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Report mondiale sull’istruzione: discutiamone insieme

studenti e studentesse in aula scolastica con operatore Save the Children alla cattedra

Il nuovo Report dell’OCSE Education at a Glance 2022 – Uno sguardo sull’istruzione è la principale fonte internazionale che ogni anno fornisce una comparazione delle statistiche nazionali grazie alle quali misurare lo stato dell'istruzione nel mondo. Il rapporto analizza i sistemi educativi dei 38 paesi membri dell'OCSE, più Argentina, Brasile, Cina, India, Indonesia, Arabia Saudita e Sud Africa. Oltre a un capitolo sull'impatto della crisi COVID-19, l'edizione di quest'anno include un focus sull'istruzione universitaria. 

La presentazione dei dati si sta svolgendo presso la nostra sede a Roma, ed è possibile seguire la diretta qui:

All’evento di presentazione si vede la partecipazione di Daniela Fatarella, direttrice generale Save the Children Italia, Giovanni Semeraro, ricercatore OCSE, per l'illustrazione  del rapporto e della scheda sull’Italia, e gli interventi e commenti di Raffaela Milano, direttrice Programmi Italia-Europa Save the Children, Andrea Gavosto, direttore Fondazione Agnelli, Daniela Vuri, prorettrice alla Ricerca Università di Roma “Tor Vergata”, con la partecipazione in sala del ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi

Le maggiori criticità in Italia

Per quanto riguarda il focus sul nostro Paese, il Report evidenzia che, fra il 2000 e il 2021 i livelli di istruzione in Italia sono cresciuti più lentamente della media dei paesi OCSE. La quota di giovani fra i 25 e i 34 anni con un titolo di istruzione universitaria è cresciuta infatti di 18 punti percentuali (dal 10% nel 2000 al 28% nel 2021) rispetto a una crescita in media di 21 punti percentuali. L’Italia resta uno dei 12 paesi OCSE in cui la laurea non è ancora il titolo di studio più diffuso in questa fascia di età.

Un ritardo abbastanza preoccupante, specialmente se si considera che in tutti i paesi OCSE avere un titolo di studio terziario conviene perché garantisce migliori livelli di occupazione e retribuzione. È vero, tuttavia, che il beneficio economico in Italia risulta minore che in altri contesti: nei paesi OCSE in media un laureato nell’arco della vita lavorativa (25-64 anni) guadagna il doppio di chi non ha un titolo di istruzione secondaria superiore; in Italia questo vantaggio è molto meno cospicuo: 76% in più.

A questo, si aggiunge un altro importante dato che emerge nel Report: la crescita del numero già elevato dei giovani adulti che non hanno un lavoro, né seguono un percorso scolastico o formativo, ovvero i NEET, rischiando di avere risultati economici e sociali negativi a breve come a lungo termine. Dopo essere salita al 31,7% durante la pandemia nel 2020, la quota di NEET tra i 25 e 29 anni in Italia ha continuato ad aumentare fino al 34,6% nel 2021. Tale quota è diminuita tra il 2019 e il 2020 dal 28,5% al 27,4% per i giovani tra 20 e 24 anni, ma è poi aumentata fino al 30,1% nel 2021. Questa situazione rischia di perpetuare il circolo vizioso che va dalla povertà economica a quella educativa, e viceversa.

I risultati incoraggianti del nostro sistema d’istruzione

Nel confronto internazionale emergono anche alcune questioni evidenziate come punti di forza o comunque incoraggianti.

Fra questi, primo fra tutti l’elevata percentuale di bimbi fra i 3 e i 5 anni che frequentano la scuola dell’infanzia (92%), un dato che colloca il nostro Paese al di sopra della media OCSE, anche se bisogna ricordare che il monte orario di insegnamento dell’Italia inferiore alla media europea (rispettivamente 945 e 1071 ore), che si concretizza in una minore offerta oraria nelle regioni meridionali. Nei successivi gradi di istruzione il monte ore (744 alla primaria, 608 alle medie e 608 alle superiori) risulta comunque di poco sotto la media UE (rispettivamente 740, 659 e 642), anche se sono presenti in Italia forti disuguaglianze territoriali nell’offerta di tempo pieno nei gradi inferiori, con le regioni del sud in netto svantaggio rispetto a quelle del nord.

Gender Gap dell’istruzione nel mondo

L’indagine che stiamo presentando insieme a OCSE e Fondazione Agnelli, contiene anche numerose informazioni sugli effetti del gender gap in istruzione, ad esempio, sottolineando come la nota relazione positiva fra titolo di studio e livelli di occupazione sia particolarmente forte per le donne. Nel 2021 in Italia solo il 31% delle donne in possesso di un titolo d’istruzione inferiore al diploma di scuola superiore erano occupate (media UE, 40%) mentre fra le donne laureate il tasso di occupazione era del 70% (media UE, 83%). Per gli uomini, invece, le differenze sono assai meno marcate: si va dal 64% per chi ha un livello d’istruzione inferiore al diploma secondario (media UE, 66%) al 71% per i maschi laureati (media UE, 88%).

Un’altra declinazione del gender gap compare nell’istruzione universitaria, laddove si segnala che in Italia, come del resto in tutti gli altri paesi OCSE, i tempi di completamento dei percorsi di laurea sono più rapidi per le donne. Nel nostro Paese il 56% delle studentesse consegue la laurea triennale entro tre anni dalla fine dei corsi, mentre questo riesce soltanto al 50% dei loro colleghi maschi.

“Per intervenire alla radice delle disuguaglianze educative è dunque necessario investire sin dalla primissima infanzia, con una rete di asili nido e servizi educativi di qualità accessibili a tutti.  La definizione di un livello essenziale delle prestazioni per raggiungere il 33% della copertura dei servizi in ogni ambito territoriale e l’assegnazione di rilevanti risorse nell’ambito del PNRR per la costruzione di nuovi asili rappresentano passi avanti significativi”, ha dichiarato Raffaela Milano, direttrice Programmi Italia-Europa di Save the Children.

Per approfondire leggi il comunicato stampa.
 

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