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Rohingya: un bambino su due rimasto orfano dopo le violenze

Bambini Rohingya a Coxs Bazar

Al momento nel campo di Cox's Bazar ci sono più di 6.000 bambini Rohingya non accompagnati, che sono senza genitori o adulti di riferimento, dove si trovano ad affrontare gravi conseguenze per la carenza di cibo e sono sempre più esposti al rischio di sfruttamento e abusi. 

Secondo i dati raccolti da una nuova ricerca dell’Organizzazione, il 70% dei bambini intervistati è stato separato dai genitori o da maggiorenni di riferimento per conseguenza diretta di attacchi violenti. Inoltre, il 50% di loro ha dichiarato che i propri genitori (o chi si prendeva cura di loro) sono stati uccisi in questi stessi attacchi, lasciandoli definitivamente orfani dopo aver assistito a scene di violenza inaudita. 

"Dodici mesi fa, i nostri operatori sul campo hanno visto i bambini che arrivavano in Bangladesh da soli, così angosciati, affamati ed esausti da non riuscire neanche a parlare. Abbiamo subito creato degli spazi sicuri per questi bambini affinché potessero ricevere supporto 24 ore al giorno mentre cercavamo di rintracciare i loro familiari. Un anno dopo, ci è purtroppo chiaro che per molti di loro, questa riunificazione non avverrà mai” ha dichiarato Mark Pierce, Direttore in Bangladesh di Save the Children.

"I nostri dati non possono pretendere di essere rappresentativi di tutti i bambini rifugiati orfani e soli a Cox's Bazar, ma dipingono comunque il quadro spaventoso di un sanguinoso conflitto in cui i civili sono stati presi di mira e uccisi in massa” continua Pierce.

Nell’ultimo anno abbiamo raggiunto oltre 350.000 bambini Rohingya a Cox's Bazar, compresa una grande maggioranza di coloro che sono rimasti orfani o sono stati separati dai propri genitori, creando circa 100 spazi dedicati per i bambini e le ragazze, che forniscono a quasi 40.000 bambini uno spazio sicuro per giocare, riprendersi e tornare ad essere bambini, attraverso programmi di protezione e accesso all’istruzione, di salute e nutrizione, di distribuzione di acqua e cibo, e garantendo servizi igienico-sanitari. 

Tra i minori che supportiamo c’è Humaira, 17 anni, fuggita in Bangladesh dopo che i suoi genitori sono stati uccisi davanti ai suoi occhi negli attacchi di agosto dell’anno scorso. 

L’operatrice, Rashna Sharmin Keya ha raccontato che solo dopo un mese e gli incontri con uno psicologo Humaira è riuscita a parlare della sua storia. Ma, dopo mesi di ricerche, è stato finalmente possibile ricongiungerla con i suoi due fratelli più piccoli.

"Quando l'ho incontrata per la prima volta, non parlava molto. Nel suo cuore c'era molta paura e non si fidava di nessuno" ha dichiarato Keya. "Mentre piangeva mi ha detto: 'Sono morti tutti. Tutta la mia famiglia è stata uccisa in Myanmar. Li ho visti, so che sono morti tutti. Non c’è più nessuno lì’”.

"È passato un anno da quando a questi bambini è stata strappata via l‘infanzia. Il mondo non è riuscito a condannare gli autori di questi barbari attacchi, compreso l'esercito del Myanmar. Crimini straordinari richiedono una risposta straordinaria. Un'indagine credibile, imparziale e indipendente su questi crimini e tutte le violazioni dei diritti dei bambini commessi nello Stato settentrionale del Rakhine è un primo passo fondamentale per accertare le responsabilità,” ha dichiarato Michael McGrath, Direttore di Save the Children in Myanmar.

Per approfondire leggi il comunicato