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Datificazione e profilazione: i rischi online per i bambini

una bambina sdraiata a pancia sotto sul letto della sua stanza e legge su un tablet che tiene in mano

Con il termine “datificazione” si riferisce al processo tecnologico che trasforma le informazioni e i dati relativi a una persona in valore economico e non solo. Questa non riguarda solo gli adulti ma coinvolge sempre più anche i bambini fin da piccolissimi.

Le loro esperienze con il mondo digitale sono sempre più precoci, basti pensare alle app di monitoraggio della gestazione, ai dispositivi baby tech e agli assistenti vocali connessi. A partire dalla prima ecografia, molti bambini conoscono la condivisione costante sui social media della loro quotidianità da parte dei propri genitori.

L’impatto dell’intelligenza artificiale sui bambini

Quali sono allora i rischi da conoscere se pensiamo all’impatto della diffusione di tecnologie digitali e della cosiddetta “intelligenza artificiale” sui bambini e sulle bambine? 

È utile innanzitutto capire perché i dati siano oggi così importanti e cosa si intenda per “datificazione”, per meglio identificare così una categoria di rischi legati alla violazione della privacy, come ad esempio, quelli relativi al trattamento automatico dei dati personali e quelli relativi alla cosiddetta “profilazione”. 

Viviamo in un tempo in cui la vita dei bambini è “datificata”, registrata e condivisa sul web. Nella XIV edizione dell’Atlante dell’infanzia a rischio in Italia “Tempi digitali”, esploriamo le opportunità e i rischi che bambini, bambine e adolescenti stanno affrontando dentro la nuova rivoluzione dell’onlife e di una vita spesa tra reale e virtuale

Atlante dell'infanzia

I dati personali

I dati personali sono tutte quelle informazioni che identificano o rendono identificabile, direttamente o indirettamente, una persona: informazioni anagrafiche, informazioni sul suo aspetto (“dati identificativi”), sule sue caratteristiche, le sue abitudini, il suo stile di vita, le sue relazioni personali, il suo stato di salute, la sua situazione economica, il suo orientamento sessuale, le sue idee politiche (“dati sensibili”). L’uso delle tecnologie digitali e i relativi comportamenti online nelle piattaforme digitali lasciano numerose tracce di dati, andando a creare quella che viene definita la nostra “impronta digitale”, a cui le aziende private sono molto interessate.

La profilazione

Per tutti i servizi online che appaiono gratuiti (ad esempio l’iscrizione ad un social network), i gestori di tale piattaforme “chiedono” (e ottengono), in cambio, dati personali, in parte al fine di “profilare” gli utenti. La profilazione consiste proprio nella raccolta ed elaborazione dei dati degli utenti di servizi online per categorizzare i comportamenti, le abitudini e le preferenze. La profilazione può essere utilizzata per molti fini, quello più noto è relativo alla possibilità di realizzate pubblicità mirate, ma sono noti ad esempio i casi di utilizzo di tecniche di profilazione per tentativi di orientare, ad esempio, opinioni politiche. 

I dati personali e di utilizzo raccolti su una persona possono influire sulla sua esperienza quando utilizza servizi online, ma può anche avere effetti nel futuro: l’analisi delle informazioni serve ad alimentare gli algoritmi, meccanismo su cui si basa la cosiddetta “intelligenza artificiale” e che sempre più governa il modo in cui applicazioni e servizi prendono decisioni al posto dell’utente o orientano le decisioni (ad esempio, la watchlist consigliata da youtube dopo aver visto un contenuto), possono dare suggerimenti sui contenuti con cui interagire o su altri utenti con cui connettersi. I sistemi di IA applicati alla profilazione umana vengano adottati in sempre più contesti, come scuole, ospedali, agenzie di assicurazioni, ricerche di candidati per un lavoro. Ma le categorizzazioni non sono “infallibili”, gli algoritmi non sono né oggettivi né perfetti e utilizzano solo alcune informazioni e non comprendono la complessità umana, andando a creare spesso ipotesi errate dietro una pratica digitale (una ricerca sul web o un post sui social media), ma anche una semplificazione “predittiva” (ad esempio sul tipo di assicurazione sanitaria o sull’affidabilità per un prestito): tutto ciò può avere un ulteriore impatto negativo sulla vita di bambini e bambine, quindi con effetti molto reali sul loro futuro.

I rischi

 Si tratta di una forma di manipolazione con serie implicazioni etiche e rischi. Non tutti noi, sicuramente non i più piccoli/e, hanno gli strumenti per capire quanto valore hanno le nostre tracce digitali online, quali dati vengono raccolti e da chi, e quali conseguenze tutto ciò comporta, anche per la scarsa trasparenza delle aziende di servizi online rispetto all’utilizzo (e la rivendita a terzi) dei nostri dati. Per fare un esempio, una singola immagine pubblicata online viene analizzata da diversi algoritmi in grado di elaborare ed acquisirne molti dati personali di cui perdiamo il controllo: non perdiamo solo la “proprietà” di quell’immagine e degli usi che se ne possono fare tramite un “download” da parti di altri utenti (quasi inevitabile), ma perdiamo anche il controllo sui dati o metadati associati a quella foto (e su come essi possono essere utilizzati dalle piattaforme online per altri scopi, non tutti dichiarati). 

È molto importante che i genitori facciano attenzione nel lasciare le tracce digitali dei propri figli/e, nell’utilizzare app di profilazione e sorveglianza, nel condividere ogni aspetto della loro vita online, anche fin prima della nascita, cercando di trovare il più possibile un equilibrio. E una volta cresciuti, accompagnarli in un percorso di comprensione degli ambienti digitali, insieme al mondo della comunità educante. 

Cosa può essere utile?

  • Informarsi sulle impostazioni di privacy di strumenti, app e servizi e conoscere privacy policy degli ambienti digitali che si frequentano. 
  • A seconda dell’età dei propri figli/e e dell’ambiente: scegliere o aiutare nello scegliere le impostazioni di privacy in modo da essere sicuri che informazioni troppo personali non siano a disposizione di chiunque.
  • Interessarsi e parlare con i propri figli/e o studenti/studentesse, a seconda dell’età e maturità, di temi come la privacy (rischi e diritti) e consenso al trattamento dei dati.
  • Parlare con i più giovani di come funzionano gli ambienti digitali e di come l’analisi dei nostri comportamenti e informazioni personali possono cambiare le cose che si vedono o sperimentano online.
  • Responsabilizzare i propri figli/e o studenti/studentesse sugli ambienti digitali che possono frequentare a seconda dell’età e della maturità - senza dimenticare che è possibile iscriversi ai social network solo dai 13 anni in su, con il consenso genitoriale, oppure dai 14 anni, da soli. 

Per saperne di più leggi l'articolo "Data detox x Youth"

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