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Child penalty: lo svantaggio delle mamme nel lavoro

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Con Child Penalty si intende una penalizzazione sul reddito delle donne che avviene quando queste entrano in maternità. Questo fenomeno si riscontra per l’appunto solamente nei confronti delle mamme, i papà infatti non subiscono una diminuzione del reddito nel caso in cui la famiglia si dovesse allargare.

In Italia, secondo quanto osservato dalle analisi dell’INPS: "La penalità è molto pronunciata nel breve periodo - in particolare nell’anno del congedo e in quello successivo - ma permane anche diversi anni di distanza dalla nascita. A quindici anni dalla maternità, i salari lordi annuali delle madri sono di 5.700 euro inferiori a quelli delle donne senza figli rispetto al periodo antecedente la nascita".

Decidere di diventare madri in Italia non è per nulla una decisione semplice.

Come mai il fenomeno della Child Penalty colpisce solo le donne?

Per dare una spiegazione dobbiamo considerare una serie di aspetti compresenti nella nostra società e che possono spiegare, in parte, la sussistenza di tale sperequazione economica:

  • Gli stereotipi di genere che in parte influenzano la preferenza delle madri rispetto ai padri, di dedicare più tempo alla famiglia e lo squilibrio nel carico di cura e mentale, dove la donna è ancora oggi la principale responsabile della gestione famigliare.
  • Il divario occupazionale che vede oggi le donne e soprattutto le madri, anche se in media più istruite e competenti, inoccupate e laddove occupate discriminate a pari merito in termini di carriera e stipendio.
  • Le possibili discriminazioni sul lavoro che una donna può subire in relazione alla maternità.

Se la scelta di avere figli o meno è molto personale e dipende da numerose variabili, le condizioni di contesto, tra cui le politiche pubbliche e la disponibilità di servizi accessibili e di qualità, possono influenzarla considerevolmente. 

Mamme: “l’esercito del focolare involontario”

È stato definito così “l’esercito del focolare involontario”, sono le donne che sono o si sentono costrette a lasciare il lavoro per prendersi cura della famiglia riducendo così le loro possibilità di reinserimento futuro e il loro reddito presente. È un fenomeno tristemente in ascesa, nel 2019 erano il 72,9% le madri lavoratrici che hanno lasciato il lavoro per queste ragioni, contro il 27,1% dei padri.

Anche qui risulta chiaro come un mix di fattori, sociali, culturali e politici, influenzano le decisioni dei genitori in maniera differente, portando una % nettamente maggiore di donne a lasciare il lavoro per prendersi cura della famiglia.

Come la pandemia ha inasprito il fenomeno

Sono i giovani, le donne e le madri lavoratrici i soggetti più colpiti dalla pandemia per quanto riguarda il mercato del lavoro. Questo perché sono le stesse figure che ricoprono in maggior percentuale la fetta dei lavoratori autonomi, precari o dipendenti con contratti a tempo determinato, i quali vivono in una situazione già di per sé precaria che la pandemia ha trasformato in disoccupazione definitiva.

In Italia infatti i tassi di occupazione dei 15-64enni decrescono per entrambi i generi, ma se per gli uomini l’occupazione al 68% cala dello 0.8%, per le donne cala dell’1,1% con un tasso di occupazione già più basso in ulteriore penalizzazione toccando il 49%. Secondo i dati ISTAT dunque si inaspriscono così anche i divari di genere, già consistenti in precedenza, che raggiungono nel 2020 la soglia dei 18,2 punti percentuali. I divari di genere inoltre seguono i trend di quelli territoriali: se nel Nord e nel Centro si mantengono intorno ai 15 punti percentuali, la forbice si allarga fino a 23,8 nel Sud e Isole.

I dati parlano chiaro: nel 2020, a causa della pandemia, sono evaporati in totale 456 mila posti di lavoro (un calo del 2% rispetto all’anno precedente, che l’ISTAT definisce “senza precedenti”). Ad essere più colpite sono le donne: per loro il calo è di 249 mila unità (- 2,5%) rispetto ai 207 mila uomini (- 1,5%).

Un figlio o più figli: l’aumento della Child Penalty

Come abbiamo descritto i divari di genere occupazionali sono evidenti, ma cosa succede a uomini e donne all’aumentare dei figli? Purtroppo con l’aumentare dei figli diminuisce l’occupazione con una differenza netta tra madri e padri.

Nel 2020 infatti il tasso di occupazione rispetto al numero di figli minorenni si distribuisce in questo modo:

  • Con 1 figlio: le donne lavoratrici sono il 61,3%, gli uomini lavoratori l’87,9%.
  • Con 2 figli: le donne occupate sono il 57%, gli uomini l’88,7%.
  • Con 3 o più figli: le donne scendono al 44,5%, gli uomini all’83,8%. 

 

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