Ius Soli, Ius Sanguinis, Ius Scholae e Ius Culturae: quali sono le differenze

La presenza di alunni e alunne con background migratorio nelle nostre scuole è strutturale da anni ormai: sono più di 870 mila gli studenti e studentesse con cittadinanza non italiana che lo scorso anno frequentavano le nostre scuole, di cui quasi 7 su 10 nati in Italia. Bambine, bambini e adolescenti “italiani” di fatto ma non di diritto.
Da anni in Italia si attende una riforma sostanziale della legge che riconosca piena cittadinanza ai bambini e alle bambine che nascono o giungono da piccoli nel nostro Paese. Ius soli, ius scholae, ius culturae sono tra le diverse proposte di legge presentate negli ultimi anni in Parlamento, ma il processo legislativo non ha mai portato ad una riforma. Ma che differenza c'è tra ius soli, sanguinis, scholae e culturae? Chiariamo meglio cosa sono e perché chiediamo uno Ius Soli condizionato.
Che vuol dire Ius Soli?
Il principio dello ius soli (dal latino “diritto del suolo”) prevede che la cittadinanza sia acquisita per il fatto di essere nati sul territorio dello stato. La cittadinanza, quindi, è legata al luogo di nascita. In Italia lo ius soli viene concesso solo in casi eccezionali: per i figli di genitori ignoti, per i figli di genitori apolidi (senza cittadinanza) e per i figli di genitori stranieri che, secondo le leggi dello Stato di appartenenza, non possono trasmettere loro la cittadinanza.
Che vuol dire Ius Sanguinis?
Il principio dello ius sanguinis prevede che la cittadinanza sia acquisita per discendenza o filiazione. In Italia, si ottiene la cittadinanza tramite questo principio, regolamentato dalla Legge 91 del 1992. Una legge vecchia trent’anni. Pertanto, il figlio di genitore straniero, anche se nato in Italia, non acquisisce automaticamente la cittadinanza italiana.
Per chi è arrivato in Italia anche da molto piccolo, invece, vige il principio della naturalizzazione: una volta diventato maggiorenne, il cittadino straniero può chiedere la cittadinanza se ha raggiunto i dieci anni di residenza regolare ininterrotta. Tuttavia, il procedimento di naturalizzazione in Italia presenta un iter complesso, costoso e estremamente lungo. Non tutte le famiglie riescono a completarlo, così che anche i minorenni di quelle famiglie perdono opportunità preziose per il loro futuro.
Che vuol dire Ius Scholae?
Lo ius scholae, lega l’acquisizione della cittadinanza al compimento di un ciclo di studi. È un testo di riforma della legge sulla cittadinanza a marzo 2018, arenatasi alla Camera a giugno 2022 in seguito al cambio di Governo, prevede il riconoscimento della cittadinanza italiana per i minorenni stranieri nati in Italia o arrivati prima del compimento dei 12 anni che abbiano risieduto legalmente e senza interruzioni in Italia, e che abbiano frequentato regolarmente almeno 5 anni di studio nel nostro Paese, in uno o più cicli scolastici. Nel caso in cui la frequenza riguardi la scuola primaria, è necessario il superamento del ciclo di studi con esito positivo. Puoi approfondire anche nel nostro articolo su Ius Scholae: cosa prevede.
Che vuol dire Ius Culturae?
Diverso, invece, è il cd. ius culturae, che nella proposta di legge sulla cittadinanza ddl. S. 2092 approvata dalla Camera nell’ottobre del 2015, fermatasi al Senato nel 2017, prevedeva l’ottenimento della cittadinanza ai minori stranieri nati in Italia, o entrati entro il 12esimo anno di età, che avessero “frequentato regolarmente per almeno cinque anni uno o più cicli presso istituti scolastici del sistema nazionale, o percorsi di istruzione e formazione professionale triennali o quadriennali”, conclusi con la promozione. Nel caso in cui la frequenza riguardi la scuola primaria, è altresì necessario il superamento del ciclo di studi con esito positivo.
“Ius Soli” condizionato: perché lo chiediamo
Chiediamo al Parlamento che una riforma della legge sulla cittadinanza al passo con i tempi e rispondente alla domanda di appartenenza delle nuove generazioni sia finalmente discussa e approvata. Quello che chiediamo è uno "ius soli condizionato" dalla residenza legale dei genitori in Italia, come già accade in molti altri Paesi europei.
Chiediamo con urgenza una riforma della legge sulla cittadinanza per rispondere alla domanda di appartenenza da parte di bambini e giovani che sono nati in Italia e/o arrivati da piccoli e qui cresciuti.
Minori che di fatto si sentono italiani ma formalmente non lo sono, e che per questo motivo non possono partecipare pienamente e attivamente alla vita sociale, e in prospettiva futura anche politica ed economica, del Paese. Si tratta di offrire un'equa opportunità alle nuove generazioni che vivono in Italia e introdurre una legge al passo con i tempi che possa portare beneficio a tutti e contribuire allo sviluppo del Paese.
Leggi anche il nostro nuovo report “Il mondo in una classe. Un’indagine sul pluralismo culturale nelle scuole italiane”, in cui abbiamo approfondito l'argomento presentando uno spaccato di diseguaglianze educative che compromettono i percorsi di crescita di bambine, bambini e adolescenti in Italia.
Chi ha letto questo articolo ha visitato anche
Nido e scuola dell’infanzia: come favorire l’inserimento
L’inserimento al nido e alla scuola dell’infanzia è una fase delicata in cui è importante costruire alleanze tra servizi educativi e famiglia. Ma come creare una buona relazione tra scuola e famiglie e favorire l'inserimento del bambino?La giornata internazionale della pace 2023: perché si celebra e come partecipare
Il 21 settembre si celebra la Giornata Internazionale della Pace con l’obiettivo di istituire un giorno nel quale gli Stati membri ONU, le organizzazioni e gli individui possano diventare portavoce di iniziative educative e azioni per promuovere la pace.Educare alla partecipazione: come coinvolgere bambini e ragazzi a scuola
La partecipazione attiva degli studenti è una vera e propria forza di cambiamento capace di incidere sul benessere della scuola e della comunità. Cosa vuol dire educare alla partecipazione? Alcuni consigli su come coinvolgere bambini e ragazzi a scuola.