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Giornata Mondiale dell’Aiuto Umanitario 2023: perché si festeggia?

operatrici e operatori umanitari di save the children

Il 19 agosto di ogni anno si celebra la Giornata Mondiale dell’Aiuto Umanitario, un giorno dedicato a tutte le operatrici e gli operatori umanitari: un momento importante per ricordare lo straordinario lavoro che portano avanti ogni giorno. Mossi da impegno e dedizione nei confronti dei valori e principi che li guidano, contribuiscono a migliorare la vita e il futuro di intere comunità.

Giornata mondiale dell’Aiuto Umanitario cos’è?

La Giornata Mondiale dell’Aiuto Umanitario è stata istituita nel 2008 dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite ed è stata celebrata ufficialmente per la prima volta nel 2009. 

Lo scopo di questa Giornata Mondiale è quello di sensibilizzare l'opinione pubblica sulle condizioni dei civili di tutto il mondo coinvolti nei conflitti, nonché di sostenere e onorare operatrici e operatori umanitari che rischiano, e a volte perdono, la vita per aiutare. Oltre 130 milioni di persone in tutto il mondo sono attualmente in crisi, a causa di guerre o disastri naturali, e hanno bisogno di aiuti umanitari.

Giornata dell’Aiuto Umanitario: perché si festeggia il 19 agosto?

La Giornata Mondiale dell’Aiuto Umanitario si festeggia ogni anno il 19 agosto per ricordare il bombardamento al Canal Hotel di Baghdad, in Iraq, avvenuto il 19 agosto del 2003: quest’anno si celebra il 20° anniversario di quella tragica giornata scritta tra le pagine di storia.

A causa dell’attentato del 19 agosto a Baghdad persero la vita 22 persone tra cui anche l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, Sergio Vieira de Mellothe, e più di 150 persone sono state ferite. Questo attacco ha segnato una nuova fase, con il mondo che è cambiato negli ultimi 20 anni per gli operatori umanitari e per le persone che sostengono. 

Chi è l’operatore umanitario

L’operatore umanitario fornisce assistenza sanitaria urgente, riparo, cibo, protezione, acqua e molto altro, in aree di crisi ed emergenze. Nella cooperazione internazionale è una figura ricercata in ambiti di intervento come la tutela dei diritti umani, l’assistenza socio-sanitaria, la formazione di base, la sicurezza alimentare, lo sviluppo rurale e la valorizzazione del patrimonio culturale. Umanità, imparzialità, neutralità e indipendenza sono i principi fondamentali su cui si basa l’aiuto umanitario. 

Purtroppo, il lavoro degli operatori umanitari continua ad essere un lavoro ad alto rischio. Il numero di incidenti che coinvolgono gli operatori umanitari è più che triplicato dal 2003, con una media di circa 450 operatori umanitari uccisi, feriti o rapiti ogni anno.

Per la Giornata Mondiale dell’Aiuto Umanitario ​2023 è stata scelta a rappresentare l’impegno umanitario della nostra Organizzazione, Sonia Khush attualmente Direttrice Paese di Save the Children per l'Ucraina, con sede a Kiev. Sonia 20 anni fa lavorava proprio a Baghdad.

La testimonianza dell’operatrice umanitaria Sonia Khush

Sonia Khush in precedenza è stata Direttrice della risposta in Siria, con sede in varie località del Medio Oriente dal 2015 al 2022, e prima ancora Direttrice Senior della risposta umanitaria. Sonia ha lavorato ai nostri programmi in Iraq dal 2003 al 2006. Ecco la sua testimonianza:

"Ho lavorato in Iraq per diversi mesi e durante l'estate del 2003 ero di base a Baghdad. Abbiamo preso alcune precauzioni per la sicurezza, ma ci siamo mossi con relativa libertà per organizzare i programmi di Save the Children e per trascorrere molto tempo al Canal Hotel, che era il centro dell'operazione delle Nazioni Unite. Pochi giorni dopo il rientro negli Stati Uniti, è arrivata la notizia dell'attentato al Canal Hotel, che ha causato la morte di 22 persone. È stato scioccante, tragico. Quel giorno morirono le persone con cui avevo lavorato, tutti professionisti che erano venuti in Iraq con il chiaro intento di sostenere le persone colpite dal conflitto. Mentre guardavo le terribili scene alla televisione, non riuscivo a pensare ad altro che a quanto fossero coraggiosi e appassionati quei colleghi e a quanto fosse una perdita per il mondo la loro scomparsa. 

È stato un vero e proprio campanello d'allarme per la comunità umanitaria, un punto di svolta importante. Questo attacco è stato uno dei più letali nella storia delle Nazioni Unite ed è stata la prima volta che un'organizzazione umanitaria internazionale neutrale è stata presa di mira. 

Qual è la sfida più grande del lavoro umanitario?

"L’attacco al Canal Hotel ha segnato una nuova fase, creando nuove sfide per gli operatori umanitari. Ma, una delle sfide principali che dobbiamo affrontare in questo momento è l'accesso agli aiuti: cercare di raggiungere tutte le popolazioni vulnerabili, indipendentemente dal controllo che esercitano. Questo aspetto si manifesta soprattutto nei contesti di conflitto, dove spesso gruppi diversi controllano parti diverse di un territorio senza alcuna garanzia di accesso sicuro per gli aiuti o gli operatori umanitari.
Come organizzazione umanitaria indipendente, neutrale e desiderosa di raggiungere tutti i bambini e le bambine, dobbiamo destreggiarci in molte politiche e restrizioni per assicurarci di poter raggiungere i più vulnerabili, ovunque si trovino.

Ovviamente ci schieriamo da una parte, dalla parte delle bambine e dei bambini, dei loro diritti, del loro bisogno di cibo, istruzione, assistenza sanitaria e ambiente pulito. A volte questo ci mette spesso in rotta di collisione con alcuni governi o autorità che potrebbero non fare cose utili per le loro popolazioni. Non è tutto così cupo però. Alcune cose sono migliorate negli ultimi 20 anni. La tecnologia, ad esempio, ha cambiato il nostro modo di lavorare. Le persone sono anche più preparate in generale, soprattutto in caso di disastri naturali. [...] La nuova generazione di operatori umanitari proviene in gran parte dalle risposte umanitarie nei loro Paesi."

Cosa continua a motivare il tuo lavoro?

“Quando lavoravo nei campi nel nord-est della Siria, c'era un bambino americano i cui genitori erano stati uccisi e di cui si occupava un custode del campo. Alla fine è finito con Save the Children in un centro che gestivamo per i bambini non accompagnati. Il nostro personale è stato in grado di utilizzare le sue reti e la sua presenza e sul campo per trovare il numero di telefono di sua zia negli Stati Uniti. Abbiamo verificato in modo indipendente che il ragazzo era effettivamente imparentato con questa famiglia. La famiglia è stata quindi sostenuta dal governo statunitense che ha rimpatriato il ragazzo e lo ha portato dai suoi nonni negli Stati Uniti.

Alcune settimane dopo il ritorno a casa, il nonno ha inviato al mio collega un video di lui che ballava a casa sua. Dopo averlo visto nel campo nel nord-est della Siria e dopo il nostro aiuto, averlo visto ballare nella casa dei suoi nonni, è stato semplicemente incredibile. Questo è ciò che mi mantiene motivata. Ogni vita di un bambino che cambiamo in meglio è la mia motivazione".

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