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Voci dal campo, minori migranti: i bambini salvati dai naufragi arrivano in Italia esausti, sconvolti e disorientati

Nelle scorse settimane alcuni dei nostri colleghi internazionali si sono recati a Lampedusa per conoscere meglio la situazione dei minori migranti in arrivo via mare. Pubblichiamo oggi la testimonianza di Gemma Parkin di Save the Children Inghilterra. 

Quando ho incontrato Naouffel era esausto, aveva dormito solo 8 ore in 4 giorni. Lavora per Save the Children da un anno, ma ha già visto 500 imbarcazioni con bambini a bordo, arrivare sulle coste italiane, tutte soccorse mentre cercavano di raggiungere l’Europa. Quando il mese scorso sono morte 300 persone, annegate o uccise dall'ipotermia, Naouffel faceva parte del team di risposta alla crisi. Quattro dei sopravvissuti sono bambini, ragazzi fra gli 11 e i 13 anni che si sono imbarcati da soli, uno proveniente dal Mali e gli altri 3 dalla Costa d’Avorio.

Sembravano cuccioli - ci ha detto - c’erano anche due ragazze somale di appena 16 anni, con i propri neonati. Erano esausti e scioccati, quando li abbiamo intervistati nel centro di accoglienza. Questi bambini in un anno hanno visto più di quanto molti adulti vedranno in un’intera vita. Puoi renderti conto di quello che hanno vissuto dall’espressione dei loro volti - dice Naouffel. Anche se fai questo lavoro per anni, l’orrore di un naufragio non ti lascia mai. Cerchi di non pensarci, ma è sempre come se fosse la prima volta. Anche quando sarò altrove da qualche altra parte, non potrò fare a meno di ricordare i loro volti e non sarò in grado di pensare ad altro.

La cosa più importante per Naouffel è fare in modo che i bambini si sentano a proprio agio.

Senza conquistare la loro fiducia, qualunque tipo di lavoro è impossibile.

È toccante vedere come i mediatori culturali lavorano con i minori sbarcati, spiegando loro il percorso legale che dovranno seguire. I bambini che sono stati trattati come merce tendono a non fidarsi di burocrazia e autorità, quindi è molto difficile convincerli del valore delle vie legali.

Non capiscono la legge, non hanno carte di identità, non sanno quando si sono imbarcati e dove sono. Hanno visto molti orrori durante il loro viaggio e specialmente i ragazzi cercano di comportarsi da uomini. Si mostrano spensierati e forti come credano si debba essere in Europa, perché mostrare vulnerabilità potrebbe essere un errore fatale.

Se ho imparato una cosa dopo la mia visita a Lampedusa, è che se un bambino sceglie di fare un viaggio attraverso due continenti da solo, in cerca di una vita migliore, è perché fugge da una situazione disperata. Il viaggio in sé comporta attraversare deserti, zone di guerra e poi la pericolosa traversata in mare. Durante il viaggio affrontano la fame, la sete, il rapimento, detenzione ed estorsione, torture, schiavitù, tratta e abusi sessuali, tutto da soli, senza le loro famiglie. Il percorso è definito dai trafficanti. La tratta di esseri umani è purtroppo un settore in espansione e non si può continuare ad ignorare questo problema. L’obiettivo principale di Naouffel, è quello di spiegare loro quali siano i loro diritti in Europa e quale è il rischio che corrono se lasciano il percorso legale.

Se seguono il percorso legale, possono infatti imparare un po’ di italiano e raccogliere maggiori informazioni. Quando arrivano diamo loro una scheda telefonica con credito per chiamare casa e dire alle famiglie che sono vivi. Tutti hanno il nostro numero, in modo da poterci chiamare sempre. A volte gli unici numeri che hanno sono quelli dei trafficanti. Quando penso che nella loro rubrica hanno un numero sicuro, mi sento soddisfatto del lavoro che facciamo.

C'è una motivo straziante che ha spinto Naouffel a diventare mediatore culturale. Sei dei suoi migliori amici d'infanzia sono morti durante la traversata dalla Tunisia dopo la Primavera araba. Non c'è dunque da stupirsi per la connessione emotiva che stabilisce con questi minori in arrivo via mare. Quante di queste tragedie la Comunità Internazionale dovrà ancora vedere, prima di essere moralmente obbligata ad intervenire? Non è accettabile dare priorità al controllo delle frontiere, rispetto a missioni di soccorso. In poco più di un mese 3.500 migranti hanno rischiato la vita nel Mediterraneo, più del 60% in più rispetto a gennaio dello scorso anno.

È essenziale che il salvataggio dei migranti in mare sia una priorità per l’Italia e per l’Europa e che l’Unione Europea rafforzi le sue capacità in operazioni di soccorso. Mare Nostrum, l’operazione di soccorso in mare, è stata sospesa all’inizio dell’anno. L’Ue ha dichiarato che la prospettiva di essere soccorsi in mare, incoraggiava la gente a correre il rischio del viaggio. Ora c’è l’operazione Triton, che opera solo a 30 miglia dalle coste europee e ha la funzione primaria di controllare le frontiere. La missione non ha l’obiettivo di salvare le persone aldilà delle coste europee. Nonostante questo, le persone continuano a rischiare la vita in mare su barche fatiscenti. La maggior parte di gruppi o famiglie che tentano la traversata in mare sono siriani e questo problema non si risolverà a breve. Ci sono infatti 4 milioni di profughi siriani che vivono in un limbo. Il mondo sta infatti affrontando la più grande crisi di rifugiati dalla seconda guerra mondiale ad oggi e circa la metà sono bambini. I rifugiati non possono aspettare anni per essere reinseriti.

È scandaloso che i bambini trascorrano la loro infanzia in campi profughi. La perdita della la speranza è quello che spinge molti minori a intraprendere questo viaggio, ma allora, perché le nazioni ricche non fanno più per reinserire i rifugiati più vulnerabili?