Salta al contenuto della pagina

Naufragio Lampedusa, le testimonianze dei bambini sopravvissuti

Un bambino contro sole di spalle è affacciato alla balaustra di una nave e guarda il mare

Lo scorso 30 giugno si è verificato l’ennesimo naufragio al largo di Lampedusa nel quale diverse persone hanno perso la vita. Tra i sopravvissuti testimoni di questa tragedia si contano anche alcuni bambini che viaggiavano soli, in fuga da guerre e povertà che affliggono il loro paese in Africa.

La nostra collega Giovanna, in questi giorni sull’isola, ha raccolto le loro testimonianze e ha riportato l’esperienza di questo incontro.

Sopravvissuti del mare


"Si sono avvicinati un po’ timidi ma allo stesso tempo decisi e bisognosi di parlare. I due ragazzini che abbiamo incontrato nella struttura di Contrada Imbriacola a Lampedusa, uno dei due poco più che bambino, hanno ancora negli occhi e nella testa le immagini del naufragio di mercoledì mattina. Non riescono a liberarsene. Come un’onda, l’esperienza traumatica che hanno vissuto, che nessuno dovrebbe vivere mai, torna di continuo. Sono due dei tredici minori stranieri non accompagnati sopravvissuti all’ultima tragedia del mare. Vengono dallo stesso Paese dell’Africa occidentale, ma non erano amici prima che il destino li legasse indissolubilmente. Quel viaggio nel Mediterraneo resterà indelebile in loro. Hanno raccontato che a un certo punto la barca in cui viaggiavano già da un po’, sulla quale c’erano diverse donne anche incinte e bambini molto piccoli, si è capovolta e si sono ritrovati in acqua. Hanno iniziato a bere, sono finiti sott’acqua, hanno fortemente temuto di annegare e poi hanno visto tanta gente morire attorno a loro. 

Immagini strazianti per chiunque, figuriamoci per due ragazzini, che viaggiavano soli, senza alcuna figura cara. Il dolore che traspare dai loro occhi, dai loro gesti, dalle loro parole, è tangibile, travolge. Così giovani, eppure con un bagaglio già così pesante. Sono preoccupati anche per aver perso in fondo al mare il cellulare con tutti i contatti, un legame con la loro terra. I nostri operatori, tra cui la psicologa, li hanno rassicurati, spiegando loro che ormai sono al sicuro e che c’è la possibilità di iniziare un percorso di inclusione e una nuova vita. Dopo l'incontro con il nostro team, erano un po’ meno impauriti, ma con lo sguardo che ogni tanto sfuggiva. E tornava laggiù, in mezzo a quel mare dove tante, troppe vite si sono perse, che si porteranno tatuato addosso per sempre".  

La rotta del Mediterraneo

Questo naufragio allunga la lista di quelli che continuano a verificarsi, da troppo tempo. Il Mediterraneo centrale si conferma come una delle le rotte migratorie più pericolose al mondo che milioni di migranti continuano a percorrere per sfuggire a guerre, fame e povertà estrema. Secondo i dati delle Nazioni Unite, nei primi sei mesi del 2021 il numero delle persone morte nel Mediterraneo Centrale è quasi triplicato rispetto all’anno precedente.

Di fronte alla drammaticità di questa situazione, sottolineiamo ancora una volta come sia indispensabile e urgente un impegno diretto degli Stati membri e dell’Unione Europea per l’attivazione di un sistema strutturato, coordinato ed efficace di ricerca e soccorso e per la definizione di canali d’ingresso sicuri per mettere finalmente fine a questa catastrofe. 

Chi ha letto questo articolo ha visitato anche