “una priorità affrontare le cause degli scarsi risultati scolastici in Italia” e che “anche i divari sociali e territoriali nei risultati si sono ampliati”.

L’attenzione, i dibattiti, la ricerca e molto altro devono concentrarsi sulle cause di questo problema: bisogna allearsi per dare un futuro alle giovani e alle giovani che vogliono soltanto poter avere la possibilità di seguire i propri sogni, aspirazioni e far fiorire il proprio talento.

Per ripartire, l’Italia deve scommettere su un investimento proprio nell’istruzione pubblica con l’obiettivo di garantire un organico che sia messo in condizione di fare bene il proprio lavoro in una scuola a tempo pieno, ovunque e per tutti e tutte.

Prendendo ad esempio il PNRR non possiamo non sottolineare come si debba considerare queste disuguaglianze che i dati ci restituiscono: l’investimento deve dare la priorità ai luoghi più deprivati.

Nel nostro evento ImPossibile abbiamo parlato proprio di questo e di come tutte e tutti insieme -  scuola, terzo settore, istituzioni culturali ed educative, movimenti studenteschi – possiamo rendere possibile l’impossibile.  

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