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TuttoMondo Contest 2016: ecco le opere dei vincitori

Si è concluso TuttoMondo Contest 2016: vi presentiamo le opere vincitrici di questa terza edizione.

SEZIONE NARRATIVA

Giovanna Evangelista - Gli Invasori Camminavano in fila indiana nell’erba alta, senza fermarsi. Le madri piangevano, tenendo stretti i piccoli per consolarli. Gli adulti facevano di tutto per sembrare forti, ma in realtà stavano morendo dentro.

Il dolore avvolgeva quella tribù che era sempre stata unita e aveva sempre affrontato tutto con dignità: dalle inondazioni, che si infiltravano nelle viscere del villaggio, alle devastazioni, che erano aumentate negli ultimi anni, come raccontavano gli anziani: precisamente da quando gli invasori si erano impossessati delle loro terre.

Quei barbari venuti da chissà dove erano apparsi un giorno nel villaggio e lo avevano distrutto. O almeno così credevano: in realtà, infatti, la maggior parte delle strade e delle case si sviluppava nel sottosuolo grazie a un’intricata rete di gallerie dai migliori operai. Questo gli invasori non lo sapevano, ma l’avrebbero scoperto presto: un giorno, seguendo qualcuno di loro che, ignaro, rientrava a casa dai campi trascinando con sé ciò che aveva raccolto, avevano trovato l’ingresso segreto. E da allora era iniziato l’inferno.

Negli unici periodi in cui avevano avuto tregua si erano rintanati nel sottosuolo, ricostruendo con immenso sforzo ciò che era stato distrutto, forse facendo credere agli invasori di esser stati annientati.

Ma le riserve di cibo non erano infinite e i più impavidi erano costretti a uscire per cercare da mangiare. Solo in pochissimi tornavano vivi, molto spesso con l’unico risultato di farsi scoprire dagli invasori, che capivano di non aver vinto; e allora l’incubo ricominciava.

Non si trovava un singolo individuo che non avesse perso un figlio, un parente o anche solo un amico a causa loro. Ormai l’intera tribù viveva in uno stato perenne di attesa del peggio.

E il peggio arrivò.

Fu un attimo, una scintilla. Il fuoco si propagò velocemente lambendo i corpi, consumando le carni, polverizzando le case, facendo crollare le gallerie. Qualcuno fuggì da quell’inferno nascondendosi tra gli arbusti che circondavano l’ingresso al villaggio. 

Molti portarono in salvo i piccoli. I lavoratori che rientravano dai campi trovarono le loro case in cenere, distrutte, e videro in un attimo i loro averi perduti assieme a tutta la loro vita. I superstiti erano una cinquantina. Si ritrovarono nascosti, a piangere assieme il villaggio e le centinaia di vite che erano andate perdute in quella strage senza precedenti. 

Il dolore era uguale per tutti, anche per chi era riuscito a salvare il salvabile: soffrivano l’uno per l’altro, come una grande famiglia. Quindi, proprio come tale, decisero di fare ciò che in quel momento pareva essere l’unica soluzione: andarsene.

Darla vinta a quei mostri che li avevano invasi e che non potevano essere affrontati. Forse avrebbero dovuto farlo prima, ma non avevano voluto credere che l’arrivo di uno straniero avrebbe potuto segnare la fine di un villaggio centenario che da decine di generazioni viveva una vita tranquilla e felice.

Senza avere la forza di tornare giù per recuperare il poco che era scampato alle fiamme, senza neanche sapere dove andare, al calare delle tenebre i superstiti intrapresero una marcia disperata verso una nuova vita tutta da ricostruire. Non sapevano se ci sarebbero mai riusciti; sapevano soltanto che non era giusto.

Quello che era accaduto non era giusto. La crudeltà di quegli invasori non era giusta.

«Hai fatto?» «Sì, ho fatto» disse l’uomo, poggiando sul tavolo il fiammifero consumato. «Adesso vedremo se quelle dannate formiche avranno ancora voglia di infestare il nostro giardino».

«Era ora. Ormai era diventata un’invasione».

SEZIONE FOTOGRAFIA

Doina Zamfir - "Il banchetto degli scheletri

Doina_Zamfir_5

 

SEZIONE AUDIOVISIVO

Liceo Foscolo di Albano - Geode