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40 anni di Giornata della Pace, nel mondo ancora guerre

Bambina siriana in piedi tra le macerie. Indossa pantaloni neri e una felpa viola e tiene le mani nelle tasche

Sono passati 40 anni dall’istituzione della Giornata della Pace e oggi ancora 400 milioni di bambine e bambini nel mondo vivono in aree di conflitto. Spesso in questi contesti vivono in campi per sfollati dopo che hanno lasciato le loro case e hanno perso tutto, o hanno visto i propri familiari venire uccisi. Molti di questi bambini non hanno vissuto altro che la guerra, vivono nel terrore costante di essere uccisi, di essere arruolati, di patire la fame, di lavorare o sposarsi precocemente. In un caso su 6 sono esposti al pericolo di violenze sessuali.

Guerre nel mondo


Le conseguenze dei conflitti lasciano segni indelebili e riguardano la salute sia fisica sia mentale.

  • A Cabo Delgado, in Mozambico, l’escalation di violenze dell’ultimo anno ha fatto salire a 364.000 il numero di bambini costretti a fuggire da violenze orribili, come l’uccisione dei propri genitori o la decapitazione di bambini anche di soli 11 anni, e mostrano gravi segni di stress mentale e angoscia, come crisi di pianto costanti e perdita del desiderio di mangiare e giocare.
  • Come era già accaduto nel 2014 e nel 2018, stress e angoscia sono anche la causa di incubi, tremori continui ed enuresi notturna dei bambini di Gaza, che dopo la nuova escalation di violenze del maggio scorso non riuscivano più a dormire.
  • Nel nord-ovest della Siria, dove è concentrato il maggior numero di sfollati interni che vivono in condizioni estreme dopo 10 anni di conflitto, quasi 1 su 5 tra tutti i tentativi di suicidio e suicidi compiuti per disperazione riguardano giovanissimi anche sotto i 15 anni.
  • Le condizioni estreme minacciano anche la sicurezza fisica e psicologica dei bambini Rohingya rifugiati in Bangladesh, che, dopo aver sofferto alluvioni, incendi devastanti nei campi profughi e il dilagare del Covid-19, hanno registrato un’esplosione di casi di autolesionismo segnalati da 1 operatore educativo su 3.   

Il problema della fame

La fame è una delle conseguenze indirette che più colpiscono nelle aree colpite dai conflitti, come quello in Afghanistan.

Negli ultimi mesi centinaia di migliaia di bambini e famiglie sono state costrette a sfollare si prevede che entro fine anno 5,5 milioni di bambini soffriranno la fame. Si teme che la situazione non potrà che peggiorare andando incontro all’inverno dove le temperature arrivano fino a -16°.

Per affrontare questa situazione abbiamo lanciato una petizione per chiedere al Primo Ministro Draghi di farsi portavoce presso i paesi del G20 perché facciano di più e subito per il futuro della popolazione afghana più vulnerabile e dei più piccoli.

Firma la petizione


Per approfondire leggi il comunicato stampa.

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