Festa della Mamma: “le equilibriste”, la maternità in Italia nel 2024
Per il 9° anno consecutivo, in vista della Festa della Mamma, pubblichiamo oggi il rapporto “Le Equilibriste - La maternità in Italia 2024”, che traccia un bilancio delle infinite sfide che le donne in Italia devono affrontare quando scelgono di diventare mamme.
Ripercussioni sul lavoro a causa dello sbilanciamento tra carichi di cura e vita professionale, i sistemi di sostegno alla genitorialità nel nostro e in altri Paesi europei, le difficoltà di accesso al mondo del lavoro solo perché “mamme” e il divario tra le regioni più o meno “mother friendly” nella classifica elaborata in esclusiva dall’ISTAT, sono questi i principali argomenti, più che mai attuali, contenuti nel rapporto 2024 di “Le Equilibriste”.
Guarda il video con le testimonianze di Francesca, Valentina, Miriam, Donatella e Valentina, anche loro “Mamme Equilibriste”:
Le Equilibriste: i dati sulla maternità in Italia nel 2024
In Italia, la discussione sulla crisi delle nascite è molto diffusa, ma spesso vengono trascurate le condizioni di vita delle mamme di oggi, che svolgono la maggior parte del lavoro di cura. Chiamiamo le mamme di oggi vere "equilibriste", alla continua ricerca di conciliare tutte le responsabilità.
- In Italia una lavoratrice su 5 esce dal mercato del lavoro dopo essere diventata madre e il 72,8% delle convalide delle dimissioni dei neogenitori riguarda le donne.
- Ancora una volta in Italia c'è stato un nuovo record negativo per la natalità: il 2023 ha registrato il minimo storico delle nascite, ferme sotto le 400mila nascite e con un calo del 3,6% rispetto al 2022.
- Le donne scelgono di non avere figli o ne hanno meno di quanti ne vorrebbero: nella popolazione femminile, in età fertile tra i 15 ei 49 anni, il numero medio di figli per donna, infatti, è di 1,20, mostrando una diminuzione rispetto al 2022.
- Il calo della natalità ormai coinvolge anche la componente straniera della popolazione: nel 2023 ci sono stati meno 3mila nati rispetto all’anno precedente.
- Inoltre, l’Italia si conferma come uno dei Paesi europei con la più alta età media delle donne al parto, circa 32,5 anni.
- L’Italia è anche il Paese europeo con la più alta età media delle donne per la nascita del primo figlio, circa 31,6 anni, con 8,9% di primi nati da mamme over 40, tasso inferiore solo a quello della Spagna.
In occasione della Festa della Mamma, anche quest’anno il Rapporto "Le Equilibriste" segnala le penalizzazioni delle madri nel mercato del lavoro e gli squilibri di genere che ancora attraversano il nostro Paese. Leggi il rapporto:
Maternità e lavoro: gender gap in Italia
Le donne in Italia hanno una presenza diversa rispetto agli uomini nel mercato del lavoro. Con la maternità questa differenza si accentua.
In un mercato del lavoro che risente ancora un gap di genere fortissimo, c’è sicuramente un elemento che non può sfuggire all’attenzione: se il rinvio della maternità e la bassa fecondità sono frutto di numerose concause, i dati rivelano che più aumenta la partecipazione delle donne al mercato del lavoro, più aumenta il tasso di fecondità.
Come riportano i dati del Rapporto “Le Equilibriste - La maternità in Italia 2024”, in Italia il tasso di occupazione femminile, per l’età 15-64 anni, è stato del 52,5% nel 2023, un valore più basso della media dell'Unione Europea che si attesta al 65,8%. Per le donne, il tema del bilanciamento tra lavoro e famiglia rimane critico per chi nella propria famiglia svolge un lavoro di cura non retribuito. Il gender gap tra il tasso di occupazione degli uomini e delle donne in Italia, nello stesso anno, era di 17,9 punti percentuali, ben più marcata rispetto alle differenze osservate a livello EU27 (9,4 punti percentuali) e seconda, di pochissimo, solo alla Grecia, dove la differenza è di 18 punti percentuali.
Una spia delle difficoltà che le madri affrontano nel conciliare impegni lavorativi e familiari, viene mostrata dal numero di donne occupate di età compresa tra i 25 e i 54 anni:
- a fronte di un tasso di occupazione femminile del 63,8%, le donne senza figli che lavorano raggiungono il 68,7%, mentre solo poco più della metà delle donne con due o più figli minori ha un impiego, cioè il 57,8%.
- Al contrario, per gli uomini della stessa età, il tasso di occupazione totale è dell'83,7%, che varia e va dal 77,3% per coloro senza figli, fino al 91,3% per chi ha un figlio minore e al 91,6% per chi ne ha due o più.
Dai dati del rapporto “Le Equilibriste” emerge inoltre che in Italia, mentre il lavoro a tempo pieno è più comune tra gli uomini rispetto alle donne, accade l'opposto per il lavoro part-time:
- In Italia solo il 6,6% degli uomini che lavora, lo fa a tempo parziale, rispetto al 31,3% delle lavoratrici, che per la metà dei casi subisce un part-time involontario.
- Tra le donne che hanno figli, aumenta notevolmente la percentuale di donne impiegate a tempo parziale, ovvero il 36,7% rispetto a quelle senza figli, cioè il 23,5%.
- Tra gli uomini, invece, si passa dall’8,7% per chi non ha figli al 4,6% per i padri.
Dimissioni volontarie: dati e motivi
La nascita di un figlio influisce sulla disparità di genere nel mondo del lavoro, come mostrano i dati delle dimissioni volontarie post genitorialità: a dimettersi sono principalmente le madri, al primo figlio ed entro il suo primo anno di vita.
Nel corso del 2022, infatti, sono state effettuate complessivamente 61.391 convalide di dimissioni volontarie per genitori con figli in età 0-3 in tutta Italia, in crescita del 17,1% rispetto all’anno precedente. La percentuale che riguarda le donne è del 72,8% del totale, pari a 44.699. Mentre il 27,2% riguarda uomini, pari a 16.692.
I motivi per aver dato le dimissioni, tra uomini e donne, sono differenti:
Per le donne, infatti, il motivo principale è la difficoltà nel conciliare lavoro e cura del bambino/a: il 41,7% ha attribuito questa difficoltà alla mancanza di servizi di assistenza, mentre il 21,9% per problemi di organizzazione del lavoro. Complessivamente, gli impegni legati alla cura rappresentano il 63,6% di tutti i motivi di convalida delle dimissioni fornite dalle lavoratrici madri.
Per gli uomini, invece, il motivo principale è di natura professionale: il 78,9% ha dichiarato che la fine del rapporto di lavoro è stata dovuta a un cambio di azienda e solo il 7,1% ha riportato esigenze di cura dei figli.
Maternità in Europa: a che punto sono i Paesi Europei
Sono diversi i Paesi ad aver attuato riforme significative nelle loro politiche a sostegno delle famiglie, impegnandosi nelle sfide della denatalità e dell'invecchiamento della popolazione. Dal 2019, infatti, più del 60% dei governi a livello globale (124 su 197) ha adottato politiche volte a influenzare il tasso di fecondità, mentre altri 19 governi hanno mirato a mantenere il livello della fecondità. Invece, un numero crescente di Paesi, circa 55, sta adottando misure pro-nataliste.
Nel nostro rapporto, abbiamo analizzano in particolare 4 Paesi Europei: Francia, Finlandia, Germania e Repubblica Ceca.
- Dal 2000 ad oggi, la Francia è l'unico Paese europeo rimasto stabilmente vicino alla soglia di due figli per donna. Il suo approccio è incentrato su un articolato sistema di sostegno finanziario alle famiglie e sulla garanzia di accesso a servizi per l'infanzia di qualità e tarati su diverse esigenze familiari.
- La Finlandia, pur avendo registrato una flessione nell’andamento demografico nel corso del 2022, ha sperimentato tra il 2019 e il 2021 una netta ripresa del tasso di natalità. Il Paese ha adottato nel 2022 una delle riforme sul congedo più innovative d’Europa, che prevede che entrambi i genitori godano nella stessa misura del congedo, con la possibilità di trasferire parte della quota all'altro genitore, un congedo parentale più lungo e una maggiore flessibilità nell'utilizzo. L’accesso ai servizi per la prima infanzia è inoltre garantito ad una percentuale di bambini molto elevata, soprattutto nella fascia tra i 2 e i 3 anni (69,6%).
- In Germania il tasso di fecondità è aumentato tra il 2020 e il 2021, ma ha avuto un drastico calo di nuovo nel 2022, passando da 1,58 a 1,46 figli per donna. In questo Paese Europeo è possibile ricevere un supporto economico per i figli, la possibilità di usufruire di un congedo parentale part-time mentre si lavora per il resto del tempo compensando così la perdita di reddito al 67%, e infine, per i bambini a partire da 1° anno di età, vi è il diritto a un posto in un asilo nido o in un servizio simile.
- La Repubblica Ceca dal 2011 ha progressivamente aumentato il tasso di fecondità, fino ad arrivare a 1,83 figli per donna nel 2021. Tuttavia, come per gli altri Paesi Europei, anche qui nel il tasso è tornato a scendere. Il Paese, con un tasso di partecipazione ai servizi per l’infanzia 0-2 anni del 6% nel 2020, ha privilegiato un modello di cura tradizionale, favorendo lunghi periodi di astensione dal lavoro delle madri.
Nel frattempo, l’Italia registrava tassi di fecondità costantemente sotto 1.5 con una flessione iniziata nel 2007 e mai interrottasi.
“Occorre intervenire in modo integrato su più livelli. Oggi la nascita di un bambino rappresenta nel nostro Paese uno dei principali fattori di impoverimento. Bisogna sanzionare ogni forma di discriminazione legata alla maternità, rendere obbligatorio il family audit e promuovere l’applicazione piena della legge sulla parità di retribuzione. Occorre, inoltre, assicurare ai nuovi nati l’accesso ai servizi educativi per la prima infanzia così come alle cure pediatriche. Gli esempi europei ci sottolineano come, affinché le riforme abbiano un effetto positivo sul benessere delle famiglie, e quindi indirettamente anche sulla fecondità esse debbano essere stabili. Le frequenti riforme e inversioni delle politiche familiari le rendono imprevedibili, poco affidabili e confuse, con un impatto potenzialmente negativo sulle famiglie e sulle donne in particolare.” ha affermato Daniela Fatarella, Direttrice Generale di Save the Children Italia.
Indice delle Madri "Equilibriste": la classifica delle Regioni italiane
Come ogni anno, il rapporto “Le Equilibriste - La maternità in Italia 2024” include anche l’Indice delle Madri, elaborato in collaborazione dall’ISTAT, una classifica delle Regioni italiane dove per le mamme è più facile vivere.
Anche quest’anno, l’Indice indica la Provincia Autonoma di Bolzano a guidare i territori “mother friendly”, seguita da Emilia-Romagna e Toscana. Nonostante rispetto all’anno precedente, la situazione italiana è migliorata sia in modo assoluto che per gap territoriale, le regioni del Mezzogiorno continuano a posizionarsi tutte al di sotto del valore di riferimento italiano: fanalino di coda risulta la Basilicata, preceduta in fondo alla classifica, da Campania, Sicilia, Puglia e Calabria. Sono queste le regioni che più di altre, scontano i mancati investimenti sul territorio, traducendosi in una carenza strutturale di servizi e lavoro.
L’analisi si è basta su 7 dimensioni: Demografia, Lavoro, Rappresentanza, Salute, Servizi, Soddisfazione soggettiva e Violenza, per un totale di 14 indicatori da diverse fonti del sistema statistico nazionale.
Ecco le 7 dimensioni dell’Indice delle madri, regione per regione:
- 1. Demografia: riguardo l’area della Demografia, la capofila delle regioni più virtuose è la Provincia Autonoma di Bolzano (130,857), che supera nettamente il valore di riferimento (100) seguita dalle regioni Sicilia (110,286) e Campania (107,714). Basilicata (89,714) e Sardegna (75,143) si posizionano come ultime.
- 2. Lavoro: Marche (102,488), Piemonte (100,979), Abruzzo (100,504) e Liguria (100,321), occupano i primi posti nella dimensione lavoro, rappresentando Regioni dove per le madri il mondo del lavoro è più accessibile e dove il numero di dimissioni o quello delle riduzioni di orario di lavoro non volontarie dopo la nascita di uno o più figli sono più bassi. Di contro, la Puglia (84,667), la Provincia Autonoma di Trento (84,356), la Sicilia (81,567) e la Campania (81,535) sono quelle meno virtuose.
- 3. Rappresentanza: nell’area della Rappresentanza, relativa alla percentuale di donne in organi politici a livello locale per regione, il Lazio è primo (134,054), avanzando di 4 posizioni rispetto alla scorsa edizione. Anche in questa dimensione, la Basilicata si classifica come ultima.
- 4. Salute: anche nell’area Salute, troviamo come più virtuosa una regione del Centro: l’Umbria (118,903), mentre nella parte bassa dell’Indice la Liguria e la Basilicata. In entrambe le regioni si assiste ad un aumento del quoziente di mortalità infantile (da 2,06 al 3,27 in Liguria e dal 2,27 a 3 in Basilicata tra il 2020 e il 2021) e una riduzione delle strutture per attività di consultorio.
- 5. Servizi: la Provincia Autonome di Trento (131,719) e la Valle D’Aosta (125,124) occupano rispettivamente prima e seconda posizione. Nel Mezzogiorno, invece le regioni dove l’offerta di servizi è più bassa, troviamo ultima la Sicilia (76,675), preceduta da Campania (79,862) e Puglia (82,462).
- 6. La dimensione della Soddisfazione soggettiva: la regione dove l’area della Soddisfazione Soggettiva delle mamme raggiunge livelli più alti del valore di riferimento nazionale (100) è la Provincia Autonoma di Bolzano/Bozen (129,849), mentre la Sicilia è fanalino di coda (88,832).
- 7. Violenza: al primo posto nell’area Violenza dell’Indice, si conferma il Friuli-Venezia Giulia (134,761), con il tasso più alto di Centri antiviolenza e case rifugio per 100.000 donne di 14 anni e più.
Tra le buone notizie notiamo che nel 2023, i divari territoriali in Italia si sono ridotti rispetto all'anno precedente, con una diminuzione della distanza tra la Basilicata, all'ultimo posto, e la Provincia autonoma di Bolzano, al primo posto, di 7 punti. In generale, in Italia vi è maggiore consapevolezza sull'importanza del supporto alla genitorialità dopo anni di dibattito pubblico.
"In questa direzione va anche il recente provvedimento che finanzia circa 25mila posti nella rete dei servizi educativi all’infanzia, anche se non siamo ancora agli obiettivi fissati inizialmente dal PNRR. Non bisogna abbassare il livello dell’attenzione, anche perché rispetto alla condizione delle mamme permangono forti disparità soprattutto tra il Sud e il Nord del Paese" ha dichiarato Antonella Inverno, Responsabile Ricerca e Analisi Dati di Save the Children Italia.
I progetti a sostegno della genitorialità
Attraverso i nostri programmi dedicati all’area della prima infanzia e rivolti ai bambini e alle bambine tra 0 e 6 anni, realizzati in partenariato con organizzazioni territoriali competenti e qualificate, agisce, fin dalla gravidanza, per sostenere le situazioni più critiche e per tutelare i diritti delle bambine e dei bambini e promuovere il loro benessere.
- Il programma Fiocchi in Ospedale, un programma che interviene nei cosiddetti primi 1000 giorni di vita.
- Il programma Spazio Mamme, per accompagnare gli adulti di riferimento, in particolar modo se si trovano in condizioni di fragilità.
- A Torino è attivo Per Mano in Piazza, uno sportello di bassa soglia nella popolosa zona di Porta Palazzo e realizzato in collaborazione con il Comune di Torino.
- A Milano, il progetto Per Mano QuBì, in collaborazione con le reti di welfare territoriali definite dal programma di contrasto alla povertà infantile
- I Poli Mille Giorni, poli educativi integrati territoriali che vedono una stretta collaborazione tra le agenzie educative presenti, si trovano nelle città di Moncalieri (TO) Tivoli (RM), Bari, San Luca (RC), Locri (RC) e Catania, e nel 2023 hanno offerto i loro servizi a più di 1905 bambine e bambini, e a 1528 genitori e adulti di riferimento.
- Dal 2022 a Roma, in collaborazione con l’Area di contrasto a tratta e sfruttamento, è attivo il progetto Nuovi Percorsi Roma, che supporta nuclei monoparentali ad alta vulnerabilità, anche provenienti da migrazioni forzate e tratta.
Per approfondire, leggi il comunicato stampa.