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Voci dal campo, minori migranti: Il dolore di Samuel e Paul

La settimana scorsa abbiamo pubblicato la prima parte della testimonianza di Valeria Gerace, che ci ha raccontato della sua esperienza  sulla nave Etna, durante le operazioni di soccorso dei migranti di Mare Nostrum, ricordando insieme a noi la drammatica storia di Patience.

Oggi vogliamo riportare la seconda parte del contributo di Valeria, e una seconda storia quella di Samuel e Paul.  

Samuel è un padre di 28 anni. È arrivato a bordo della Nave Etna alle 06.00 del 5 dicembre con il piccolo Paul di due anni e cinque mesi. Non appena terminato il trasbordo, mi sono avvicina con il mio collega a Samuel ed al piccolo Paul, che era zuppo e mezzo nudo come il suo papà. Samuel ci ha chiesto subito aiuto per rintracciare sua moglie che immaginava essere in coma in un ospedale, e abbiamo fatto in modo che si avviassero le ricerche della donna per capire se fosse stata trasferita al Poliambulatorio di Lampedusa. Paul era immobilizzato dal freddo, l’ho tenuto in braccio per ore, cercando di dargli più calore, ma anche un po’ di amore e serenità.

Grazie a ciò e al latte ha ripreso vita conquistando chiunque a bordo con le sue risate. Mentre ci prendevamo cura di loro, Samuel ci ha racconta che sua moglie Mine ha 27 anni, e che erano partiti insieme mercoledì 3 dicembre 2014 all'alba. Durante la traversata, all'improvviso, il motore si è rotto e nel panico generale le persone a bordo urlavano e si divincolavano urtandosi tra di loro, ferendosi a morte, bruciandosi con la benzina e rovesciando l'imbarcazione. Una volta riaggiustato il motore sono ripartiti, ma il gommone ha cominciato a sgonfiarsi tanto che le sponde di gomma arrivavano al livello delle tavole del pavimento di legno. A questo punto tutti sono stati presi dal panico e in diciotto hanno perso la vita.

La mamma di Paul, purtroppo, durante il naufragio è stata colpita violentemente alla testa, così forteo da perdere moltissimo sangue dal naso e poi i sensi. A quel punto Samuel non sapeva come salvarla, ma, come ci ha raccontato, "respirava ancora", ed è riuscito ad affidarla ai soccorsi che nel frattempo erano arrivati. Nella difficoltà delle operazioni di salvataggio, Mine è stata presa a bordo da una Motovedetta diversa da quella su cui è stato caricato lui. E anche Paul stava per finire per errore su un’altra imbarcazione, ma Samuel è riuscito a riprenderlo in braccio appena in tempo, e a tenerlo stretto a se. Siamo stati molto tempo accanto a Samuel e Paul cercando di avere notizie di Mine senza alcun esito.

Solo durante le operazioni del nostro trasbordo a terra a Lampedusa abbia scoperto che Mine, quella notte, avrebbe dovuto essere trasferita con urgenza al Poliambulatorio di Lampedusa insieme ad una minorenne di 16 anni, ma nel frattempo aveva smesso di respirare e quindi il suo corpo senza vita era rimasto a bordo della Nave della Marina Militare.  

Una “missione compiuta” Al termine della missione abbiamo condiviso con l'Ammiraglio e il Comandante la nostra relazione in cui abbiamo descritto le attività svolte, le nostre impressioni e i suggerimenti, e ci siamo potuti confrontare con un interessante scambio di idee. La nostra presenza a bordo è stata rilevante prima di tutto per i minori, che hanno potuto ricevere da noi le informazioni, l'orientamento e l'assistenza di cui avevano bisogno, ma anche perché abbiamo potuto trasmettere all’equipaggio di una nave militare impegnata in un'attività di tipo umanitario la nostra esperienza professionale. A bordo siamo riusciti a svolgere il nostro mandato, ma anche a collaborare con tutti gli attori coinvolti, a volte aiutandoli anche solo con la mediazione culturale, altre ponendo in evidenza i casi più vulnerabili e alcune importanti esigenze dei minori.

Mi hanno molto colpito l'entusiasmo, la convinzione e la professionalità che tutti i componenti dell’equipaggio hanno dimostrato nello svolgere questa importante missione. Ricorderò sempre il momento dei saluti calorosi che ci siamo scambiati, mentre lasciavamo la nave, attimi sicuramente molto sentiti da parte di tutti, dove alcuni ci hanno ringraziato, con un moto di emozione, per l’opera svolta, assicurandoci di aver apprezzato la nostra attività a bordo e ripetendo più volte con gli occhi lucidi “il lavoro che svolgete è unico, quello che fate è davvero molto bello”.  

Leggi la prima parte della sua testimonianza