Migrazioni: i principali fattori di spinta e la situazione ad oggi

Le migrazioni fanno da sempre parte della storia dell’umanità. Le persone migrano da un luogo all’altro per diverse ragioni e la loro mobilità segue il suo corso e le norme, più o meno restrittive, applicate alle frontiere o all’interno degli spazi sovraregionali o nazionali.
Norme che possono influenzare le migrazioni poco o per breve tempo in termini di partenze, che producono però un impatto profondo e di lunga durata sui diritti e sulla qualità della vita di chi migra – tra cui bambine, bambini e adolescenti – e delle comunità di origine o di nuova appartenenza.
I principali fattori che spingono a migrare
Come accennato, ci sono diversi fattori che spingono le persone a lasciare il proprio luogo di origine verso un nuovo contesto.
Le principali ragioni sono state negli anni e sono ancora oggi:
- I conflitti tra Stati o i conflitti interni ad uno Stato.
- I gravi squilibri economici tra differenti aree geografiche.
- La presenza di sistemi antidemocratici fonte di persecuzioni e spregio dei diritti umani.
- I cambiamenti del clima o del territorio, le catastrofi naturali.
- Ultimo ma non per importanza, la spinta dell’essere umano ad assicurare un’accettabile sopravvivenza a sé e ai propri cari.
L’incremento delle disuguaglianze
Nell’epoca storica che stiamo vivendo, gli squilibri socioeconomici, politici e climatici risultano diffusi e, in alcune aree del mondo, sono in deciso incremento. E con essi, inevitabilmente, gli spostamenti di popolazione.
Spostamenti che portano con sé la sofferenza di chi deve viaggiare a lungo e pericolosamente, superando frontiere respingenti e affrontando il rischio di subire abusi, tentando di sopravvivere e gradualmente entrare a far parte delle società dei Paesi riceventi nonostante gli ostacoli determinati da procedure legali inaffidabili, sistemi di accoglienza mal funzionanti, mancanza di politiche di coesione e la diffusione in molte aree di una cultura di separazione tra gruppi sociali e di ostilità verso le differenze.
Negli ultimi dieci anni vi è stato un incremento delle migrazioni in tutte le aree del mondo, soprattutto in Asia e in Europa. Nel 2020 una persona su 30 risultava vivere in un paese diverso da quello di nascita. Nello stesso anno il numero di persone in fuga da guerre, violenze, persecuzioni e violazioni dei diritti umani nel mondo ammontava, nonostante la pandemia, a quasi 82,4 milioni, tra rifugiati, richiedenti asilo e sfollati interni: un numero più che raddoppiato in soli dieci anni, per quasi metà costituito da minorenni.
Persone che fuggono dalla guerra – come ad esempio in Siria o in Ucraina – dagli effetti della crisi climatica – come per esempio nei Paesi del Corno d’Africa, oppure in fuga dalla violenza dei gruppi armati – come l’esempio della Somalia.
Guardando al presente e al futuro
Guardiamo avanti negli anni e ci attrezziamo per comunicare il forte messaggio che, anche quando si parla di coesistenza e coesione tra persone di origine italiana e persone con background migratorio, il futuro è già qui.
Crediamo sia importante non utilizzare una comunicazione centrata sull’emergenza e di promuovere la voce dei diretti interessati, valorizzandone la presenza e il contributo che, come tutti, ciascuno per parte sua, danno alla società.
Inoltre, continueremo a rafforzare il nostro dialogo con le istituzioni europee, in quanto ormai è chiaro quanto le politiche di gestione dei confini e di inclusione vengano decise a un livello sovranazionale.
Quest’anno il tema delle migrazioni farà parte anche di un evento, che vedrà confrontarsi esperti, giovani, rappresentanti delle istituzioni, del mondo della cultura e dell’accademia, organizzazioni del terzo settore e persone che operano quotidianamente sul campo.
L’evento IMPOSSIBILE2022, dal 19 al 22 maggio a Roma, articolato in quattro giornate dove si parlerà di migrazioni e di altre 5 tematiche indentificate come prioritarie e sui cui intervenire: quella socio-educativo, ambientale-climatica, digitale, utilizzo delle risorse pubbliche e private per le riforme strutturali e la cooperazione, e infine quella sui conflitti.
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