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Rooming-in e percorso nascita: ripartiamo dai diritti

mamme e bambini in sala di fiocchi in ospedale mentre parlano e discutono sorridenti

Anche grazie alla meritoria iniziativa di OMS e UNICEF, si è andato affermando, negli ultimi decenni, un approccio alla nascita chiamato "rooming-in", che, forzando i palinsesti rigidi dell’organizzazione per reparti della sanità pubblica, promuove il contatto immediato e continuativo tra la piccola persona appena nata, la sua mamma e, dove possibile, il sua papà. 

Il rooming-in è un approccio che favorisce la prosecuzione della relazione fisica che c’è stata durante la gravidanza, facilita l’acquisizione di una familiarità nei movimenti di cura, rassicura il o la neonata con rumori e odori consueti e rende più semplice ed efficace l’avvio della nutrizione al seno.

Tuttavia, questo approccio, non può e non deve essere interpretato come un semplice spostamento di un “pacco vivente” dalla struttura nido allo spazio di degenza, ma deve essere accompagnato da una riorganizzazione accurata degli ambienti, delle pratiche di assistenza e di controllo, oltre che, soprattutto, da una approfondita verifica delle preferenze e delle possibilità fisiche della mamma.

Percorso nascita: una grande sfida

Come tutti i percorsi umani di trasformazione, la nascita sfida i protagonisti e le protagoniste a misurarsi con un ignoto carico di visioni, aspettative, paure e incrollabili certezze, che spesso si rivelano infondate, o, semplicemente, inapplicabili al proprio caso personale. Perché, naturalmente, ogni nascita si porta dietro delle persone vere: una donna, talvolta una coppia, talvolta un gruppo più grande, e sempre una persona nuova, appena nata, intorno alla quale si dovrebbe poter creare un ambiente accogliente di tenerezza e responsività.

Per questo si parla di un “percorso nascita” che la sanità e il welfare pubblico supportano, fin dall’inizio e successivamente alla nascita, con servizi indirizzati alla salute, all’educazione, all’assistenza socio-economica. Sulla carta tale percorso è ottimale, ma nella realtà diventare genitori e mamme è spesso un cammino solitario e accidentato. Le cause sono molteplici:

  • la desertificazione dei servizi di consultorio familiare derivante da anni di tagli alla sanità pubblica,
  • il decentramento delle politiche sanitarie e le enormi differenze tra aree geografiche e tra singole strutture;
  • la mancanza di integrazione socio-sanitaria e educativa;
  • la scarsità di personale nei reparti di ostetricia e ginecologia;
  • la totale dipendenza del percorso nascita da un paradigma biomedico e meccanico, che vede nel nascere più il transito di un corpo fuori da un altro che un percorso di consapevolezza di sé e delle proprie risorse.

Fiocchi in Ospedale: la nostra esperienza nei reparti maternità 

Ci occupiamo di nascita poiché ci occupiamo proprio di quelle piccole persone nuove e di tutto quello che ruota intorno a loro, a cominciare dai loro genitori. E ce ne occupiamo a partire dai primi 1000 giorni perché condividiamo l’approccio del Nurturing care, secondo il quale per migliorare una storia di vita è preferibile agire all’inizio di quella storia, proprio nel momento in cui la confusione, la stanchezza e la paura dei genitori sono più forti. 

Tutte le considerazioni contenute in questa breve riflessione sono quindi tratte dall’esperienza concreta realizzata fin dal 2012 dal Programma Fiocchi in Ospedale, e da molti altri progetti collegati, in 15 strutture ospedaliere/centri nascita di diverse città italiane, dalla relazione con i territori di riferimento, e dal confronto continuo con altri attori e protagonisti delle politiche per la prima infanzia e i primi 1000 giorni.

In questi dieci anni, singoli episodi di cronaca e discussioni più ampie sulle politiche per la prima infanzia e la genitorialità si sono spesso soffermate sul tema dei doveri e delle responsabilità relative al benessere di bambine e bambini nel momento in cui vengono al mondo. Crediamo tuttavia che il punto di vista vada ribaltato e, invece che di doveri e responsabilità, sia opportuno parlare dei diritti.

Ripartire dai diritti 

Ripartire dai diritti, dei bambini e delle bambine, oltre che dei loro genitori, è essenziale per comprendere  i doveri, e le responsabilità di ognuno.

  • Il diritto di condividere. La fisiologia della genitorialità prevede “una difettosità fisiologica”: il difetto di competenza, l’insofferenza, la paura di una relazione irreversibile, il senso di inadeguatezza, la voglia di tornare indietro, la malinconia, così come l’eccitazione, il pianto, l’euforia…sono tutti piccoli pezzi del “come si sta” quando si diventa genitori. Tutto questo nella figura materna è aggravato dalla stanchezza, talvolta dal dolore fisico, dall’impegno diretto nella nutrizione, dal cambiamento della propria routine, che subisce una torsione profonda e repentina verso un impegno totalizzante. La maternità e la genitorialità sono percorsi che vanno accompagnati e sostenuti, che vanno compresi e trasferiti con grazia e intelligenza dal contesto del benessere fisico a quello del benessere generale, dall’ambiente delle mura domestiche a quello della socialità condivisa, dell’educazione precoce, del villaggio che, come recita un noto proverbio africano, accompagna la crescita. Non si può essere genitori e madri da soli. Le fatiche umane ed economiche di crescere ed educare un essere umano vanno condivise. E questo è un diritto,
  • Il diritto di scegliere. Il rooming-in è un approccio valido, ma non può essere considerato in maniera assoluta adatto e positivo per tutte le mamme e tutti i bambini. Aiutare la neo mamma ad esercitare un diritto di scelta e tutelare la sua decisione mettendo in campo condizioni di sicurezza e di supporto è, inutile dirlo, un requisito essenziale perché il rooming-in sia davvero un approccio efficace e non una semplice revisione dei protocolli.
  • Il diritto alla relazione. Bambine e bambini appena nati hanno diritto a vivere una relazione intensa e continuativa con i propri genitori, fin dai primi attimi della loro esistenza. Molte persone, per scelta, ma molto più spesso per necessità, arrivano al momento del parto da sole. Ma, ogni volta che nella nascita è coinvolto un altro genitore, questo deve trovare uno spazio adeguato, fin dai primi attimi di vita del proprio figlio o della propria figlia, per vivere ed apprendere la sua relazione con il neonato e con la neo mamma. Occorre contemplare, anche nell’organizzazione della struttura sanitaria pubblica, una visione secondo la quale il nuovo o la nuova nata hanno diritto alla relazione con entrambi i genitori. Perché la relazione nutre la sicurezza e il benessere dei nuovi nati, rassicura e supporta la neo mamma, avvia, sin dai primi momenti, una competenza di condivisione delle responsabilità di cura, anche dai parte del genitore che non ha partorito.

Nascere è molto di più che partorire. È questa la consapevolezza con cui, anche i servizi pubblici sanitari, sociali e educativi devono predisporsi per esercitare la loro responsabilità in un Paese che, forse anche comprensibilmente, ha consolidato una peculiare e fortissima dinamica di decrescita demografica.
 

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