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Lavoro minorile: un fenomeno globale che non risparmia l’Italia

bambino ripreso frontale con maglietta rossa

Il lavoro minorile è un fenomeno globale che mette a repentaglio i diritti fondamentali di bambine, bambini e adolescenti, negando loro la possibilità di studiare, di crescere in maniera sana e di godere del massimo benessere fisico e psicologico.

A livello globale, sono 160 milioni i bambini tra i 5 e i 17 anni, nelle maglie dello sfruttamento lavorativo, di cui quasi la metà, 79 milioni, costretti a svolgere lavori duri e pericolosi, che possono danneggiare la loro salute ed il loro sviluppo psico-fisico.

IL LAVORO MINORILE NELLE CONVENZIONI INTERNAZIONALI

L’articolo 32 della Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza (CRC) sancisce “il diritto del fanciullo di essere protetto contro lo sfruttamento economico e di non essere costretto ad alcun lavoro che comporti rischi o sia suscettibile di porre a repentaglio la sua educazione o di nuocere alla sua salute o al suo sviluppo fisico, mentale, spirituale, morale o sociale”.

A garanzia di questo, la Convenzione n. 182 dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO) del 1999 afferma la necessità e l’urgenza di adottare delle strategie per eliminare le peggiori forme di lavoro minorile, senza perdere di vista l’obiettivo di lungo periodo di eliminare tutte le forme di lavoro minorile nel mondo. Gli Stati devono quindi adottare misure legislative, amministrative, sociali ed educative per contrastare ogni forma di lavoro precoce e garantire il pieno sviluppo di bambini e bambine.

LAVORO MINORILE IN ITALIA

In Italia la Costituzione (artt. 37 e 34), la Legge 977 del 1967 e i successivi sviluppi legislativi in materia, tutelano i minorenni disciplinando l’età di accesso al mondo del lavoro. La normativa prevede la possibilità per gli adolescenti di iniziare a lavorare a 15 anni a condizione di aver assolto l’obbligo scolastico di 10 anni – elemento che sposta quindi l’effettiva possibilità di accesso al mondo del lavoro al compimento dei 16 anni.

Ma quanti sono i giovanissimi che lavorano ancor prima dell’età legale per farlo?

Numeri senza dubbio sottostimati, a causa della mancanza, nel nostro Paese, di una rilevazione sistematica in grado di definire i contorni del fenomeno in modo puntuale e continuativo.

Dalla nostra nuova indagine sul lavoro minorile in Italia "Non è un gioco" condotta da insieme alla Fondazione Di Vittorio, emerge che in Italia 336 mila minorenni di età compresa tra 7 e 15 anni abbiano avuto esperienze di lavoro, praticamente il 6,8% della popolazione di quell’età, mentre è del 20% la percentuale dei 14-15enni che hanno lavorato prima dell’età legale consentita: 1 minore su 5.

Ascolta il nostro podcast "Non è un gioco", scritto e prodotto da Will Media per Savet the Children, in cui esploriamo le cause e le conseguenze del lavoro minorile, e le storie di bambini e adolescenti che ne hanno fatto esperienza.

Ascolta il podcast

Molte di queste esperienze lavorative raccolte sono state svolte nell’ambito della ristorazione (25,9%) e nelle attività di vendita nei negozi e attività commerciali (16,2%), ma compaiono anche di nuove forme di lavoro, come quello online (ad esempio pubblicità, video, contenuti sui social a pagamento, compravendita online) che riguardano il 5,7% degli intervistati che hanno dichiarato di aver lavorato nell’ultimo anno.

Quasi la metà dei minori che hanno preso parte all’indagine ha dichiarato di aver trovato lavoro tramite i propri genitori, questo sottolinea come una parte importante del fenomeno del lavoro minorile sia in qualche modo ascrivibile all’ambito familiare.

Già nel 2021, una ricerca della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, stimava che ben 2,4 milioni di occupati in età 16-64 anni hanno iniziato a lavorare prima dei 16 anni, ovvero complessivamente il 10,7% degli occupati nel 2020. Un fenomeno leggermente più diffuso nelle regioni del Nord Italia e con più di 230mila occupati con meno di 35 anni che dichiarano di aver svolto una qualsiasi forma di lavoro retribuita già prima dei 16 anni. Questi dati ribadiscono l’importanza di una maggiore sensibilizzazione riguardo ai rischi legati al lavoro minorile e alle conseguenze che può avere sui più giovani in termini di apprendimento e benessere.

Lavoro minorile e abbandono scolastico

Il lavoro minorile è spesso causa o effetto del fenomeno della dispersione scolastica, un nodo critico del nostro Paese. Secondo l’ISTAT, la quota dei giovani 18-24enni ‘dispersi’, ovvero che escono dal sistema di istruzione e formazione senza aver conseguito un diploma o una qualifica, nel 2021 era pari al 12,7% del totale, contro una media europea del 9,7%.

I minori che lavorano prima del compimento dei 16 anni, infatti, svolgono spesso attività giornaliere, in orari che coincidono con la frequenza scolastica, provocando quindi assenze ripetute e limitando il tempo dedicato allo studio. Il tempo dedicato al lavoro e sottratto allo studio e alle attività formative/educative porta a risultati scolastici scadenti e, in molti casi, all’abbandono della scuola, a favore anche di una condizione diffusa di inattività.

Il lavoro minorile può anche influenzare la condizione futura di giovani ‘NEET’ - Not in Education, Employment, or Training, alimentando la trasmissione intergenerazionale della povertà e dell’esclusione sociale. I ragazzi e le ragazze di età compresa tra 15 e 29 anni in questa situazione in Italia sono più di 1 milione e 500mila nel 2022, il 19 % della popolazione di riferimento, con un valore in Europa secondo solo a quello osservato in Romania.

L’abbandono scolastico, la mancata partecipazione o un basso coinvolgimento in percorsi sia di formazione che di lavoro, sembra caratterizzare le storie di chi ha visto consumarsi il proprio rapporto con la scuola, spesso considerata come una gabbia da cui fuggire.

UN’ALLEANZA PER PORRE FINE AL LAVORO MINORILE

Dati allarmanti, che richiedono studi accurati per delineare il fenomeno del lavoro minorile e tutti i fattori di rischio connessi. In tale direzione, la nostra Organizzazione ha costituito un Comitato Scientifico con esperti di alto profilo e professionisti di rilievo nazionale per approfondire il fenomeno in Italia e promuovere così misure adeguate al suo contrasto.

Auspicando la rapida istituzione della Commissione Parlamentare di Inchiesta sulle condizioni di lavoro in Italia attualmente in via di approvazione, chiediamo inoltre che la Commissione parlamentare per l’infanzia e l’adolescenza – che deve ancora essere ricostituita – promuova una indagine conoscitiva sul lavoro minorile e le sue connessioni con la dispersione scolastica.

L’obiettivo 8.7 dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite richiama alla necessità di intraprendere azioni ed adottare misure per eliminare le peggiori forme di lavoro minorile entro il 2025.

Nel 2021, anno internazionale per l’eliminazione del lavoro minorile, l’ILO ha lanciato insieme ai suoi partner, tra cui la nostra Organizzazione, l’Alleanza 8.7, un’iniziativa mondiale tra Stati membri, parti sociali, imprese, la società civile e le organizzazioni regionali e internazionali per porre fine al lavoro minorile, al lavoro forzato, alla schiavitù moderna e alla tratta degli esseri umani.

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