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COP27: passi in avanti per la giustizia climatica dei bambini

bambini e giovani sul palco della cop27 con fogli in mano e microfono mentre elencano le loro richieste ai leader mondiali

Durante la COP27 abbiamo sostenuto le bambine e i bambini a partecipare per far sentire la loro voce vedendone i risultati positivi: per la prima volta alla COP, i Paesi hanno formalmente riconosciuto le bambine e i bambini come agenti di cambiamento nell'affrontare e rispondere alla crisi, concordando che i governi li debbano coinvolgere nella progettazione e nell'attuazione delle politiche legate al clima.

Anche l'impegno annunciato alla COP27 per l'istituzione di un fondo per le perdite e i danni è estremamente positivo, ed è in gran parte dovuto a decenni di lavoro di sensibilizzazione da parte delle comunità più colpite dalla crisi climatica, compresi i bambini, i giovani e le comunità indigene.

Giustizia climatica: passi in avanti, necessità e ostacoli 

I leader mondiali che hanno partecipato alla COP27 hanno compiuto un piccolo ma fondamentale passo per garantire giustizia alle bambine, i bambini e ai giovani più colpiti dalla crisi climatica, ma c'è ancora molto da fare per garantire loro un futuro. A questo proposito Yolande Wright, Direttore Globale di Save the Children per la povertà e il clima, ha dichiarato: “Uno dei punti salienti della COP27 è stata l'incredibile partecipazione di bambini e giovani che hanno detto la verità ai potenti del mondo. Ma le ragazze e i ragazzi hanno bisogno di avere un'influenza nei negoziati e di poter chiedere conto ai governi delle loro azioni. È positivo che i leader stiano finalmente iniziando a prendere coscienza di questo diritto fondamentale, ma bisogna fare molto di più.” 

Di fatti, se da un lato vi è soddisfazione per i progressi compiuti in materia di perdite e danni, compresa la creazione di un nuovo fondo, dall'altro è noto come siano urgentemente necessari molti più finanziamenti. Ricordiamo che dal nostro recente rapporto, è emerso che circa 774 milioni di bambini/e, ovvero un terzo della popolazione infantile mondiale, vivono il duplice impatto della povertà e del rischio climatico.

“Una crisi che non abbiamo causato, ma che stiamo cercando di risolvere”

Questa efficace e rivelatoria frase fa parte della testimonianza di Ashraqat, un ragazzino egiziano di 16 anni: “Ho vissuto le ondate di calore estremo, mi sentivo soffocare e non potevo condurre una vita normale. Non potevo mangiare o studiare, non potevo dormire bene. Tutti i miei diritti fondamentali mi sono stati tolti a causa del cambiamento climatico”.

Diamo spazio anche alle parole di Mustafa un ragazzino di 12 anni, di Minya, che vive sulla sponda occidentale del fiume Nilo in Egitto, il quale ha raccontato che le piogge sempre più intense hanno causato e continuano a causare inondazioni e interruzioni di corrente impedendogli di andare a scuola o di studiare: "Non ho provocato io la crisi climatica. Non ho mai costruito una fabbrica, non ho mai comprato un'auto, non ho mai inquinato l'ambiente".

Evidenziamo che, a parte il fondo per le perdite e i danni, gli impegni finanziari per il contrasto della crisi climatica continuano ad essere inadeguati. Fondamentale sottolineare che senza l'impegno a eliminare rapidamente l'uso e le sovvenzioni per i combustibili fossili, la finestra per assicurare per un futuro stabile e sicuro per i bambini continua a ridursi. Il tempo a disposizione per far fronte a eventi climatici estremi sempre più intensi e ai costi sia economici che in termini di vite umani, che essi comportano, sta per scadere. Solo se si investirà adeguatamente ora, potranno essere ridotti, i costi e i rischi futuri: rischi che soprattutto le bambine e i bambini dovranno affrontare durante la crescita. 

Per approfondire leggi il comunicato stampa

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