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Come possiamo aiutare una vittima di violenza?

Due mani di donna si stringono appoggiate su un tavolo bianco e riprese dall alto

Ci lascia sgomenti l'ennesimo tragico femminicidio, stavolta di una giovane laureanda, Giulia Cecchettin, da parte di un suo coetaneo. E ci fa riflettere, ancora una volta, sull'importanza dell'educazione tra bambini/e e adolescenti. 

Come drammaticamente noto, la violenza nei confronti delle donne è un fenomeno endemico, presente a tutte le latitudini. Tuttavia, gli stereotipi e i pregiudizi che esistono intorno ad esso portano spesso a ritenere che si tratti di un fenomeno che non ci riguarda e che si riscontra solo tra le fasce più vulnerabili della popolazione. In realtà i dati ci mostrano il contrario: sia a livello globale che in Italia, si stima che una donna su tre tra i 16 e i 70 anni abbia subito violenza almeno una volta nella vita e che le forme più gravi siano commesse da partner o ex partner.

Sia vittime che autori, quindi, potrebbero far parte della nostra cerchia familiare, amicale, professionale, intima. Senza distinzioni di titolo di istruzione o livello socioeconomico, che invece hanno a che fare sulla possibilità di uscire dal circolo della violenza rendendosi indipendenti.

I numeri della violenza domestica contro le donne e i loro figli e figlie

Secondo i dati rilevati da ISTAT, in Italia il 31,5% delle donne tra i 16 e 70 anni ha subito nel corso della propria vita una qualche forma di violenza. Questo è un dato ricorsivo a livello globale, è trasversale a tutte le regioni, le classi socio-economiche e il livello di istruzione. 

Anche la violenza domestica colpisce nella grande maggioranza dei casi le donne e, quando queste sono madri, anche i loro figli e figlie diventano vittime di maltrattamento, in quanto testimoni di violenza. L’indagine del 2021 condotta dell’Agia, Cismai e Terres des Hommes, sottolinea che il 32,4% dei bambini e delle bambine prese in carico dai servizi sociali assistono alla violenza sulle loro madri, dato che configura la violenza assistita come la seconda forma di maltrattamento nei confronti dei minorenni in Italia, dopo la patologia delle cure. 

4 consigli per sostenere una donna in una situazione di violenza domestica

Per quanto drammatica e senza vie d’uscita la situazione possa sembrare, liberarsi dalla violenza è possibile con il giusto supporto e ogni persona può fare moltissimo. Che si tratti di un ascolto in ambito professionale o di una confidenza in ambito amicale e familiare, fondamentale in questi casi è garantire un clima di accoglienza, rispetto e fiducia. 
 

Come dobbiamo comportarci quando una donna ci rivela una situazione di violenza domestica?

  • È fondamentale ascoltare senza giudicare, rassicurarla che si crede a ciò che ci sta confidando, sottolineando che la violenza non è mai giustificata e che non è mai una colpa di chi la subisce, ma solo di chi l’agisce. 
  • Bisogna riconoscere e rispettare le difficoltà che le donne possono esprimere, non fare domande come: “perché non te ne sei andata prima/perché non lo lasci?/perché non denunci?”, che le faranno solo sentire giudicate e non comprese nella dolorosa situazione che stanno vivendo. Ricordiamo, a questo proposito, che sia la separazione che la denuncia sono passaggi molto delicati, che per maggiore tutela andrebbero effettuati con il sostegno di servizi specializzati e la garanzia di un’assistenza legale. In questi casi, è cruciale evitare di minimizzare la situazione o di insinuare che loro stesse potrebbero aver fatto qualcosa per provocare il comportamento violento. Accogliere e riconoscere i timori che potrebbero esprimere, la loro paura e la confusione circa il da farsi, evitando un atteggiamento giudicante o prevaricatore, non sostituendosi a loro nelle decisioni ma, al contrario, rimandando loro forza e fiducia, garantendo in ogni caso il proprio supporto. 
  • Di primaria importanza è informarle che possono contare sul sostegno e sull’assistenza dei Centri Antiviolenza, presidi territoriali specializzati che lavorano allo specifico scopo di sostenere le donne e, qualora fossero presenti, i loro figlie e figlie, accompagnandole in ogni fase del percorso di liberazione dalla violenza. I Centri Antiviolenza sono luoghi di accoglienza, di ascolto, in cui si può trovare sostegno psicologico, orientamento e assistenza legale e protezione. Lavorano per la tutela di donne, bambini e bambine sempre nel rispetto del loro diritto di autodeterminazione. Se non si conosce l’ubicazione del centro più vicino basta chiamare il numero nazionale 1522 che fornirà tutte le indicazioni necessarie. È  attivo h 24, 7 giorni su 7 ed è multilingue.
  • Nel caso in cui la donna e/o figli e figlie si trovino in una situazione di immediato pericolo è fondamentale chiamare le forze dell’ordine per un intervento immediato.

Riconoscere violenza domestica e assistita contro donne e bambine/i

Nonostante il fondamentale lavoro fatto negli ultimi 30 anni, la violenza domestica e, conseguentemente la violenza assistita, sono fenomeni ancora in gran parte sommersi.

Una prima causa di questo è legata al contesto socio-culturale, che porta spesso a negarne o a sottostimarne la gravità (es. è solo uno schiaffo; era solo nervoso), ostacolando così l’emersione e la presa in carico precoce delle vittime, fondamentali per intervenire tempestivamente e arginare i gravi effetti che si ripercuotono sul benessere della donna e dei suoi figli e figlie.

Infatti, sono ancora drammaticamente presenti manifestazioni di minimizzazione e normalizzazione della violenza che viene troppo spesso confusa con il conflitto di coppia sia da parte della cerchia privata, famiglia e amici, sia da parte delle istituzioni. Di conseguenza la risposta che le donne ricevono quando chiedono aiuto non è necessariamente adeguata e pronta per sostenerle durante tutto il percorso di liberazione. 

A livello culturale è, inoltre, ancora molto presente la tendenza al giudizio nei confronti delle donne che hanno subito violenza. La colpevolizzazione della vittima (cosiddetto victim blaming) è una delle forme di vittimizzazione secondaria, poiché sposta il focus dall’autore della violenza e diffonde colpe e responsabilità verso chi l’ha subita. Conseguentemente, spesso le donne temono e sentono di non essere credute, provano sentimenti di colpa e vergogna per ciò che stanno vivendo o hanno vissuto e per questo possono decidere di non parlarne con nessuno. 

In realtà la violenza si caratterizza per definizione come una manifestazione di dominazione, di coercizione, non c’è parità di potere relazionale, non esiste reciprocità, poiché lo scopo di chi agisce violenza è il controllo, la dominazione e infine l’espropriazione dell’altra. 

Il comportamento violento, quindi, non è mai responsabilità di chi lo subisce, ma solo di chi lo agisce. Sottolineare questo è fondamentale affinché si comprenda che non si tratta di una dinamica che prevede una responsabilità reciproca, ma di un atto di abuso compiuto dall’uno nei confronti dell’altra e come tale va affrontato. 

Inoltre, spesso le donne temono le ripercussioni di una loro eventuale rivelazione della violenza subita poiché, in seguito alle minacce ricevute dall’autore, potrebbero temere per l’incolumità propria e dei loro figli e il partner violento potrebbe minacciare la sottrazione di questi ultimi in caso di separazione. 

Per poter riconoscere e contrastare la violenza contro le donne, compresa quella domestica e assistita, è fondamentale, quindi, strutturare interventi di formazione e informazione, sensibilizzazione ed educazione, per migliorare la conoscenza del fenomeno, la risposta ad esso e promuovere un cambiamento culturale che vada verso la decostruzione di stereotipi e pregiudizi di genere, a favore di una cultura di parità e non violenza

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