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Le testimonianze dei sopravvissuti al naufragio in Grecia

vista generica del mare

Lo scorso mercoledì 14 giugno, un’imbarcazione di migranti si è capovolta al largo delle coste della Grecia. Non si conosce il numero esatto delle vittime ma è molto probabile che siano morte centinaia di persone, in uno dei peggiori disastri del Mediterraneo della storia recente.

Maria Papamina è avvocata e Coordinatrice dell’Unità legale del Greek Council for Refugees (GCR), nostro partner sul campo che offre assistenza legale e psico-sociale alle persone che cercano rifugio in Grecia. Maria sta lavorando per fornire assistenza legale ai sopravvissuti di questa tragedia nel campo di Malaska, nel Sud del Paese. Vogliamo condividere di seguito il suo racconto per riportare le testimonianze dei sopravvissuti di questo terribile naufragio.

Le condizioni a bordo prima del naufragio

“Domenica abbiamo cominciato a incontrare i sopravvissuti e ad oggi abbiamo parlato con circa 35-40 persone, tutti giovani uomini intorno ai 20 anni. Metà di loro sono Siriani, ci sono alcuni Palestinesi e il resto proviene dall’Egitto e dal Pakistan.

Molti di loro hanno la propria famiglia in Europa e la maggior parte ci ha riferito di volersi riunire con zie, zii o cugini, alcuni hanno anche parenti più stretti come fratelli, sorelle o genitori.

Queste persone non hanno alcuna fiducia nelle autorità della Grecia. A dire il vero non hanno fiducia di niente e nessuno qui in Grecia, neppure di noi che siamo avvocati greci che cercano di aiutarli. Ma a poco a poco stanno cominciando ad aprirsi e a raccontare la loro esperienza. Hanno subito un terribile trauma, quindi parliamo solo di quello che sentono di poter condividere. E naturalmente la maggior parte delle conversazioni e delle interviste con loro è concentrato sulle circostanze che hanno portato al naufragio. Ci hanno anche descritto la difficile situazione a bordo. Ci hanno riportato che già prima di imbarcarsi, i trafficanti non hanno permesso loro di portare a bordo bagagli, né cibo né acqua. Dopo il primo giorno hanno finito l’acqua e sono stati costretti a bere acqua di mare. Secondo le testimonianze che abbiamo raccolto, almeno due persone sono morte di sete.

Raccontano che non avevano il permesso di spostarsi verso un altro livello dell’imbarcazione a meno che non avessero pagato 50 euro. I trafficanti li controllavano tutto il tempo e non gli davano la possibilità di alzarsi o di camminare.

Le persone provenienti dal Pakistan erano quelle che si trovavano nella situazione più difficile perché erano costretti a stare nel livello più basso della barca, dove erano presenti pochissime finestre e il ricambio d’aria era praticamente inesistente.

I sopravvissuti ci hanno riportato che erano presenti molti giovani dal Pakistan su questo livello della barca. Tra il livello mediano e il secondo livello c’erano circa 20-25 donne con i loro bambini, alcuni molto piccoli.”

I momenti prima della tragedia in mare

“Secondo la testimonianza dei sopravvissuti, la Guardia Costiera Greca si è avvicinata alla barca dicendo di seguire la loro nave. Dopo poco hanno lanciato una corda, è stata legata alla barca ma dopo pochi secondi è stata tagliata. Poi c’è stato un secondo tentativo con un’altra corda, una nuova, e dopo che è stata legata all’imbarcazione la guardia costiera ha cominciato a rimorchiarla. La maggior parte delle persone con cui abbiamo parlato ci ha menzionato questo episodio, sottolineando che il rimorchio è durato dai 3 ai 10 minuti.

Durante la fase di rimorchio, la guardia costiera ha cambiato direzione, prima a destra e poi a sinistra e così l’imbarcazione ha cominciato a perdere equilibrio e ha cominciato ad affondare.

Per i sopravvissuti è molto difficile parlare di questi momenti. Alcuni non hanno voluto farlo, sono sotto shock e alcuni di loro avevano le lacrime agli occhi. Purtroppo molti hanno perso i propri famigliari a bordo, soprattutto cugini.

Una storia in particolare ci ha colpito. Abbiamo parlato con qualcuno dal Pakistan che ha tentato di salvare il suo migliore amico quando la barca stava affondando ma non ci è riuscito. È devastato, ed è l’unico dei sopravvissuti che vuole tornare a casa.

Sono stata informata del fatto che sono presenti tra i sopravvissuti del naufragio anche sette bambini non accompagnati, cinque dalla Siria e due dal Pakistan. Loro sono stati subito trasferiti in una struttura per minori. Non abbiamo notizie di donne sopravvissute”.

Basta morti nel Mediterraneo!

“È una tragedia enorme. Stiamo parlando di un numero altissimo di persone disperse. In questo momento i sopravvissuti dovrebbero avere la possibilità di essere accanto ai loro cari, attraverso un meccanismo di riunificazione familiare. I Paesi Europei devono farsi carico di questa tragedia, non soltanto la Grecia.

Questa ennesima tragedia deve essere monito per la Grecia e l’Europa affinché rispondano a quelli che sono i bisogni di protezione e sicurezza delle persone in fuga, devono proteggere le vite umane e mettere fine alle politiche di deterrenza e alle operazioni repressive che non fanno altro che mettere in pericolo le persone.

Non è possibile andare avanti in questo modo. L’Europa deve assicurare vie di accesso legali e sicure per i rifugiati e migranti in viaggio verso i territori dell’Unione Europea”.

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