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Giustizia minorile e lavoro: dai legami alle opportunità

Ragazzo che afferra le sbarre di una grata

All’interno del nostro rapporto “Non è un Gioco sul lavoro minorile in Italia, uno dei focus della ricerca è stato dedicato ai minori coinvolti nel circuito della giustizia allo scopo di indagare, da un lato, il legame tra povertà educativa, esperienze di lavoro minorile e coinvolgimento in circuiti illegali; dall’altro, come utilizzare percorsi di orientamento, formazione e lavoro per il reinserimento educativo e sociale.

Quanti giovani avevano già lavorato prima di entrare nel circuito dell’illegalità? Quanti avevano smesso di andare a scuola? E soprattutto, come gli operatori che quotidianamente li accompagnano promuovono il loro reinserimento sociale?

Giustizia minorile: qual è il percorso

Oggi, oltre 300mila minorenni tra i 7 e i 15 anni in Italia hanno avuto un’esperienza di lavoro minorile, quasi uno su 15. Ma c’è una relazione tra lavoro sfruttato e ingresso nei circuiti dell’illegalità?

Ascolta la quarta puntata del nostro podcast "Non è un gioco", scritto e prodotto da Will Media per Savet the Children, incentrata nell'analisi dei legami tra giustizia minorile e lavoro

Siamo andati nei Servizi  della giustizia minorile: dagli Istituti Penali Minorili agli Uffici di Servizio Sociale per Minorenni. Centinaia di giovani iniziano qui dei percorsi di reinserimento sociale, dopo aver commesso reati di diverso tipo. Tra i minori coinvolti nel circuito della giustizia sono frequenti i casi di abbandono precoce della scuola, così come percorsi di insuccesso scolastico che si traducono in un numero elevato di assenze e bocciature.

In generale, l’esperienza raccontata dai ragazzi, maturata all’interno del sistema scolastico e formativo, è molto negativa che si ripercuote in un senso di frustrazione, inadeguatezza e mancanza di autostima che inevitabilmente incidono e compromettono una crescita evolutiva sana.

Il lavoro minorile, verso cui molti di loro si orientano, è un fenomeno globale che mette a repentaglio i diritti fondamentali di bambine, bambini e adolescenti, mettendo a rischio la loro salute e il loro benessere psicofisico.

L’entrata nel circuito della giustizia minorile spesso rappresenta un’opportunità per riprendere i percorsi abbandonati: per molti ragazzi, spesso “adultizzati”, il percorso penale rappresenta una parentesi per colmare dei vuoti e acquisire quelle competenze minime che consentono loro di costruire un futuro migliore, o anche solo “pensarsi” in maniera differente.

La relazione tra lavoro minorile e giustizia minorile

Nel nostro recente rapporto sul lavoro minorile è stata indagata anche la relazione tra lavoro e giustizia minorile, mettendo in luce un forte legame tra esperienze lavorative troppo precoci e coinvolgimento nel circuito penale.

Dai dati emersi, il lavoro minorile sembra quindi essere un fenomeno, per i ragazzi inseriti nei percorsi di giustizia minorile, particolarmente intenso sia dal punto di vista delle diverse esperienze svolte che della quantità di tempo dedicato alle stesse. Quasi il 40% dei minori e giovani adulti presi in carico dai Servizi della Giustizia Minorile ha affermato di aver svolto attività lavorative prima dell’età legale consentita.

Un ragazzo su dieci ha svolto il primo lavoro sotto gli 11 anni. Tra questi ragazzi, più del 60% ha svolto attività lavorative dannose per il proprio sviluppo e benessere psicofisico.

Il lavoro minorile influisce negativamente sull’apprendimento riducendo il tempo dedicato allo studio, aumentando il rischio di bocciature, limitando la frequenza a scuola e alimentando così, in molti casi, il fenomeno della dispersione e dell’abbandono scolastico. In quasi un caso su due (40,4%) il lavoro incide sulla possibilità di studiare e i 14-15enni che lavorano sono stati bocciati quasi il doppio delle volte rispetto ai loro coetanei che non hanno mai lavorato. Anche le interruzioni temporanee della scuola sono più che doppie nel caso di studenti lavoratori.

Le opportunità dell’inclusione socio-lavorativa

Un intervento molto importante, che riguarda l’inclusione socio-lavorativa dei ragazzi presi in carico dai Servizi della Giustizia Minorile, quindi, è quello che viene dedicato ai percorsi di orientamento.

Attraverso il coinvolgimento di associazioni, cooperative e agenzie del lavoro, si agisce con l’obiettivo di far acquisire a questi ragazzi una maggiore consapevolezza rispetto alle proprie capacità, potenzialità e passioni, stimolando una dimensione progettuale che spesso manca.

Non soltanto trasmettere un’idea di lavoro connessa esclusivamente alla retribuzione, ma anche far emergere, ascoltare e soddisfare un bisogno di gratificazione personale, ancor più importante in chi ha avuto esperienze di insuccesso e frustrazione a scuola.

Allargare l’orizzonte rispetto ai “mestieri possibili” e ai percorsi formativi richiesti, confrontarsi sugli aspetti legati alla sicurezza e al lavoro regolare, significa tanto: offrire un supporto concreto rispetto alla ricerca del lavoro, porre le basi per un percorso di crescita dalla grande valenza educativa, proponendo, al contempo, un diritto alla cittadinanza.

Le esperienze di lavoro minorile

Le esperienze lavorative raccontate dai ragazzi vengono descritte come molto spesso brevi, discontinue e poco professionalizzanti. Inoltre, l’esperienza maturata all’interno del sistema scolastico e formativo, è molto negativa. Si nota pertanto un parallelismo tra quanto hanno maturato nel contesto lavorativo e quanto vissuto in ambito scolastico, ovvero frequenti interruzioni, senso di fallimento, impotenza, inadeguatezza, frustrazione e rabbia.

Per questi giovani le esperienze di ingiustizia, vissute dentro al mondo del lavoro in nero, in condizioni vessatorie, non hanno fatto altro che avvantaggiare la criminalità organizzata che cerca manovalanza da reclutare per i propri traffici illeciti. Dall’altro lato, per i ragazzi che transitano nel circuito della giustizia e che hanno lasciato precocemente la scuola per difficoltà o scarso interesse, a volte, lavorare anche se sfruttati, è un modo per tenersi lontano da “cattive amicizie” e dalla commissione di illeciti.

Per arricchire l’indagine abbiamo raccolto le testimonianze di alcune ragazze e ragazzi segnalati dai servizi della Giustizia Minorile che hanno avuto esperienze di lavoro minorile e/o hanno partecipato a progetti di inclusione socio-lavorativa nell’ambito del procedimento penale a loro carico. Ne riportiamo una particolarmente significatica.

“Io ero molto giovane e mi servivano i soldi. Dovevo lavorare perché la situazione a casa non era un granché essendo l’ultimo dei figli, però, mio fratello se n’era andato con la compagna e mia sorella pure, quindi eravamo rimasti io e mamma (...) lei era sempre triste perché stava sotto con le bollette, il mangiare, quello e quant’altro. Io mi sentivo la responsabilità, chiamato in causa. Se non lavoravo andavo a delinquere.”
(M., 23 anni)

Continua ad approfondire il tema del lavoro minorile in Italia: 

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