La notizia del ritrovamento di 34 cadaveri, tra cui quelli di 20 bambini, nel deserto del Sahara rappresenta l’ennesimo tragico caso di vite umane spezzate lungo la rotta percorsa da rifugiati e migranti, afferma Save the Children, l’Organizzazione dedicata dal 1919 a salvare la vita dei bambini in pericolo e a tutelare i loro diritti.
La maggior parte dei bambini che riescono ad arrivare in Italia raccontano agli operatori di Save the Children di essere rimasti vittime di gravissimi abusi, sfruttamento e torture scioccanti durante il loro viaggio straziante verso la Libia attraverso i Paesi dell’Africa subsahariana. Lasciati alla mercé dei trafficanti di esseri umani, questi bambini continuano ad affrontare rischi gravissimi lungo il percorso in cerca di un luogo sicuro in cui vivere.
I trafficanti senza scrupoli che si arricchiscono trasportando famiglie di disperati continueranno a prosperare fino a quando non verranno offerte alternative sicure e legali. I leader internazionali stanno alzando il ponte levatoio e continuano a dare priorità al controllo delle frontiere anziché a salvare vite umane. Non possiamo voltarci dall’altra parte ignorando i nostri obblighi morali. Se i leader continueranno a non agire, altri bambini continueranno a morire di sete e di caldo nel deserto o ad annegare in mare mentre cercano una vita migliore.
“Eravamo circa 30 persone, di cui sette donne, tutti somali. Ci hanno messi tutti su un camion e abbiamo viaggiato sei giorni per raggiungere il deserto”, ha raccontato Ismail, somalo di 17 anni, agli operatori di Save the Children Italia, dopo essere stato soccorso nelle acque del Mediterraneo e arrivato in Italia.
“Nel deserto i trafficanti hanno preso le donne e le hanno stuprate. Una di loro era incinta di sette mesi. Abbiamo provato a fermarli ma ci hanno minacciato con le armi. Quando è tornata nel gruppo, la donna incinta ha preso una sciarpa e ha tentato di strangolarsi ma fortunatamente siamo riusciti a fermarla. Abbiamo provato a calmarla, spiegandole che quello che era successo non era colpa sua. Poi abbiamo ripreso il viaggio. L’autista ha costretto una delle donne a sedersi accanto a lui, senza vestiti, e le ha ordinato di fare tutto ciò che lui voleva. Uno dei trafficanti ci ha detto: Benvenuti all’inferno!”, conclude Ismail.
Save the Children sta rispondendo alla crisi dei rifugiati nei Paesi di provenienza, di transito e di destinazione finale dei migranti. L’Organizzazione opera lungo i percorsi migratori fornendo cibo, vestiti, riparo, assistenza legale e psicologica ai bambini e alle famiglie vulnerabili che intraprendono viaggi lunghi e pericolosi, spesso via mare. In molti raccontano di essere stati picchiati, torturati e abusati sessualmente durante il loro viaggio.
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