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Cosa si intende per conflitti e quali le evoluzioni ad oggi

case e palazzine in macerie a causa dei bombardamenti, su queste alcuni fiori disegnati in segno di pace

Oggi più che mai il tema delle guerre e dei conflitti si è fatto ancor più presente nelle nostre vite. La guerra in Ucraina, geograficamente più vicina di altre, ha portato con sé diverse conseguenze anche sulle nostre quotidianità e sul Paese in cui viviamo.

Purtroppo però, la guerra nella vicina Ucraina, non è l’unica guerra che ancor oggi ferisce, uccide e toglie il futuro a migliaia di bambine, bambini e alle loro famiglie.

Che cosa si intende per conflitto? Quali le differenze nell’epoca contemporanea? Comprenderne le dinamiche aiuta a comprenderne anche le conseguenze e a spingerci dunque a fare qualcosa per riuscire a dire stop a queste ingiustizie. Niente è impossibile se ci crediamo con forza.

Che cosa si intende per conflitto: definizione

I conflitti vengono definiti come scontri violenti tra due gruppi armati o attacchi ai civili da parte di uno o più gruppi.

Conflitti, epidemie, crisi climatica, rappresentano tre delle più grandi minacce contemporanee alla realizzazione degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile. Questi tre fenomeni, da acceleratori di diseguaglianze, possono diventare uno spunto per riflettere sui cambiamenti necessari alla nostra società e al sistema mondo per migliorare la condizione dei minori ovunque si trovino e dei gruppi più vulnerabili. 

Il conflitto contemporaneo: che cosa è cambiato

La natura dei conflitti è cambiata molto nel corso dei secoli anche a causa di una diminuita capacità di gestione multilaterale degli stessi: le zone di combattimento sono sempre più ampie e urbanizzate, le armi causano distruzioni sempre più diffuse, i conflitti sono più protratti e la diffusione di armi di piccolo calibro facilita l’uso dei bambini come soldati e aumenta la violenza urbana anche in contesti “pacifici”. 

Questi cambiamenti hanno portato ad effetti geograficamente diffusi, complessi e differenziati sulla salute mentale e fisica delle bambine e dei bambini. I conflitti non solo uccidono e mutilano, ma lasciano i minori con traumi fisici e psicologici gravi, impedendo l’accesso al loro diritto all’infanzia, alla socializzazione, al gioco e all‘educazione, minando il loro sviluppo e, nel lungo periodo, il loro futuro e quello delle società in cui vivranno.

Nei conflitti contemporanei, inoltre, assistiamo sempre più spesso alla proibizione di accesso umanitario per beni di prima necessità. Bambine e bambini a cui viene negato l'accesso al cibo e ai beni di prima necessità, corrono il rischio di soffrire di malnutrizione, fame cronica o denutrizione andando così a mettere a rischio la loro vita e il loro futuro. 

Si aggiunge poi, nei territori interessati da conflitti, la drastica riduzione della capacità economica delle famiglie in seguito alla improvvisa perdita di beni, proprietà e opportunità di remunerazione, e all’aumento dei bisogni primari. Tutto questo può spingere poi a misure drastiche come: il lavoro minorile, lo sfruttamento sessuale, lo spaccio, il consumo di stupefacenti, il reclutamento in gruppi armati o l’inserimento in processi di radicalizzazione. 

L’educazione: un potente mezzo di protezione

L’educazione e il benessere fisico e psichico dei minori diviene secondario nei conflitti, ma la scuola è uno dei luoghi nel quale i bambini si sentono protetti, recuperano un senso di normalità e costruiscono il loro futuro. 
Nei contesti di conflitto, l’educazione rappresenta un potente mezzo di protezione:

  • La scuola è un ambiente sicuro e sorvegliato.
  • L’impegno continuativo in attività regolari e strutturate, come quelle educative, restituisce ai bambini la stabilità e il senso di normalità
  • Nei programmi educativi viene spesso inserita la gestione del rischio 
  • La frequenza scolastica rappresenta una via di fuga da varie forme di sfruttamento 

Sembra impossibile riuscire a mettere fine ai conflitti, eppure già nel 1919, Eglantyne Jebb la nostra fondatrice pronunciò queste parole che diedero il via a un lavoro continuo per combattere ogni ingiustizia verso i bambini e le bambine di tutto il mondo:

“Come esseri umani è impossibile stare a guardare mentre i bambini muoiono di fame senza fare nessuno sforzo per salvarli”. Vincendo scetticismo, indifferenza e ostilità, il suo appello accorato portò alle prime donazioni spontanee per la creazione della prima organizzazione a difesa dei bambini: nasce così Save the Children.

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